GRENEN || Harry Styles ✔️

Your Heart is the worst kind of weapon

Credere di star facendo qualcosa anche quando effettivamente non si fa nulla è la prima illusione del tabacco. Harry aveva acceso la terza sigaretta dall'arrivo in casa sua, l'intero ambiente era intriso del più insopportabile degli odori, quello che derivava dal costante consumo di sostanze nocive alla salute misto  ad un senso di indiscussa debolezza d'animo. Era come se sfruttasse l'alone che svolazzava attorno a noi per creare una certa distanza tra il dovere di parlare e quello di farlo per davvero. Avevo sempre odiato il modo in cui si autoinfliggesse questa tacita sofferenza, spesso però, ero io a provocargli l'irrefrenabile bisogno di dedicare corpo ed anima al vizio più disonesto del mondo. Il silenzio era inusuale tra di noi, c'erano sempre state le urla, il sesso, alle volte persino conversazioni banali e parole d'amore. Ma il silenzio subentrava solo nelle occasioni in cui erano gli occhi a dirigere le conversazioni al posto nostro. In quel momento però, mentre io guardavo lui, Harry era concentrato apparentemente nell'osservazione del mobile che stava accanto alla porta d'ingresso. Non era per nulla particolare, un semplice ripiano bianco vuoto al suo interno, uno dei tanti dettagli che non erano affatto cambiati in casa sua. La ricordavo bene, era sempre stata piuttosto minimale, al contrario di come fosse lui, perché Harry Styles era molto più complicato di ciò che dava a vedere. Viveva da solo, amava la sua indipendenza, quella che i suoi genitori piuttosto liberali gli avevano concesso reclamando il diritto del proprio figlio di dover volar via dal nido materno per costruire se stesso lontano dagli occhi confortanti dell'amore  e della protezione. Un modo per crescere, un modo di vivere secondo regole autofissate e limiti autoimposti.

"Non è cambiato molto dall'ultima volta in cui sono stata qui" provai a fare conversazione per rompere il ghiaccio o forse sperando che lui fosse interessato a parlare con me invece che ignorarmi completamente.

"Mi conosci" probabilmente si, ma mi colpì la naturalezza con la quale lo disse "non ho mai avuto interesse o, per quello che vale, gusto per queste cose. Quindi si, tutto è rimasto sempre uguale... Quasi tutto"
sapevo che quel "quasi" fosse un riferimento a noi, chiaramente l'unica cosa che non era più la stessa già da tempo.

"Non ti ho portata qui per parlare del mio appartamento" disse improvvisamente più teso e concentrato di prima. "Ci sono venuto per scoprire se ti scopi quel coglione con cui eri al locale" l'empatia e forse la nostalgia del pensiero della sua solitudine e del dolore condiviso dissiparono in un moto d'ira al sentire quelle sue parole. Mi sentii stupida per essermi fatta trascinare nuovamente nel turbinio del passato. Nell'attuale presente, avevo dinanzi a me un uomo adirato che aveva l'audacia di credere di potermi fare certe domande.

"Che diritto hai di chiedermelo? Non ti devo alcuna spiegazione!" Gli risposi parecchio risentita.

Harry improvvisamente si avvicinò a me afferrandomi le spalle in maniera piuttosto rude e incontrollata. "Tu mi devi tutto!" Potei leggere la collera nei suoi occhi ed io sapevo che non fosse vero, che non ne aveva alcun titolo, ma lui era prepotente e, in un modo strano e forse non completamente giusto, la cosa mi lusingava.
"Sei mia! E nessun altro ha il diritto di toccarti"

Imprigionò le mie labbra nella sua bocca con ferocia, esercitò una pressione enorme fino a che io non fui costretta ad aprire la mia per il dolore. Sempre con lo stesso ardore risucchiò la mia lingua nella sua e un gemito fuoriuscì dalle mie labbra, non ero sicura se fosse per il piacere o per il dolore. Cercai di allontanarlo prima che la cosa ci sfuggisse di mano, ma era come spingere una montagna ed aspettare che si muovesse.
Harry tenne la mia testa ferma con le sue mani quando gli scappò un gemito di frustrazione nel momento in cui io riuscii finalmente a chiudere la bocca impedendogli di continuare.