Vivere in bilico tra la puntigliezza e la sindrome di asperger non è vita. Louis lo sa bene. Ogni volta che il campanello trilla, alle 15:59 - un minuto prima dell'apertura pomeridiana della sua fumetteria - la bile di insofferenza verso quel mondo tondo, quando a lui è sempre piaciuto il quadrato, come forma geometrica, risale per la trachea e il vomito è imminente. Non può credere al karma, ma quel briciolo di normalità che lo contraddistingue rendendolo eccessivamente puntiglioso, e cagacazzi, ogni tanto lo fa cedere e pensa che sia possibile, che esista.
La presenza di quel ragazzino tutte gambe ( a forma di parentesi tonde, probabilmente per una cattiva postura durante l'infanzia o la passione per uno sport come il calcio) che entra sempre, tutti i giorni, un minuto prima dell'apertura del suo negozio, lo fa crollare in quelle credenze banali. Il Karma non esiste e, dannazione, quanto vorrebbe che anche quel ragazzino non esistesse.
L'insofferenza è nata per un valido motivo, ovviamente. Così come sa che la figura geometrica del cerchio fa schifo quanto il colore marrone, ha capito dopo due parole pronunciate da quella bocca a cuore e rossa che il ragazzino non sa un cazzo di fumetti e che è lì per tutt'altri motivi - ecco, quelli gli sono sconosciuti. D'altronde, cosa mai ci potrebbe fare un ragazzo completamente ignaro dell'universo nerd, in una fumetteria sconosciuta di quella cittadina altrettanto sconosciuta?
Louis ha due ipotesi: per torturarlo o per noia. Oppure: per noia, ha deciso di torturarlo.
Insomma, la presenza di quel ragazzo in quel piccolo, lurido, nerdoso ambiente è del tutto fuori luogo. Eppure Louis non ha il diritto di cacciarlo, a meno che non lo becchi a compiere un furto o qualsivoglia illegalità. Ma il ragazzino non fa un beatissimo cazzo. Gira, inciampando di tanto in tanto tra le mattonelle scomposte del suo negozio, e arrossisce quando Louis gli intercetta lo sguardo, spesso impertinente e fastidioso volto verso la sua parte. Lo vede sussurrarsi qualcosa - una volta giura di averlo sentito bestemmiare il nome di Roosevelt. Che poi, quale dei due? E che male potranno avergli mai fatto, considerato che sono morti? Louis non si è mai spiegato nemmeno questo.
Quel tipo, poi, ha passato gran parte dei giorni a girovagare per il negozio e ad uscire senza comprare nulla. Entra un minuto in anticipo, mandandolo al manicomio, e se ne va un quarto d'ora dopo...senza nulla. Non è oltraggioso?
In sostanza, ha capito che quel tipo è lì per altri motivi la prima volta che, con coraggio, gli si è avvicinato al bancone per chiedergli un consiglio. E che consiglio.
"Secondo te, tra tutti i supereroi, chi è fa la migliore dichiarazione d'amore?" Louis lo ha guardato dall'alto verso il basso, stizzito e sulle sue, come un gatto a cui è appena stata pestata una zampa o negata una coccola e... ma che cazzo di richiesta è mai quella?Ha sbuffato, così, e "Spiderman" esclama. E il fatto che la sua risposta sia per qualsiasi richiesta SEMPRE quel supereroe non c'entra nulla. Bugiardo.
"Oh, okay, grazie" balbetta, prima di dirigersi verso la colonna dove sono stipati i fumetti di suddetto eroe. Louis ha un udito affilato quindi sente anche quel "coglione" che Harry dice. Pensa che sia diretto a lui e quindi, irritato, "Ehi" lo richiama. "Che hai detto?" lo minaccia assottigliando lo sguardo. Egli si volta, pallido e con i grandi occhi verdi sgranati per la paura. "N-n-n-iente"
Louis lo guarda con diffidenza, affatto intenerito dall'aria da cucciolo indifeso di quello strano cliente che si sta torturando le mani forse a causa del suo sguardo che lo sta ancora analizzando e "ti tengo d'occhio, ragazzino" gli promette, con lo stesso tono minaccioso che potrebbe avere Batman, ma con un apparecchio per la voce contraffatta assolutamente rotto, considerata la sua voce esile e per nulla mascolina.
Però tuona, cazzo, e funziona perché quel tipo rabbrividisce visibilmente prima di annuire e procedere verso il reparto di Spiderman.
Harry, il tipo poco nerd che ora cerca un qualsiasi volumetto di Spiderman, trema e si pente di ciò che ha fatto. La sua crush da ormai più di sei mesi, che fino ad allora era all'insaputa della sua esistenza, lo ha appena "conosciuto" e già lo detesta. Si morde le labbra e lancia occhiate disperata "43, 44, 45," ai numeri dei fumetti.
Harry non sa nulla di quell'universo nerd, è vero. È sempre stato interessato ad altro, come alla musica o alla fotografia, e detesta le cose non lo appassionano come il calcio, sport che il padre lo ha costretto a praticare perché "voglio che mio figlio diventi un calciatore". Eppure, quando la prima volta, passando accanto a un camioncino, davanti quel negozio, ha sentito la voce delicata di Louis – per scoprire il suo nome ci ha impiegato due mesi! – e ha udito le campane del suo cuore suonare a festa, Harry ha seriamente pensato che per quel ragazzo si sarebbe fatto piacere qualsiasi cosa. Anche i fumetti.
Alla fine opta per cinque volumi e si riavvicina al bancone dove Louis siede dietro la cassa e il computer, con VLC aperto mentre proietta un cartone giapponese – che forse si chiama anime, ma non ne è sicuro.
"Ti pago questi" dice con voce flebile. Louis guarda i fumetti, passa i codici a barre e gli dice il conto. Harry paga, passando le banconote della sua striminzita paghetta settimanale con le mani che gli tremano, e quando tocca appena la pelle candida della mano di Louis, ha la parvenza di cosa sia l'estasi e socchiude gli occhi.
Poi sviene.Louis non ha la minima idea di cosa si debba fare quando qualcuno perde i sensi, ma l'istinto gli dice di assicurarsi che non abbia sbattuto il capo e che sia ancora vivo. Quindi si avvicina subito al ragazzino, oltrepassando il bancone, e si inchina su di lui. Gli afferra il capo, non c'è traccia di sangue, mette un indice sotto il naso e sente un flebile soffio fuoriuscire.
Perciò inizia a percuoterlo e a chiamarlo: "Ragazzino, hey, ragazzino. Svegliati!" maledicendo il giorno in cui ha deciso di seguire i suoi sogni e aprire quel negozio. "Ragazzino, dai."
Quando Harry apre gli occhi, prima di mettere a fuoco la persona che gli tiene la testa poggiata sulle ginocchia, ci mette un po'.
"Louis?" lo chiama, ancora confuso. "Sì, è il mio nome, ma tu come lo sai? E soffri di narcolessia, forse?"
"Troppe domande" premette Harry, con una smorfia sul viso.
"Scusa, rispondi alla prima". Harry nega, ad occhi chiusi. Guardare a quella vicinanza il viso di Louis è davvero difficile, soprattutto se è appena svenuto per una mancanza di zuccheri o per la sua prima ebbrezza esplosiva alla conquista dell'orgasmo – son dettagli. Rispondere a quella domanda: impossibile. Dovrebbe dirgli che gli piace dalla prima volta che lo ha incontrato.
Louis sbuffa. "Allora la seconda, soffri di narcolessia?". Harry nega ancora. "No, solo un problema di... zuccheri."
"Zuccheri, eh?" Harry annuisce. "Vuoi un bicchiere d'acqua? Ho anche le bustine dello zucchero, di là" spiega tranquillamente, trattenendo tra le sue mani ancora il viso di quel ragazzino che, ora, sembra cullarsi nella beatitudine delle sue attenzioni. Harry nega e, malamente, si tira a sedere abbandonando quel paradiso che sono le piccole mani di Louis. Poi si alza e Louis lo segue, dietro di lui, con le mani pronte ad acciuffarlo dovesse cadere di nuovo. Quando il ragazzino si volta a guardarlo, sorridendo appena, e lo ringrazia, Louis fa un cenno col capo e ritorna alla sua postazione. Conta i soldi e prende il resto che deve a Harry. Mette i fumetti nella busta e glieli passa. Tutto con fare professionale.
Harry acciuffa la busta sgraziatamente. Anche se Louis lo ha toccato per tutto quel tempo ora ha paura che fare l'ennesimo gesto, che lo ha portato a capitombolare, possa fargli lo stesso effetto e Louis lo guarda bieco, non capendo. Harry lo ringrazia di nuovo e poi striscia via verso la porta. Prima di aprirla e uscire fuori, Louis lo piantona sul posto con una domanda: "Quindi non mi dirai come fai a sapere il mio nome, eh, Spiderman?".
Per pura caratteristica di "sfigaggine", un po' glielo ricorda Peter Parker. Harry ridacchia senza voltarsi, si gratta i capelli e alza poi la busta con dentro i fumetti: "Ognuno ha i propri segreti, no?" afferma con l'unica nozione che sa sui supereroi.Louis ridacchia in risposta, forse per la prima volta grazie ad Harry e "d'accordo, ma se vuoi il fumetto con la grande dichiarazione, dovrò ordinartelo". Harry si volta, gli sorride intenerito e "mi faresti un grande piacere, Louis"
Louis sorride, forse ci ripensa sulle sue ambizioni e sui suoi sogni e ringrazia il karma – a cui continua a non credere – che lo ha reso nerd sfigato e gli ha fatto aprire quel negozio di fumetti. " E allora torna indietro e lasciami i tuoi contatti".
Harry si sente mancare alla consapevolezza che dovrà lasciargli il numero, ma si fa forza e un passo dopo l'altro lo raggiunge di nuovo.
Louis ha già preso carta e penna e lo guarda soddisfatto: "Nome?" gli chiede. Sorride sagace.
"Harry" farfuglia piano. Louis sorride sghembo e ripete, mentre scrive: "Harreh" con la sua voce delicata. Poi alza il capo, guarda fisso negli occhi di Harry e "Numero di telefono, Harreh?" gli chiede.
E Harry mette in conto che d'ora in avanti dovrà assumere zuccheri in grande quantità se vuole sopravvivere a quell'immensa meraviglia di Louis; ma in effetti non gli pesa se questo continuerà a pronunciare così dolcemente il suo nome.
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Il karma non esiste, ma Harry sì.
FanfictionVivere in bilico tra la puntigliezza e la sindrome di asperger non è vita. Louis lo sa bene. Ogni volta che il campanello trilla, alle 15:59 - un minuto prima dell'apertura pomeridiana della sua fumetteria - la bile di insofferenza cresce. E la col...