"Oh say, you see
This is the American dream.
Young girl, hustlin'
On the other side of the ocean"
Jocelyn Morgenstern – no, Fairchild – posò finalmente i piedi a terra, dopo più di sette ore in volo.
L'alba si estendeva sulla città di New York, rilucente come l'interno di una perla. Dai finestroni del JFK s'intravedevano alti palazzi di vetro e acciaio, così diversi dai rustici edifici di Alicante, in mattoni e pietra.
Tuttavia, Jocelyn non ebbe il benché minimo ripensamento sulla sua scelta. Scappare da Idris, da Valentine, era la cosa giusta da fare. Perché sì, era certa che lui fosse ancora vivo e le aveva promesso che avrebbe reso la sua vita un inferno e aveva paura che il bambino che portava in grembo potesse essere come Jonathan...
Con uno scatto d'ira si costrinse a non pensarci più. Era probabile che Valentine fosse ancora in circolazione, ma Jonathan era morto. Morto. Ucciso dal suo stesso padre, dal mostro che lei credeva di amare. E, cosa più disgustosa di tutte, si sentiva sollevata. Sapeva di essere una persona orrenda, dal momento che percepiva quella rivoltante sensazione. Ma niente da fare: non poteva ricacciarla indietro.
Forse era meglio così. Forse dimenticare Jonathan poteva esserle d'aiuto per affrontare tranquillamente i rimanenti mesi di gravidanza. Più facile a dirsi che a farsi, pensò amaramente.
Si accorse di essersi poggiata una mano sul ventre. Non sapeva se lì dentro ci fosse un maschietto o una femminuccia, né se gli esperimenti di Valentine fossero andati a segno anche stavolta. Ma una cosa era sicura: nell'uno o nell'altro caso, non avrebbe commesso lo stesso errore. Si sarebbe imposta di amare, o almeno di provare ad amare, suo figlio o sua figlia. La tara che più la rodeva era la mancanza di un padre. Magari, se ci fosse stato Luke...
Luke.
Si erano separati all'aeroporto di Orly, da dove lei era partita per New York con un biglietto acquistato grazie alla vendita dell'amuleto del Circolo di Valentine nel mercato delle pulci di Clignancourt.
Luke l'aveva pregata di non lasciarlo. Le aveva detto che l'avrebbe accompagnata, che avrebbe cresciuto suo figlio come il proprio, che non faceva importanza che il genitore biologico fosse Valentine.
Ma non ha mai incontrato Jonathan.
Jocelyn rifiutò tutto. Come poteva mettere Luke davanti a una prospettiva di vita così pericolosa? Se lei avesse avuto ragione sulla sorte di Valentine, Luke avrebbe rischiato la pelle. Era sulla sua lista nera, e Valentine lo voleva morto. E se veramente il bambino che cresceva dentro di lei si fosse rivelato esattamente come Jonathan, non si sarebbe mai perdonata per aver costretto Luke a condividere il suo orrore.
Questo avrebbe significato non rivederlo mai, mai più. Il solo pensiero mandava in frantumi i resti del suo cuore.
Erano rimasti abbracciati finché dagli altoparlanti non ebbero chiamato per l'ultima volta il suo aereo. Solo allora Luke l'aveva lasciata andare, e con gentilezza l'aveva spinta verso il varco delle partenze.
All'ultimo minuto, Jocelyn era corsa indietro e gli aveva sussurrato all'orecchio: — Valentine è ancora vivo. — Poi era tornata sui propri passi, mentre il viso le si riempiva di lacrime.
E adesso era lì, ferma davanti a un gigantesco vetro, a contemplare da lontano la città che, sperava, l'avrebbe protetta. La sua ancora di salvezza. L'ultimo appiglio a cui aggrapparsi.
Turisti e pendolari la urtavano, la spintonavano, senza la minima accortezza. Il tanfo rivoltante di migliaia di corpi sudati mischiato alla puzza di olio da frittura scadente e all'odore di plastica le faceva venire la nausea – come se non ne avesse avuta già abbastanza. E sebbene fosse ancora distante da New York, le sembrò quasi di riuscire a sentire le miriadi di rumori cittadini.
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American Oxygen
Fanfiction|| Song-fic || Jocelyn Morgenstern - no, Fairchild - posò finalmente i piedi a terra, dopo più di sette ore in volo. L'alba si estendeva sulla città di New York, rilucente come l'interno di una perla. Dai finestroni del JFK s'intravedevano alti pal...