Capitolo 17: Ode alla regina

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Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse,

io continuerei a esistere; e se tutto il resto

rimanesse e lui fosse annientato, l'Universo

diverrebbe per me un'immensa cosa estranea.

Non ne farei più parte.

(E. Brönte)



Quando, il mattino successivo a quel pomeriggio caotico, Valentina era entrata nell'appartamento di Davide, aveva registrato con sconcerto l'assenza di Clelia. Inquieta e perplessa aveva chiamato Marco, sperando che lui potesse avere qualche idea su dove era finita la loro amica, ma era rimasta ancora più spiazzata quando l'aveva visto arrivare con Francesco e Antonio al seguito.

«Possono darci una mano» aveva detto lui in risposta allo sguardo aggrottato e poco convinto che la bionda gli aveva scoccato.

Quando poi al gruppo si era aggiunto anche Stefano – messo in allarme da Antonio – Valentina aveva davvero perso la pazienza.

«Spiegami. Come. Possono. Aiutarci» aveva scandito irata indicando i tre uomini che, sconvolti e incapaci di spiccicare parola, fissavano le macchie e gli schizzi di sangue che coprivano buona parte del pavimento.

«Se c'è qualcuno che può aiutarci a sapere qualcosa di Clelia, sono proprio loro tre» aveva replicato Marco. «Fidati».

Valentina continuava a non essere persuasa dalle parole di Marco, ma aveva deciso comunque di fidarsi. Dopo aver avvertito Luce dell'accaduto e aver convinto Stefano a non denunciare la scomparsa della loro amica, le due donne e il motociclista erano partiti alla ricerca di Clelia, lasciando a Francesco e ai due poliziotti il compito di tenere d'occhio l'appartamento di Davide e continuare le ricerche nella città.

Ormai era trascorsa una settimana da quel giorno di nebbia in cui Clelia era sparita: sette giorni in cui i suoi amici si erano preoccupati, interrogati e l'avevano cercata senza sosta. Luce, Marco e Valentina si erano fatti vivi con gli altri tre, per telefono e un paio di volte di persona, per aggiornarli sui risultati delle loro ricerche. Per quanto si sforzassero non riuscivano a trovare Clelia da nessuna parte, né Stefano, Antonio e Francesco avevano notizie migliori: la ragazza era svanita nel nulla senza lasciare traccia.

Quella sera Stefano aveva avuto l'intenzione di tornare per l'ennesima volta nell'appartamento che Clelia divideva con Davide per cercare qualche indizio che lo aiutasse nella ricerca, ma prima ancora di uscire dalla caserma venne fermato dal suo superiore.

«Corsini, abbiamo un problema» disse il poliziotto con aria stanca. «Sai che abbiamo assegnato Navacci alla scorta di un certo politico?»

Stefano assentì.

«Be', Navacci sta male. Ha avuto un attacco di appendicite mezz'ora fa e l'hanno appena portato in ospedale, quindi quella scorta ha un uomo in meno. Ho bisogno di qualcuno che prenda di corsa il posto di Gianfranco, e visto che tu hai fatto servizio di scorta per alcuni anni ho pensato di mandare te, è la cosa più semplice» spiegò l'uomo. «Puoi prendere servizio... più o meno subito?»

«Metto la divisa e vado» gli assicurò Stefano.

Poco più tardi Stefano raggiunse il resto della scorta. Uno dei poliziotti gli si fece subito incontro.

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