Le pietre dormono sotto la neve con sogni
verdi nel cuore
(Olav H. Hauge)L'inverno era la stagione più fredda nella nostra Terra. La neve, il ghiaccio e la grandine gelavano tutto il territorio rendendo il suolo, già poco fertile di suo, inutilizzabile. Riuscivamo a raccogliere alcuni legumi e frutti, ma li utilizzavamo soprattutto per nutrire i nostri animali che, donandoci pelli e pellicce, erano fondamentali per la sopravvivenza in un clima così rigido.
L'estate, che avrebbe dovuto essere l'opposto dell'inverno, in realtà era molto fresca ma grazie al calore del Sole trovavamo qualche conforto nel non coprirci con strati su strati di pellicce.Accarezzai i ciuffi dell'erba alta, mentre con gli occhi chiusi godevo del leggero calore naturale radiato dal Sole di metà giornata.
«Othilia!» sentii chiamare mia madre.
Mi raggiunse sulla collinetta che sporgeva sull'Infinita Acqua, portando con sé un cesto colmo di formaggi coperti da stoffe leggere che svolazzava leggermente ad ogni suo passo tra le correnti di vento. Si sedette di fianco a me, posando il carico al suo fianco. Tirò un lungo sospiro, affaticata dalla salita percorsa per raggiungermi.
«Aiuta a rilassarsi questo posto» sussurrò dopo qualche momento, e capii che anche lei stava godendo del lieve calore e del dolce vento tra i capelli che saliva dalla infinità d'acqua color del cielo.«Già» annuii, e aprendo gli occhi mi girai a guardarla. Le sue lunghe ciglia bionde le sfioravano gli alti zigomi, ed i capelli chiari e fini svolazzano nel vento. Non aveva ancora alcun segno di vecchiaia, d'altronde era uso che le donne si maritassero circa un anno dopo la venuta della maturazione femminile. Gli uomini invece, raggiungevano una maturazione fisica più avanti con gli anni, almeno così dicevano, quindi prendevano moglie anche dopo venti primavere. Ma naturalmente vi erano eccezioni: mia sorella Thirzia si sposò con un ragazzo di ventun primavere, suo coetaneo, e mio fratello Kalem sposò una nostra cugina a diciassette primavere. I miei altri tre fratelli, Ghuiester, Letton e Remme, hanno rispettivamente tre, nove ed undici primavere, perciò erano ancora molto piccoli per pensare ad un matrimonio, naturalmente combinato.
«Tuo padre ti cercava, aveva bisogno di parlarti riguardo a domani» mi informò.
«Domani?»
Per quanto ne sapevo, il giorno dopo sarebbe stato un giorno qualunque.«Ha deciso di festeggiare una cosa, ma vuole dirti lui che cosa, sai com'è fatto» rispose ridacchiando mia madre.
Sospirò, per poi aggiungere «Andiamo Othilia, torniamo a casa. Stasera voglio fare la zuppa.»
In certi momenti mi chiedevo come mia madre mi conoscesse così bene. Adoravamo tutti il suo cibo, era ritenuta un' ottima cuoca da ogni membro del nostro villaggio, ma la sua zuppa era una prelibatezza che preparava solo e soltanto per me o per i miei fratelli in occasioni speciali.
Questo mi spinse a pensare che ciò che mio padre aveva intenzione di comunicarmi doveva essere particolarmente importante.
Così mi alzai, mi chinai per raccogliere il cappotto di pelo grigio che mi ero portata dietro, la guardai con un sorriso complice, che lei ricambiò, e le dissi «Mi hai convinta, andiamo.»~
Mentre camminavamo verso il villaggio passammo dall'essere accompagnate dal dolce suono delle onde che si infrangevano contro le pareti rocciose ai rumori della foresta. La luce era intrappolata dalle alte fronde tutt'intorno a noi, solo pochi raggi penetravano questa gabbia legnosa. La temperatura si abbassò gradualmente, ma una volta giunte nel fitto bosco mi affrettai ad indossare la pelliccia. Anche mia madre indossò la sua, chiedendomi prima di tenerle per un momento il cesto che stava portando.
Il villaggio si trovava sul perimetro di una grande radura protetta dal vento grazie agli alti alberi del bosco, il quale collegava la radura agli immensi strapiombi che davano sul mare che non aveva fine. La maggior parte delle abitazioni era situata ai limiti del bosco anche perché così la neve, bloccata dai fitti rami, non si depositava totalmente sui tetti e non causava eventuali cedimenti.
Iniziai a sentire il suono di un ruscello, che scorreva sul retro della nostra casa al limitare del bosco, e finalmente intravidi i grandi tronchi che formavano le pareti esterne.«Curcarath, moglie mia, hai ritrovato nostra figlia finalmente. Ah, Othilia... eri sulla solita collina, eh?»
Mio padre ci accolse aprendo la massiccia porta di legno, facendoci entrare. Non aveva alcuna difficoltà ad aprirla con una sola mano dati i suoi muscoli e la sua statura, nonostante il peso notevole del legno.«Padre!» gli sorrisi e poi, curiosa dei piani misteriosi per il giorno dopo, gli chiesi «Mi volevi parlare di qualcosa?»
«Dritta al punto, mi piaci per questo figlia»
Mi poggiò una mano grande e un po' callosa per il lavoro giornaliero sulle barche da mercanzia sulla spalla, mentre con l'altra mi accarezzò il mento. Lo guardai nei suoi occhi verdi, chiedendomi quali piani avesse per me.
«Domani sarà il giorno in cui incontreremo nostro nipote, figlio di tua sorella Thirzia e suo marito Wuntiar!»Fui davvero sorpresa dalla notizia. Mia sorella era partita col marito più di due primavere addietro, e non eravamo a conoscenza della sua gravidanza. L'inverno era appena finito e finalmente una decina di giorni prima eravamo riusciti a mandar loro un messaggio di buon auspicio per la nuova primavera. Evidentemente quel giorno doveva essere giunta la loro risposta, con la notizia della nascita del bambino.
«Che bello, padre! È da tanto che non vedo Thirzia, non vedo l'ora di conoscere il bambino!» dico emozionata.
Dopodiché ci toglieremmo le pellicce e gli scarponi ed indossammo delle calze cucite da mia madre. I nostri stivali erano bagnati e sporchi a causa della fanghiglia procurata durante il percorso nel bosco e la radura, perciò li appendemmo davanti al piccolo camino, sperando che si asciugassero in fretta. Avremmo potuto lasciarli fuori al sole, ma essendo stagione di risveglio dal letargo era possibile che vari animali potessero portarli via con sé.«Abbiamo avuto la notizia stamattina, grazie ad un messaggio inviatoci da Wuntiar su una delle nostre navi di ritorno da Dastarch» continuò mio padre. Subito dopo mia madre aggiunse «Sai, dice che Thirzia ed il bambino sono in ottima salute. Verranno qui al villaggio domani per festeggiare la prima settimana del bimbo e per donargli un nome degno delle nostre famiglie. Che orgoglio sarà.»
Non vedo l'ora di incontrare mia sorella, ed anche il bambino!
Passai una mano tra i capelli, spettinati e ingarbugliati, ancora incredula della notizia. Alzai le braccia per iniziare ad intrecciarli e renderli più gestibili, e mi accorsi che il vestito che indossavo tirava sulle spalle. Avevo questo vestito da tre anni, non avevamo lana e tessuti in quantità in quanto le mandrie migravano in diverse aree ogni anno, e ogni inverno le donne del villaggio riuscivano a produrre solo un capo per persona, che fossero maglie, mantelli o abiti.
Mia madre lo notò, ma non disse nulla. Sapevo bene che devo aspettare questo inverno per indumenti della mia taglia, e comunque finché non si fosse rotto non vi era motivo di prenderne un altro. Pensai che probabilmente la sera avrei tentato di allentare leggermente le spalle e la zona toracica, per rendere più comodi i movimenti.
Con un po' di fatica mi intrecciai i capelli, mentre mio padre ci fece sedere al tavolo di legno davanti al camino.
Mia madre e mio padre si sedettero di fronte a me, sulla panca opposta, rilassati. Si guardarono, sorrisero e poi riportarono l'attenzione su di me. Erano proprio una bella coppia. I capelli rossi di mio padre che avevo ereditato erano arricciati appena sotto le spalle grandi e i suoi dolci occhi brillavano di una luce diversa dal solito, più energica.
«Othilia, ormai hai passato sedici primavere, sei una giovane e bella donna. Per questo, credo che tu sia in grado di esibirti e mostrarti alla gente per le tue doti» disse finalmente.Interruppi il gioco che stavo facendo con le punte dei miei capelli e sbattei le palpebre, incredula.
«Ci terrei che tu cantassi uno dei nostri canti tradizionali in occasione della cerimonia del dono del nome» chiarì, e sul suo viso si formò un ampio sorriso, visibile quasi a malapena sotto la barba.
Sorpresa dalla proposta e grata a mio padre risposi senza fiato «Sarebbe un onore.».
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Firesoul - una scelta può cambiarti
Fantasia«Attenta Othilia, attenta a coloro che incontrerai. Puoi essere la pace, ma anche la distruzione di ogni cosa» {estratto dalla storia} Othilia è una fanciulla di sedici primavere, con quattro fratelli ed una sorella. Vive con la sua famiglia in un...