The afternoon you f**ked up my mind;

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Passarono tre giorni da quel momento, da quel bacio.
Giorni che passarono in fretta e come tutti gli altri. Certo.
A parte il fatto che Federico ormai non faceva più nulla senza il telefono a portata di mano. Aspettava costantemente che squillasse.
Aspettava un suo messaggio, una sua chiamata, ma nulla arrivava mai.
Passavano i minuti, le ore e lui aspettava, rigirandosi il telefono tra le dita, bloccandolo e sbloccandolo quasi istericamente.

Quel giorno era martedì. Il ragazzo aveva declinato tutte le proposte di Giulia di uscire ed era disteso sul divano, circondato da coperte, cuscini e patatine fritte.
Era pomeriggio ma indossava ancora il pigiama: non si era degnato nemmeno di cambiarsi, si era solamente alzato dal letto per poi sedersi sul divano, dopo aver fatto una breve visita al bagno.
Non era una delle sue giornate preferite.

Gli mancava Michael, anche se non voleva ammetterlo.
Avrebbe voluto fermare tutto, bloccare la mente prima di poter anche solo ipotizzare di essersi affezionato ad uno sconosciuto in così poco tempo.
Poi però la figura del ragazzo gli tornava in mente e gli mancava il respiro.

Quel ragazzo, la sua maledizione.
Non smetteva di pensare ai suoi occhi, al modo in cui arricciava il naso quando rideva alle sue battute. Al suo accento.
Al modo in cui arrossiva visibilmente quando qualcuno gli faceva un complimento.
"Non sono bello!" "Non sono bravo a cantare!" "Non sono divertente!" avrebbe risposto. Avrebbe sempre negato qualsiasi pregio attribuitogli ma, in fondo, sapeva che erano tutti veri. Ed arrossiva. Le guance gli diventavano rosee, lo stesso esatto colore delle labbra.
Quelle labbra.
Federico non lo avrebbe mai ammesso, ovviamente, ma non smetteva di immaginare quelle labbra sulle sue.
Due morbide collinette del colore delle fragole non ancora completamente mature, un rosso tendente al rosa chiarissimo.

Sembravano create solo ed unicamente per posarsi sulle sue.

Federico arrossì, scoprendosi fin troppo interessato a quelle labbra. Mentre cercava di concentrarsi sulla tv, accesa su un canale qualsiasi, il telefono gli squillò.
Una, due, tre volte.

"Stasera ho serata al Clover Pub. Ho bisogno di vederti, ci sarai?"
"Alle 2o"
"Per favore, M"

Federico perse un battito.
Non rispose ai messaggi, non sapeva se andarci. Moriva dalla voglia di rivederlo ma allo stesso tempo era spaventato da morire.
E se avessero parlato di quello che era successo? E se lui se ne fosse pentito? E se avesse fatto solo un errore?
E se in realtà per Mika non fosse successo nulla? Se fosse stata una cosa istintiva e temporanea?
La testa gli si riempì di paranoie. L'ansia lo assalì, le mani gli cominciarono a tremare.
Cercò in tutti i modi di calmarsi: stava avendo un attacco di panico ma non era decisamente il momento adatto per svenire.

**

Mika gironzolava agitato per casa, le mani sudate e i capelli scompigliati.
Cercava di convincersi che il motivo fosse il vicino arrivo del suo ospite ma sapeva che non era vero, la sua reale preoccupazione aveva un altro nome.
Anzi, tre: Federico Leonardo Lucia.

Continuava a pensare a lui e continuava a maledirsi in tutte le lingue che conosceva – e ne conosceva davvero molte.
L'immagine del loro bacio non sembrava avere intenzione di sfumare e scomparire dalla sua mente, rimaneva sempre al centro della sua attenzione, nitida come se fosse accaduto tre minuti prima.

Da quel giorno non aveva trovato il coraggio di scrivergli ma all'improvviso la sua mancanza aveva cominciato a farsi sentire. Aveva bisogno di rivederlo, anche solo per qualche secondo, anche solo da lontano.

Gli aveva scritto ma non aveva ricevuto risposta e ora stava vagando per casa come un idiota, maledicendosi ancora. Forse era impegnato, forse non aveva letto.
O forse aveva letto ma non gli importava nulla.
Probabile.

Sing me a lullaby;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora