Part 1

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This world seems pretty boring until you stop

to think that there are 90ft long, 30.0000lb animals that

just swim around singing sad songs.

(@Rohnda_doy)




Rannicchiato in un angolo, fissa il vuoto. Le enormi cuffie bianche sulle orecchie, la musica che si diffonde attraverso esse e le immagini, prepotenti, a formarsi dietro gli occhi. E vede un caminetto caldo, con il fuoco acceso che scoppietta indisturbato, una libreria subito accanto, sulla sinistra, piena di quei libri che Greg gli leggeva sempre quando era più piccolo. Vede un tavolino basso al centro della stanza; su di esso, un vaso di fiori freschi e le riviste sportive del padre, abbandonate e in disordine. Ridacchia tra sé e sé e pensa che dovrebbe sistemarle, ogni tanto, oppure Maura finirà con il perdere le staffe ancora una volta. A destra del caminetto, il cavalletto con la sua chitarra; è ancora splendida e lucida come la ricordava, con la cassa di un blu petrolio che sotto la luce del salotto sembra verde, mentre sotto quella della sua stanza, più fioca, sembra nero. Alle spalle, dentro un cofanetto in legno dall'aria antica e preziosa, i plettri, tutti diversi e pieni di colori, che tanto ama collezionare. Ognuno ha le proprie canzoni; Niall non li confonde mai. Dove giace la chitarra, realizza il biondo, è l'unico posto in cui il tappeto persiano dall'aria antica e costosa – preso in realtà al mercatino dell'usato – non arriva.
Esce dal salotto, poi, mentre la canzone dell'iPod cambia e diventa un po' più movimentata. Ascolta il cantante dei Kodaline mentre canta "Honest" con una vena di malinconia nella voce e sale le scale, camminando lentamente per osservare ogni singolo quadro appeso alle pareti e le foto che Maura ha sistemato nei tavolini bassi lungo il corridoio che porta alla sua stanza. Passa davanti a quella di Greg, perfettamente ordinata, con solamente qualche vestito dimenticato ai piedi del letto per la troppa fretta. Sa che li riporrà nell'armadio, perché se c'è qualcosa che suo fratello detesta è il disordine. Motivo per cui non entra quasi mai nella sua camera da letto piena di poster e dischi, di altre chitarre che ha comprato grazie al lavoretto nel supermercato in fondo alla strada, di cartacce piene di note e testi sparse qui e là, alcune perfettamente conservate e altre accartocciate e gettate in un angolo o attorno al cestino ormai pieno. Dovrebbe ricordarsi di vuotarlo, prima di andare via.
E sorride, quando sente una mano poggiarsi sulla spalla per riportarlo alla realtà. Afferra gli occhiali scuri che il fratello gli porge e li indossa, prima di abbassare la mano e prendere l'iPod che ha sistemato tra le gambe per poi spegnerlo. Si alza in piedi con cautela, voltandosi in direzione del più grande.
«Sei pronto ad andare?» domanda egli, sorridendogli. Niall annuisce.
«Hai vuotato il mio cestino della spazzatura?» chiede poi, speranzoso.
«Non ancora. Lo farò appena rientro, promesso».
L'irlandese sorride e annuisce di nuovo, lasciando che il fratello gli circondi le spalle con un braccio e lo accompagni fuori, verso l'auto. Si sofferma all'ingresso, poco prima dei tre gradini che separano la veranda dal vialetto, così che possa salutare la madre e il padre i quali, è sicuro, lo stanno guardando con occhi pieni di quella preoccupazione mista a orgoglio che gli stringe il cuore. Si avvicina all'uomo, prima, e si lascia abbracciare in quel modo un po' impacciato che i papà riservano ai figli. Gli batte una mano sulla schiena e sorride di nuovo.
«Sono fiero di te, figliolo» si congratula Bobby. Si congratula per qualcosa che Niall ancora non ha capito, perché andare al Conservatorio non è chissà che grande traguardo. Ma ringrazia comunque, perché è una persona educata e perché sapere di aver reso fiero suo padre non può che renderlo felice. Allunga poi una mano alla sua destra, verso la madre – sa di trovarla lì, sempre alla destra del marito – e le carezza una guancia, trovandola umida. Ride di gusto, a quel punto, perché se l'aspettava, dopodiché l'attira in un abbraccio schiaccia-ossa; è pur sempre la sua mamma e sa quanto soffra all'idea che l'indomani non dovrà più salire al piano di sopra per svegliare il suo bambino e preparargli la colazione, il pranzo e la cena. Non potrà più passare le giornate a sistemare casa mentre lo ascolta suonare la chitarra e cantare quelle canzoni che si ostina sempre a ritenere ancora incomplete e imperfette per poter uscire dalla sua stanzetta. Ci sarà silenzio, tra le quattro mura di casa Horan, perché Niall non scoppierà più a ridere nel bel mezzo della notte mentre è al telefono con Barbara, la sua migliore amica, o con Harry, il suo migliore amico. Non potrà più bussare al muro per farlo tacere, per implorare un po' di pace, e nemmeno sedervisi accanto per leggere cullata dalle note da lui suonate. Eppure è anche felice, Maura, perché suo figlio è diventato un uomo; è cresciuto e ha preso in mano la sua vita, scegliendo di osare, di provare a lanciarsi verso la felicità che ha sempre desiderato trovare e raggiungere. E sa che ce la farà; lo capisce nel momento in cui lo stringe tra le proprie braccia magre e dalla pelle secca. Lo capisce dal modo in cui lui la stringe, nel silenzio che è venuto a crearsi e nel sorriso che sente contro la pelle del proprio collo.
"Andrà bene", sembra dire. "Fidati di me, mamma". E lei si fida; si fida ciecamente di suo figlio e delle sue scelte, per quanto a volte siano impulsive e azzardate. Sa che andrà bene, perché non può essere altrimenti. Perciò lo lascia andare, baciandogli una guancia e augurandogli buona fortuna prima che Greg torni a prenderlo sotto la propria ala protettiva.
Sorride ai genitori e poi si volta, muovendo un paio di passi contati.
«Gradino. Ricordati che sono tre e sono piccoli» lo scimmiotta il maggiore, permettendogli di aggrapparsi a lui. Segue il suo ritmo, scendendo gli scalini a uno a uno e osservandolo mentre aggrotta le sopracciglia per cercare di capire quanto in là sia il bordo. E poi, una volta sul vialetto, gli sorride anche se non può vederlo.
«Sei migliorato» si complimenta, con una punta di sarcasmo nella voce. «Peccato che oggi sia il tuo ultimo giorno qui». Niall ride di gusto.
«Quando la smetterai di rinfacciarmi le culate che ho tirato?» domanda, spintonandolo leggermente e barcollando di lato assieme a lui.
«Mai, fratellino. Non smetterò mai. Te le porterai fin nella tomba, credimi sulla parola» ribatte il più grande, aprendo il cancello e sospingendolo leggermente fuori. Lo aiuta a salire in macchina e poi va a sistemarsi al posto di guida, allacciando la cintura e avviando il motore.
Il biondo ha il mento poggiato sul palmo della mano e lo sguardo, vacuo, rivolto fuori dal finestrino.
«Ti mancherà Mullingar?» chiede Greg, dopo qualche secondo, interrompendo il canticchiare sommesso del fratello. Gli pare impossibile quante canzoni conosca e quante ne impari dopo averle ascoltate appena un paio di volte. Lui non riuscirebbe nell'intento nemmeno per sbaglio.
«Mi mancheranno i suoi suoni e i suoi odori».
Il maggiore si rabbuia appena, abbassando gli angoli delle labbra.
«Greg, smettila. Non c'è niente di strano o per cui rattristarsi; è la realtà. Dovrai fartene una ragione, prima o poi». Niall scrolla le spalle e abbassa le palpebre, riprendendo a immaginare il paesaggio circostante. E le ricorda bene le case dai colori ridondanti e spenti, le grandi distese di erba, i parchi, i negozietti colorati e quelle strutture antiche dallo stile gotico; inquietanti, ma affascinanti al tempo stesso. Si è imposto di richiamare alla memoria quelle immagini almeno una volta al giorno, perché non vuole dimenticarle. Sarebbe un peccato; Mullingar non è grandissima, ma ha così tanti pregi che scordarne anche solo uno potrebbe farlo sentire in colpa per il resto della vita, soprattutto ora che la sta lasciando per andare a vivere nella caotica Londra, capitale del Regno Unito.
«Dovrei forse fare i salti di gioia, Niall?»
Il biondo sbuffa; hanno affrontato quel discorso troppe volte e non ne può più di ripetere le stesse identiche cose. Inoltre, il tono irritato di Greg non promette niente di buono.
«Devi accettarlo e basta; è successo, queste sono le conseguenze e indietro non si torna. Chiuso il discorso. Se vuoi saltare di gioia, piangere, spaccare tutto per la rabbia, allora fallo. Ma per piacere, non rovinarmi il mio ultimo giorno in Irlanda e non cominciare proprio ora a trattarmi come un disabile».
«Potresti provare a tornare indietro, lo sai!» tenta Greg, esasperato.
«Ma non voglio! Greg: non. voglio. Lo capisci?! Sei capace di accettarlo? La vita è mia, le scelte sono mie e se a me sta bene così, non vedo perché tu debba farne una malattia!» esclama per contro, Niall, sospirando con aria seccata subito dopo.
«Perché mi preoccupo per te, brutto deficiente! Prenderai un cazzo di aereo, te ne andrai a Londra e chissà che diavolo succederà da quel momento in poi! Senza contare che sarai da solo. Come posso stare tranquillo, me lo spieghi?!»
Niall alza gli occhi al cielo e non riesce a trattenere un piccolo sorriso divertito; alla fine tutte le loro discussioni si riducono a questo: Greg non è pronto a lasciare andare il suo fratellino, non è pronto a svegliarsi la mattina e scoprire di non avere più nessuno di cui prendersi cura. Perciò non gli risponde, lasciandogli solamente una pacca affettuosa sulla gamba. Non è uno sprovveduto; ce la farà, si costruirà una vita e poi...
E poi cosa?
Non lo sa. Un passo alla volta, perché la strada è diventata più buia del previsto e non può permettersi di fare previsioni con così tanto anticipo.

Song of the Sad Whale || NiamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora