Capitolo 1 - Solita vita.

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Come ogni giorno la mia vita va sempre degradando. I miei genitori sono eccessivamente protettivi ed io non ne posso più.
Tutti i miei amici il Sabato escono, io sto in casa a studiare. La Domenica vanno fuori città, io da mia nonna. Purtroppo è davvero straziante essere figlia di due ricchi genitori; passi la vita a studiare e ormai non conosci altro che quelle quattro mura di casa tua. Ma a me non piace, preferirei andare in giro per il mondo, sono 14 anni che studio e ormai di tutta questa cultura non so che farmene, siccome sono costretta a restare qua. Per fortuna non sono mai sola, infatti mia cugina Martina ed io abitiamo nella stessa casa e facciamo le stesse cose, dato che i nostri genitori sono uguali. Almeno posso fare affidamento su una presenza stabile nella mia vita. Poi c'è anche Andrea figlio del capo dei nostri genitori, pure lui ha la nostra stessa vita impossibile. Loro due sono sempre e costantemente al mio fianco, sono i miei due migliori amici e niente potrà cambiare questo principio.

È Venerdì, e come ogni giorno sto nella biblioteca di casa mia a recitare poesie di Leopardi e di altri stupidi letterari italiani. In realtà la letteratura mi piace, ma ormai son anni che non faccio altro che studiarla.

Penso che se dovessi esprimere un desiderio sarebbe avere niente. Si, sai già com'è: un giorno ti ritrovi ad avere tutto, il giorno dopo ecco che ricominci a piangere perché lo hai già perso. Quando hai tutto è più facile perderlo, se non avessi niente non avrei niente da perdere. Invece mi rinchiudo in biblioteca a piangere per il semplice fatto di una vita poco soddisfacente; specialmente ora che i miei genitori vogliono che frequenti un "ragazzo" se così si può dire. Lo odio, è assolutamente il tipo di ragazzo che nessuno vorrebbe. Ma non stiamo insieme, per fortuna.

Mi asciugo le lacrime rimaste nei bordi dell'occhio, ripongo i libri sugli scaffali, ed esco dalla stanza come se niente fosse. Scendo cauta le scale e mi accomodo nel divano del salotto, abbandonandomi ai mille pensieri girovaganti nella mia testa e ascoltando le goccioline d'acqua scontrarsi contro i vetri. Amo la pioggia.

«Miry» sussurra Martina alle mie spalle facendomi sussultare. «Che c'è?» «Sono stanca...» tutti lo siamo mia cara. «Pure io.» si siede con me nel divano e sbuffa. Io la guardo comprensiva. Quanto vorrei la mia libertà. «Dai stai tranquilla, troveremo un modo per andare via da qui molto presto.» Cerco di rassicurarla, ma intanto a me chi mi rassicura che andrà così? «Lo spero così tanto...» dice abbassando il capo. La abbraccio per confortarla e lei ricambia. Nel frattempo suonano al campanello. È Andrea con suo padre. «Salve, sarebbe così gentile da dirmi dove sono i vostri genitori?» Mi dice il signor Dominik. «Nello studio, prego si accomodi.» gli dico educatamente. E si dirige nello studio. Ed ecco che io, Martina e Andrea siamo soli, come tutti i pomeriggi. «Allora ragazze, tutto bene?» «Sempre peggio, tu?» «Idem.» Risponde con una nota di tristezza nella voce. Posso giurare di non averlo mai visto triste, eppure oggi lo sembrava davvero.

«Andrea che ti succede?»

Dice Martina guardandolo preoccupata. Tra loro c'è un'intesa particolare, infatti, per come la vedo io, sono pazzamente innamorati l'una dell'altro. Io non ho un ragazzo, non ne ho mai avuti, nè ne voglio. Non riesco ad innamorarmi, non riesco proprio ad amare. Significherebbe essere schiava di qualcos'altro.

«Niente, tranquilla.»

Risponde Andrea sorridendole. Sono bellissimi insieme.
Lei sorride di rimando e andiamo tutti e tre nella spaziosa cucina principale. Si, principale, abbiamo due cucine. Il che è veramente una cretinata.

«Mangiamo qualcosa?»

Propongo ai ragazzi accennando un sorriso. Annuiscono. Prendiamo l'essenziale per una "leggera" colazione e andiamo nella sala da pranzo. Seduti a tavola, come sempre ci ritroviamo a parlare di una delle nostre più grandi fantasie, o meglio dire, sogno.
Un'ipotetica fuga di casa.

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