Come in gran parte di Italia, il calcio, anche a Napoli, arrivò dal mare. A portare il football all'ombra del Vesuvio furono agli inizi del secolo gli inglesi che lo avevano inventato e lo praticavano già da un pò.
In città ed in provincia, a poco a poco, cominciano a nascere le primissime squadre, dalla Naples football al glorioso Savoia di Torre Annunziata passando per l' Internazionale del britannico William Phots. Una prima fusione fra i primi due club cittadini dà vita all'Internaples fino a quando, il primo Agosto del 1926, nel ristorante D'Angelo si riuniscono dirigenti, giocatori e semplici appassionati per dar vita a quello che ancora oggi è il Calcio Napoli.
Primo presidente della società fu nominato Giorgio Ascarelli, ma di certo non fu colpa sua se il primo campionato fu un vero disastro: un solo punto in classifica, frutto di un pari a reti inviolate con il Brescia, ben 61 reti incassate e solo 7 realizzate: il cavallo, emblema della città, viene sostituito dal ciuccio quale stemma della squadra.
Era il Napoli di Attila Sallustro, detto "il veltro", nativo di Asuncion in Paraguay, campione gentiluomo che non percepiva stipendio perchè per lui il calcio era soltanto un hobby tanto che patron Ascarelli per ricompensarlo delle sue gesta gli regalò una lussuosa auto Balilla.
Il terzo posto nella Coppa Coni, un torneo di consolazione per le escluse dal girone finale, evitarono però la retrocessione al Napoli, guidato in panchina a fasi alterne dagli austriaci Sasha e Kreutzer.
Andò solo un poco meglio nella stagione 1927-28 con Steiger prima e Molnar poi a traghettare Sallustro e compagni al terzultimo posto con quindici punti all'attivo. La retrocessione, stavolta, fu evitata per la benevolenza di alcuni dirigenti federali che ampliarono il numero delle squadre partecipanti alla Prima Divisione.
Nel 1928-29 Napoli e Lazio si contendono in uno spareggio drammatico la permanenza in massima serie: finisce pari grazie ad una rete di Cevenini nel finale; bisognerebbe giocare una gara-bis ma Ascarelli riesce a fare in modo che entrambe le compagnie vengano tratte in salvo dalla Federazione.
La tendenza negativa comincia ad essere invertita dal campionato successivo con l'avvento in panchina di Willy Garbut, ex giocatore dell'Arsenal che aveva già guidato il Genoa a ben tre scudetti: è la svolta.La morte di Ascarelli e l'approdo in Europa
Con lui giungono alcuni talenti puri quali Vojak e Cavanna ma soprattutto il trainer d'Albione porta a Napoli una mentalità del tutto nuova e mostra un gioco spettacolare.
Gli appassionati crescevano di numero e così Ascarelli realizzò un impianto da 10.000 posti nel rione Luzzatti: la partita inaugurale si disputa il 16 Febbraio del 1930, quattro ad uno alla Triestina, pochi giorni dopo lo stesso Ascarelli muore per una peritonite fulminante.
La stagione 1930-31 fu tra le migliori dell'epoca anche, soprattutto, grazie ad Emilio Colombari, mediano ex Torino soprannominato "O Banco e Napule" per l'alta cifra spesa per il suo ingaggio da parte del presidente On. Giovanni Maresca di Serracapriola. Alla fine del girone d'andata il Napoli era addirittura secondo, poi Sallustro fu richiamato alle armi e gli azzurri finirono sesti. Vojack segnò ben venti reti.
Nel 1931-32 non si riuscì a ripetere quanto di buono fatto l'anno prima e si chiuse con un mediocre nono posto con 35 punti all'attivo.
Nel 1932-33 una dispendiosa campagna acquisti rischiò di mandare in rovina la società salvata dall'Ing. Vincenzo Savarese ma portò alla costruzione di una grande squadra che si piazzò addirittura al terzo posto, nonostante le prestazioni di Sallustro fossero a corrente alternata per "questioni di cuore".
La qualificazione alla Coppa Europa sfuggì solo poichè il Bologna ebbe una miglior differenza reti. A fine campionato, l'"Ascarelli" chiuse momentaneamente i battenti per lavori di ampliamento.
Con l'arrivo dal Torino di Rosetti, gli azzurri si presentavano tra i favoriti ai nastri di partenza nel 1933-34. L'annata cominciò male ma poi una lunga serie di risultati positivi, con Vojack a menare le danze, portò la squadra nei quartieri alti della classifica. Risultato finale: terzo posto con 46 punti dietro Inter e Juve, 46 reti segnate e 30 subite con qualificazione alla Coppa Europa, primo turno contro l'Admira Vacher. Due a due in casa, ma cinque a zero per gli austriaci a Zurigo con conseguente eliminazione.
A Sallustro furono addirittura tolti i gradi di capitano.Arriva Lauro ma anche la prima retrocessione
Nel 1934-35 giunge sotto il Vesuvio l'attaccante argentino Stabile, ex Genoa insieme al mitico portiere Cherry Sentimenti, proveniente dal Modena.
Si chiude al settimo posto con soli 29 punti: una delusione dopo l'annata precedente.
Garbut decide di lasciare dopo anni di onorata militanza e con lui anche Vojack, 102 reti in azzurro.
In panchina, stagione 1935-36, c'è l'ungherese Csapkay che però non porterà i suoi oltre un misero ottavo posto in condominio con Milan, Alessandria e Genoa.
Fu l'ultima annata di Cavanna, 152 presenze e sette campionati in azzurro, mentre la situazione finanziaria precipitava.
La Federazione fece pressioni affinchè di quella vicenda si occupasse il Comandante Achille Lauro, da circa un anno al fianco di Savarese quale vice-presidente. Di tasca propria, Lauro coprì il deficit societario con 300.000 lire dell'epoca. Via Csapkay, in panchina Lauro chiama, per l'annata 1936-37, Angelo Mattea.
I risultati, però, non potettero, per ovvie ragioni, essere esaltanti: il tredicesimo posto finale era la peggior posizione occupata dal Napoli negli ultimi anni.
Lauro decide di ammainare la bandiera Sallustro, 204 gare e 69 reti in azzurro.
Quello del 1937-38 era soprattutto il Napoli, guidato prima da Mattea e dopo dal magiaro Payer, di due grandi giocatori: Pippone Innocenti e Nereo Rocco, che anni dopo diventerà "il Paròn".
Il decimo posto finale non fu accolto positivamente dal Comandante che mise in lista di sbarco anche Buscaglia, 236 gettoni in azzurro per lui, ma ingaggiò per il campionato 1938-39 il giovane attaccante Italo Romagnoli, il mediano Piccinni, e la mezz'ala Gramaglia, che ha fine carriera metterà insieme 273 partite con il Napoli.
Payer fu surrogato da Iodice che condusse i suoi al quinto posto ed anche ad una storica vittoria sul campo dell'Ambrosiana per due ad uno.
In pieno dissesto finanziario, Lauro chiamò per al capezzale degli azzurri per la stagione 1939-'40 il tecnico Adolfo Baloncieri: la B fu evitata per miracolo grazie ad una migliore differenza reti rispetto all'allora Liguria.
Lauro si dimise e lasciò la carica di presidente a Gaetano Del Pezzo che prese come allenatore l'ex bandiera Vojack.
Nonostante risultanti alterni ed episodi spiacevoli, quale per esempio la morte del terzino Fenoglio, gli azzurri si classificarono settimi a parità di punti con il Torino.
La prima retrocessione è datata 1941-42, in pieno conflitto bellico, con una città ed una società economicamente allo stremo delle forze.
Fatale la sconfitta, all'ultima giornata, in casa del Genoa per tre reti a zero. Vojack restò ugualmente al timone dei suoi anche l'anno successivo, stagione 1942-43, ma poi si dimise e lasciò la conduzione tecnica a Pippone Innocenti ma il terzo posto non bastò per tornare nella massima serie prima che la guerra interrompesse l'attività della Federazione.