-La cena bimbi!!-
I tre bambini di casa Chase uscirono alla velocità della luce dalle rispettive stanze.
La prima ad arrivare era come di consueto Annabeth, la piú grande. Gli occhi grigio tempesta scintillavano da sotto i suoi riccioli biondi che cadevano disordinati sulle spalle e la fronte sudata. Le maniche della maglia erano ricoperte di fango e i pantaloni erano strappati all'altezza del ginocchio. Sembrava essere caduta molte volte.
La sua matrigna lanciò un urlo appena la vide.-Che cosa hai combinato piccola sudicia marmocchia?!!-
-Oggi a scuola abbiamo giocato in giardino e sono inciampa...-
-Non mi interessano le tue scuse!!! Ora tu vai a farti una doccia e butti via quei vestiti, non sprecheró il mio tempo a lavarli!
Sparisci subito dalla mia vista!!-La piccola si voltò e camminò verso il bagno senza scomporsi.
Era ormai abituata a quelle scenate. Prima di chiudere la porta sentí il rumore dei piatti dei suoi fratellastri che probabilmente mangiavano.Annabeth non aveva passato un'infanzia facile; non sapeva nulla di sua mamma che, a detta del padre, l'aveva abbandonata poco dopo la sua nascita.
Il padre, nel frattempo si era risposato e aveva avuto due figli.
Erano due bimbi viziati e antipatici, e loro madre faceva di tutto per tenerli lontano da Annabeth. Non mangiavano insieme, non giocavano ne dormivano insieme. Annabeth aveva la propria stanza. Forse stanza non era la parola adatta da usare perchè si trattava dello sgabuzzino della scope. In tutto questo suo padre non aveva mai mosso un dito. Sembravano tutti cosí infastiditi della sua presenza.
Era strana, glielo dicevano tutti.
Una bambina dislessica e iperattiva e senza madre.
E non era nemmeno tutto.
Ogni tanto le capitavano cose piuttosto particolari.
Vedeva creature strane, ma lei non si spiegava nemmeno come.
Lo psichiatra aveva risposto che era una ragazza problematica, e aveva visioni e allucinazioni quando lei gli aveva raccontato di aver visto una donna-uccello che la voleva uccidere e che quando lei l'aveva colpita con un coltello, la mensa era saltata in aria lasciando solo una polvere rossa. Ovviamente nessuno le aveva creduto.
Era però di una intelligenza senza pari, e una capacità di memorizzare impressionante.
Essendo dislessica però non poteva leggere. Quando ci provava le lettere cominciavano a girare e muoversi facendole venire il mal di testa.
Finí di fare la doccia e si asciugò i capelli con l'asciugamano e si infilò il pigiama.
Entrò in quella che era ormai la sua stanza e stese il piccolo materasso. Il suo stomaco cominciava a brontolare.
Uscí per mangiare ma non trovò niente se non gli avanzi dei suoi fratellastri. Bevve un bicchiere d'acqua e se ne andò a letto aprendo la porta con un calcio.
Li odiava, li odiava tutti. Non ce la faceva piú.
Si alzò dal materasso e senza fare rumore e in punta di piedi controllò le camere da letto. Dormivano tutti.
Aprí l'armadio dove metteva i vestiti. Erano tutti sporchi, vecchi o bucati. Non gliene compravano mai di nuovi.
Entrò nella camera della matrigna e del padre e si infilò i vestiti nascosti sotto il letto.
Erano destinati a lei ma ovviamente non poteva metterli.
Si guardò allo specchio.
Erano dei jeans corti appena sopra le ginocchia, con degli stivaletti marrone chiaro e una camicetta bianca e blu.
Annabeth si chiese da dove fossero saltati fuori ma poi decise che non era importante. Doveva sbrigarsi. Prese uno zainetto e lo riempí con ben tre bottiglie di acqua e tantissime merendine. Stava per fare una pazzia. Ma non gliene importava niente, voleva andarsene, voleva scappare via. Uscí dalla porta e scese velocemente le scale.
Era notte fonda, cosí decise di rimanere nel palazzo, nascosta in una stanzina non molto lontana dalla porta principale. In quella stanzina c'era la portinaia di solito, ma Annabeth sapeva che di venerdì non c'era mai.
Si sistemó sotto il tavoli e utilizzò lo zaino come cuscino stando attenta a non spiaccicare le provviste, se ne sarebbe andata l'indomani.-Non ti arrendere Annabeth, sii forte e abbi coraggio-
La voce che aveva parlato apparteneva ad una donna dai capelli castani e dai profondi occhi grigi. I suoi occhi.-Mamma!!-
-Annabeth, ora devi andare, ma sappi, che io sono con te.
E con questo la donna se ne andò e tutto tornò buio.
Annabeth si alzò di scatto sbattendo la testa sul tavolo.
-Ahi!- sgusciò fuori dal suo nascondiglio massaggiandosi la testa dolorante e si avviò fuori.
Non sarebbe mai piú tornata in quel posto.
