Contro i pronostici

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Mentre correvano per il lungo corridoio del reparto di Pediatria, fra le lacrime di mamma e i tremori di papà, una voce profonda e premurosa li rassicurava dicendo loro che andava tutto bene. Era il dottore, mentiva cercando di calmarli. Dopo ore di attesa, finalmente un medico si affacciò alla porta e invitò mamma e papà a seguirlo nel suo studio privato. Li fece accomodare, poi inizio a parlare della mia malattia e delle sue cause. Mentre lui spiegava, mamma era pietrificata.
La malattia aveva debilitato il sistema nervoso, l'intera parte destra del mio corpo era paralizzata. Il medico non nutriva molte speranze in una ripresa, prevedeva che avrei trascorso tutto il resto della vita su una sedia a rotelle. Disse che in pochi, praticamente nessuno, riescono a tornare alla normalità.
Mamma si sedette per non cadere, mentre venivo ricoverata in pediatria. Lo interpretava come un castigo di Dio, continuava a incolparsi per aver donato il suo amore prima del matrimonio. Pianse per l'intero giorno e tutta la notte seguente. Le parole del medico continuavano a ossessionarla, secondo lui la paresi era stata provocata dal vaccino. La buona notizia era che il mio cervello non era rimasto lesionato. Quella brutta, che la polio aveva colpito tutti i tessuti muscolari, compresi quelli del viso. Probabilmente non sarei più riuscita a camminare, spiegò il dottore, e avrei perso anche l'uso della parola. Papà sosteneva che Dio non può condannare chi dona la vita, che l'amore non è mai un peccato. Le tese le braccia, voleva confortarla. Mamma rifiuto, non voleva essere consolata. Prese una sedia e rimase accanto al mio letto a singhiozzare, con il volto nascosto dalle sue bellissime mani affusolate. Lui tirò fuori un fazzoletto pulito e le asciugo il viso. Il pianto si faceva sempre più straziante. Papà si chinò sul mio letto, il corpo proteso in avanti, le mani strette senza forza tra ginocchia. Guardava assorto e stupito sua moglie scosse violentemente dai singhiozzi, le chiese se aveva sentito bene, se aveva compreso quanto detto dal dottore. Mamma replicò che aveva sentito benissimo, che per me non c'era più nulla da fare. Parlava con voce profonda e angosciata, come se stessi annunciando la mia morte. Gli occhi di papà si riempirono di lucciconi. Mentre il dolore si propagava dal cuore, le lacrime scendevano lasciando una scia lungo le guance.
Poi litigarono. Mamma si domandava cosa avrebbero pensato gli altri, e papà sbottò. Che importava quello che pensavano gli altri? Cosa c'era di umiliante nell'avere una figlia paralitica? Era di me che si dovevano preoccupare, non di loro stessi.
Mamma si tormentava con le dita i riccioli biondi, lui le prese la mano e alzò uno sguardo di perdono su di lei.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 03, 2015 ⏰

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