— Qual è il tuo nome, tesoro?
Il ragazzo parla, muovendo le labbra sottili, guardando intensamente la bionda che sta davanti a lui.
L'ha lasciata senza parole, la sua bocca è schiusa, le sopracciglia congiunte, la fronte aggrottata.
Non capisce esattamente ciò che vuole il ragazzo. Crede di aver capito male.— Puoi ripetere?
Chiede, leggermente disgustata dal riccio davanti a lei. La sua espressione è fredda, apatica, il suo volto manca di alcun tipo di emozione. Ha quell'apatia che mette il ragazzo a disagio.
Lui si muove, più imbarazzato, sulla sedia, lo sguardo di Lydia lo fa sentire fuori posto.— Ho chiesto come ti chiami, tesoro.
Ripete nuovamente. Fa un respiro profondo, mentre alcune chiazze di rossore si formano sul suo viso. Arriccia al naso. Non è a suo agio. I suoi occhi iniziano a lacrimare per l'agitazione, proprio come quando si irritano per il vento; sente la gola prudergli, sotto lo sguardo attento e freddo di Lydia, che lo osserva duramente con quei suoi pozzi gelati.— Non sono tenuta a dirle il mio nome. Cosa vuole ordinare?
Schiarisce la voce, sembrando di apparire più forte di come in realtà è veramente, per non farsi sottomettere da qualcuno. Lydia è sempre abituata a vincere, e non lascerà ad uno sconosciuto di avere il sopravvento sulle sue emozioni.— Portami una birra.
Risponde, scrolla le spalle. Usa parole informali, come se la conoscesse. La osserva, la scruta.
Può capire dai tratti contratti del suo viso che è una persona orgogliosa, risucchiata dall'oblio immane del disprezzo verso le persone.
Lei si gira, torna al bancone, e con forza solleva la manovella facendo scorrere la birra dentro al boccale in vetro. Le bollicine di essa esplodono in un rumore sottile e appena udibile, la schiuma si forma sulla superficie, come la rabbia sta incatenando il suo cuore in una gabbia invisibile di disprezzo verso il mondo. Grugnisce e alza gli occhi al cielo. Porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e porta il bicchiere nella mano tremolante.
Lo poggia pesantemente accanto alla sua mano, le dita per un attimo si sfiorano, un tocco impercettibile che quasi addolcisce i lineamenti duri del riccio, ma che ghiaccia ancora di più Lydia. Contrae la mascella, i muscoli sono tesi e le sopracciglia si uniscono. Il silenzio li pervade, li avvolge con una quiete irreversibile e inquieta; nemmeno una parola scappa dalle labbra di ognuno, solo respiri pesanti e occhi fissi duramente.
Quei pochi attimi in cui si guardano sono glaciali, e un sottile strato di imbarazzo rossastro prende forma sulle guance del riccio.— Ecco la sua birra.
Indifferenza. Continua come ha sempre fatto, spaventata da lui, e da quegl' occhi verdi che hanno scavato dentro di lei; si è sentita un corpo che non le apparteneva più, un'anima privata della sua purezza. Lui è entrato dentro di lei, colpendo quel cuore trasandato e incapace di amare.Il riccio la afferra e porta il bicchiere alle labbra; si sporcano del biancastro della schiuma, si bagnano di alcool e non c'è sensazione migliore di quel freddo che le inumidisce.
Lydia è tornata dietro al bancone indifferente, le labbra schiuse e rosee e le mani che tornano a maneggiare quello straccio insozzato dalla polvere e dalla sporcizia dei piatti. Carine la raggiunge, sfiora con la mano la sua schiena coperta dalla maglia che ha indosso e si mette accanto a lei. La guarda minuziosamente, osservando come i suoi movimenti siano più spigolosi e le spalle siano rigide e rigorose, ampie e sembrano quasi scalfite per quanto la loro forma sia perfettamente regolare e proporzionata.
— Tutto apposto?
Osa chiederle, circondando la vita esile e magra con un braccio; Lydia alza le spalle, affogando nell'indifferenza. Poi si stacca, i loro corpi sono troppo vicini e a lei non piace avere qualsiasi tipo di rapporto con le persone. Va verso il signor Dybe, che sta leggendo il giornale concentrato.
Le sue gambe chilometriche sono avvolte da dei jeans chiari che sembrano fatti su misura, e i suoi capelli, avvolti in una coda ordinata ma imperfetta, ondeggiano morbidi e sinuosi.Il riccio la fissa di soppiatto, finge di guardare il telefono ma i suoi occhi sono puntati su di lei. Carine si è accorta di quel giochetto, e il brivido della rabbia circola nelle sue vene, facendola innervosire e torturarsi le pellicine delle dita.
Lydia sembra vestita solo degli sguardi delle tre persone in quella stanza, non se ne accorge, e se anche lo facesse, non le importerebbe molto.
Si siede accanto al vecchio di colore, gli sorride e poggia una mano sulla sua stringendola in modo dolce. Il Signor Dybe sembra essere contento di vedere quella creatura così misteriosa e affascinante.
— Come stai, Lydia?
Gli chiede, sistemandosi gli occhiali che poco prima erano scivolanti fino alla punta del naso. Poi si copre meglio con la giacca marrone che lo avvolge e quasi lo sommerge. Sorride ancora.— Si va avanti. Ma lei come sta? E Karen?
Le sue labbra carnose si muovono sinuose e compatte, delicate e morbide, mentre le ciglia lunghe sbattono fra di loro rivelando il verde immerso negli occhi di lei.— Io sto più che bene, e anche Karen se la cava, è tornata ieri dall'ospedale. Il bambino è bellissimo, lo hanno chiamato Jacob, un nome troppo inglese nonostante siano africani entrambi. Ma mi piace.
I suoi occhi si velano di un luccichio, ricordandosi di quando il genero lo aveva chiamato per dirgli che la figlia avrebbe partorito di lì a poco.Harry ascolta attentamente i discorsi delle due persone al tavolo. Ma i suoi occhi sono per Lydia; osserva scrupolosamente quelle labbra soffici muoversi soavi, e viene quasi travolto dal suo fascino così freddo e misterioso. Tutto ciò sembra intimorirlo: lei sembra così piena di sé e con un carattere duro, così imponente davanti agli altri.
Ma sa che sotto la sua pelle si cela qualcosa di ben più profondo di semplice mistero e bellezza. Ed è questa la cosa che più lo spaventa. Vorrebbe strapparle quei vestiti di dosso e baciare ogni singolo centimetro della sua pelle, renderla sua per scoprire quale grande segreto custodisca nel suo inconscio, ciò che la turba e la fa paura. Vorrebbe scoprire quell'anima così pura e vergine, intrufolarsi nella sua testa e capire perché tutta quella freddezza.
Un po' come Carine.
Ora sta osservando lei; i suoi occhi sono incollati al suo corpo, fanno fatica a staccarsi, non può farne a meno.E in quella stanza c'è un gioco così avido e meschino di sguardi pungenti, in cui solo una persona non può perdere: Lydia.
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Adiaphora, hs
Random"E' un'apatia completa. Ti mangia il cuore, lo stomaco, fino ad arrivare al cervello. Nemmeno per le cose belle, dove una volta ti scoppiava il cuore dalla felicità, ti fanno effetto. Vuoto. Un vuoto profondo e basta" I diritti per la cover vanno tu...