Capitolo Uno

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Anche quella mattina solita routine: sveglia alle 6.30, messaggio da parte di mia madre nel quale mi avvertiva che la colazione era in frigo, scelta dei vestiti, doccia, uscita da casa e fermata dell'autobus per andare a scuola. Alla fermata dell'autobus c'era sempre la solita gente: la coppietta che non faceva altro che baciarsi per tutta l'attesa dell'autobus, il ragazzo che ripassava scienze, l'uomo sulla cinquantina in ritardo per il lavoro, la ragazza che si metteva il rossetto tutto il tempo e poi c'ero io, quella che indossava sempre e solo magliette della sua band preferita e con le cuffiette perennemente appiccicate alle orecchie, ad ascoltare musica rock o metal. Per me il rock era come la pace eterna. Appena iniziavo ad ascoltare i Metallica o i Led Zeppelin, il mondo non esisteva più e mi tuffavo in un mare di infinita tranquillità. Ovviamente non mi sono dimenticata lo stronzo che si sedeva sempre accanto a me alla fermata. Colui che era nato per mettere fine alla mia pace, facendomi venire istinti omicidi. "Kimberlee, sai per caso a che ora passa l'autobus?". "Kimberlee, sai che ore sono?". "Ehy sai se oggi la professoressa di storia interroga?". "Questi pantaloni mi stanno bene?". Queste sono alcune delle frasi che usava più spesso per torturarmi, mentre io avevo il volume della musica al massimo e, per rispondere alle sue domande dovevo per forza togliermi le cuffiette e ascoltare cosa aveva da dire. Non nego che ho provato ad ucciderlo con il pensiero, a volte... ma comunque sia, la prossima volta che mi picchietta sulla spalla per chiedermi qualcosa, mentre io sono nella pace totale con la mia musica, gli tiro un pugno in faccia.

L'autobus ci ha sempre messo più di venti minuti ad arrivare ma quel giorno aveva deciso di non passare proprio, quindi, presa dalla rabbia e da un istinto omicida verso tutti i conducenti degli autobus, decisi di arrivare a scuola a piedi, non vedendo altra opzione.

Camminando incontravo molta gente, solitamente. Ma quel giorno per strada non c'era nessuno. Era quasi inquietante. Poi, ad un tratto, girando l'angolo della strada, vidi uno strano ragazzo camminare davanti a me. Mi bloccai d'istinto, tentando di mantenere un po' di distanza tra di noi. Lo osservai meglio: indossava un paio di jeans scuri e sulla spalla aveva la custodia di una chitarra. Capelli lunghi e biondi. Mentre lo osservavo mi arrivò un messaggio sul cellulare e, visto che non avevo disattivato il volume, il suono si sentì molto forte. Lui se ne accorse e girò la testa verso di me, non si era accorto prima che dietro di lui c'era qualcuno. Mio Dio, gli occhi azzurri più belli che avessi mai visto prima. Non mi soffermai ancora di più a guardarlo, in quanto ero molto imbarazzata. Pensai, invece, a leggere il messaggio: "Oggi torni a casa per pranzo?". Era da parte di mia madre. Quel giorno era speciale, era il mio diciottesimo compleanno e pensavo di andare a pranzo fuori con i miei amici, quindi le risposi di no e le mandai un bacio. Io e mia madre eravamo l'esatto opposto: lei era la persona più gentile ed educata che abbia mai conosciuto. Si vestiva sempre con colori chiari e teneva i capelli sempre in ordine, acconciandoli in chignon o code di cavallo. Era la reincarnazione del modello di perfezione. E io invece vestivo sempre di nero, capelli disordinati e non ero propriamente una persona socievole. A scuola erano più le persone che non sopportavo di quelle che invece erano mie amiche. Molti  pensavano che fossi depressa, mentre invece era solo il mio modo di vivere.

Arrivata a scuola corsi dal mio migliore amico, Dave, che come tutte le mattine mi stava aspettando davanti alla fontana di scuola. "Kimberlee! Ci hai messo un'eternità ad arrivare, dov'eri finita?". Lo salutai con un bacio sulla guancia. "L'autobus non è passato e sono dovuta venire a piedi". Lui mi abbracciò per pochi secondi, poi mi porse una scatolina. "Buon compleanno". Sgranai gli occhi appena vidi che, all'interno della scatolina, vi era una collanina in argento con l'iniziale del mio nome. "O mio Dio, Dave! Non ho parole, è bellissima! Non avresti potuto farmi regalo migliore". Lui mi aiutò a mettere la collana e, insieme, entrammo a scuola. Dave Grohl era una delle persone che conoscevo da più tempo: ci eravamo conosciuti alla materna e da lì non ci eravamo più allontanati. Non eravamo mai stati fidanzati e all'idea di rovinare quella bellissima amicizia ci venivano i brividi. Oltre a lui c'era anche Jordyn Blum, che conoscevo dalla prima elementare ed era la mia migliore amica e Shelli Dilley, la ragazza di Dave e una delle persone più affidabili che conoscevo. Questo era il nostro piccolo gruppetto di amici. Io e Dave raggiungemmo le altre ragazze all'interno della scuola.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 14, 2015 ⏰

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