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Il 3 dicembre, morì mia madre, si chiamava Lucia, era una di quelle madri che trattano le proprie figlie come se fossero oggetti preziosi, ma senza viziarli, una di quelle donne giovani che non si abbattono mai, avevamo un gran rapporto...

Come è morta?
Bhe, si è suicidata dopo che suo marito, mio padre, ci ha abbandonato per scappare con la prima troietta migliore di mamma, l'unica cosa che ci ha lasciato è stato il suo orologio, senza alcun valore...

Io sono stata portata dai miei nonni di nome Jhon e Marina Blood.
Hanno una casa enorme, a cinque piani, cosa da brividi, ma penso nascondi qualcosa di misterioso e che io devo assolutamente scoprire.

Ah, che sbadata, io mi chiamo Ingrid Jonson, ho 14 anni e vado in prima superiore. Non ho molti amici ma quelli che ho mi bastano e avanzano.
Poi nella mia vita c'è anche un ragazzo, ma lui non mi conosce, lo vedo sempre in autobus, ma non penso si sia mai accorto di me, per lui sono trasparente come un fantasma. Si chiama Alex White, ha un sorriso bellissimo, poi a quei suoi occhi color nero, ma è un nero particolare.

La mia vita è come un brodo di verdure, non si capisce cosa ci sia dentro.

Alle ore 16 bussano alla porta, io mi alzo dal divano e vado ad aprire, la persona che mi ritrovo davanti è molto strana, ha una giacca che arriva ai piedi color nocciola, un cappello e degli occhiali da sole (non capisco a cosa gli servano, dato che è buio fuori).
Appena apro mi rivolge subito la parola chiedendomi:
-sei tu Ingrid Jonson?-
Io stupita rispondo di si, e poi tutto ad un tratto mi ritrovo in una stanza completamete bianca, con dei carrelli contenenti siringhe, fiale, e addirittura coltelli. Completamente spaventata, la prima cosa che mi viene in mente da fare è cercare di liberarmi dalle corde con cui mi hanno legato, ma non si allentano, ad un tratto mi ricordo di quando mia mamma prima di suicidarsi mi aveva regalato un coltellino svizzero che mi ero messa nella tasca dei pantaloni, e da lì non l'ho più toccato, e per puro caso erano proprio quei pantaloni. Presi il coltello e senza fare molto rumore iniziai a tagliare le corde. Dopo un paio di minuti eccomi libera!
Ha un certo punto mi trovo davanti Alex... Non capisco cosa ci stia facendo lì, ma mi piace vederlo, anche se non è proprio il momento giusto per parlarci, ma il momento giusto per scappare. Per uscire usiamo la porta di sicurezza ma appena tocco la maniglia di metallo, nella mia testa iniziano a vagare immagini mai accadute, immagini passate. Appena lascio la presa tutto ritorna normale, e continuiamo a correre.

Fede

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