•Capitolo secondo.

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                                                        12 giugno 2013
'Caro Diario,
oggi mi sono recata con la mia famiglia nella casa dove trascorreremo l'estate, in un piccolo villaggio vicino al mare. In questo momento mi trovo nascosta fra gli scogli ed è splendido: l'unico rumore che percepisco è quello delle onde che si scontrano con l'enorme scoglio ai miei piedi, e nessuno riesce a vedermi, probabilmente mi trasferirò qui sotto. Ultimamente non ho molta voglia di ascoltare le parole della gente, infatti giro solo con le cuffiette, mi innervosisco col nulla, sono svogliata...non so cosa mi stia accadendo, ma la tranquillità che trovo in questo nascondiglio mi fa scordare tutto, come se per qualche minuto mi scollegassi dal mondo.'
Mi tornano subito in mente le emozioni che mi ha sempre suscitato quel luogo, come mi aiutasse a disconnettermi da tutto, e colta da un lampo di follia decido di recarmici.
La casa al mare non è poi così lontana e, pescata dall'armadio una felpa grigia, mi avvio silenziosa e a passi svelti, evitando le domande dei miei genitori. Durante il mio tragitto sono accompagnata dal fruscio delle foglie pronte a cadere, confermando l'inizio dell'inverno. L'inverno che ho odiato da tre anni a questa parte, perché mi ha sempre impedito di rivederlo, di trascorrere del tempo con Lui, data la distanza.
Attraverso il ponticello e scavalco il muretto che mi separa dalla spiaggia, battendo i denti per il fortissimo vento che si sta scatenando. Mi tolgo le scarpe e poggio i piedi sulla sabbia fredda, iniziando a camminare a occhi chiusi: respiro il profumo del mare e osservo la spiaggia vuota, solitaria e silenziosa per poi dirigere la mia attenzione alle potenti onde che si creano ripetutamente.
Velocemente mi muovo in direzione della scogliera e mi infilo nel mio piccolo rifugio, lontano da tutto e da tutti; avvicino le ginocchia al petto e prendo il diario, percependo immediatamente una sensazione di benessere.
'È accaduto però un fatto strano: di punto in bianco ho avuto la sensazione di essere osservata da qualcuno. All'inizio non ci ho fatto caso, ma dopo un po' di tempo ho alzato la testa e ho iniziato a guardarmi intorno, cercando di motivare la mia stranissima sensazione. Non mi stavo sbagliando: un ragazzo mi osservava incuriosito a parecchi metri di distanza, cercando di non dare nell'occhio. Era completamente impossibile vedermi, probabilmente lui conosceva questo nascondiglio, e ho subito pensato di dare fastidio. Invece no, continuava a fissarmi dal suo asciugamano senza dire nulla, finché i suoi amici non hanno catturato la sua attenzione.
Una lacrima calda mi attraversa il viso, il ricordo di quel pomeriggio si fa strada nella mia mente. Alzo lo sguardo e fisso insistentemente un punto di fronte a me, e spero con tutto il cuore che Lui appaia all'improvviso e che inizi a sorridermi.
Non riesco a capacitarmi del fatto che non mi vuole più, che per Lui sono stata solo uno svago, che per me non c'è più.
Chissà dov'è adesso, chissà se immagina che io sono qui, disperata. Chissà se verrà a prendermi. Scaccio quei pensieri tristi, ricordandomi la promessa fatta: non parlarne e non pensarci più.
Sembrano trascorse ore quando decido di alzarmi, indolenzita, per farmi strada fra gli scogli e riprendere la strada verso casa prima che faccia buio. Mi infilo gli auricolari e cammino distratta contando i passi come mi è solito fare, un vizio che non riesco a reprimere, tanto mi distrae dal mondo esterno. E fidatevi, il mondo sa essere davvero crudele quando si tratta di me.
Un esempio? Se non mi fossi messa quelle maledette cuffiette e non avessi cominciato a contare i passi, al settantanovesimo non sarei stata di certo presa in pieno da uno stronzo con lo skate che sfrecciava in tutta velocità nella mia direzione. E così, mentre un attimo prima camminavo tranquilla, un attimo dopo giacevo a terra col fondoschiena dolorante cercando di reprimere un istinto omicida.
Mentre provo a rimettere a posto le idee, sperando di essere in uno di quei romanzi in cui lui si rivela un figo assoluto, e quindi la botta sul sedere può anche essere sopportata, luna mano con lunghe unghie smaltate di nero si allunga per aiutarmi, e scopro una ragazza dai capelli corti e corvini sorridermi con aria di scuse. Sorrido di rimando e afferro la mano, sollevandomi nonostante il dolore atroce, e immediatamente la sua voce riempie l'imbarazzo che si stava creando:
-Scusami tantissimo! Non ti avevo vista, e questo aggeggio è nuovo per me, spero tu non ti sia fatta troppo male.-mi guarda notevolmente dispiaciuta e leggo la desolazione nella sua voce, neanche mi avesse appena messa sotto con un tir.
-Stai tranquilla, mi dispiace per il tuo skate però: non che me ne intenda molto, ma quell'ammaccatura lì davanti non mi pare di averla mai vista negli altri modelli...- La vedo soffocare una risata nervosa, assicurandomi che il danno è minimo e non c'è da preoccuparsi.
-Frequenti la Smith II high school vero?-
-Si, come lo sai?-chiedo sorpresa- cioè...non ti ho mai vista in giro per i corridoi.- non mi preoccupo di essere scortese, ho avuto delle giornate orribili e il mio umore è pessimo.
-Mi sono trasferita con i miei cugini circa un mese fa ed è da poco che ho cominciato le lezioni, ma ho avuto più di un'occasione di vederti- sorride ancora, questa ragazza ama decisamente troppo sorridere per i miei gusti- Oddio, che stupida, non mi sono neppure presentata...mi chiamo Amy, piacere di conoscerti!
-Alyson, piacere mio..ora, se vuoi scusarmi dovrei...- cerco immediatamente una scusa per riuscire a tornare a casa e riprendere a crogiolarmi nella mia tristezza, ma lei pare non sentirmi:
-Ti va di venire a casa mia? Cioè, casa dei miei cugini, ma non me ne vorranno se porto a casa una sconosciuta che ho investito con lo skate- esclama sorridendomi entusiasta- ah sì, non accetto un no come risposta! Andiamo, vieni!
Mi tira per il braccio per qualche metro prima di lasciarmi e creare un altro silenzio imbarazzante. Camminiamo per diversi minuti in silenzio, non sapendo cosa dire. Non pensavo potesse essere possibile, è così estroversa questa ragazza! Decido di prendere l'iniziativa, puntando su l'unico argomento che non mi è chiaro:
-Ti sei trasferita con i tuoi cugini? E la tua famiglia?- domando curiosa, non riuscendomi a trattenere.
-Beh, i miei genitori sono divorziati e sono figlia unica. Diciamo che in seguito alla separazione dei miei, mia zia ha deciso di accogliermi sotto la sua ala proponendomi la Smith, una delle migliori scuole di Miami, e quindi un trasferimento dai miei due cugini, per essere più vicina alla scuola. Mia zia e mio padre lavorano insieme, e viaggiano in continuazione, perciò ad entrambi è sembrata una giusta scelta, anche perché i miei cugini sono maggiorenni ed abbastanza responsabili.-La storia mi lascia notevolmente sorpresa, facendomi riflettere sul fatto che personalmente preferirei essere impiccata piuttosto che andare a vivere coi miei cugini, perciò devono davvero essere in buoni rapporti. Fortunati loro.
Tra una chiacchiera e l'altra arriviamo di fronte ad una piccola casa accogliente, tuttavia poco distante dalla mia, e la mia nuova amica emette un verso di lamento quando vede un'auto parcheggiata in cortile, borbottando qualcosa di incomprensibile. Mi volto a guardarla e lei esclama:-ero convinta di essere a casa da sola, invece mio cugino ci tormenterà probabilmente tutto il tempo!- sbuffa rumorosamente battendo un piede a terra.
-oh, andiamo! Non sarà poi così terribile questo cugino di cui parli..- la guardo con occhi incuriositi mentre apre la porta, sussurrando:-anche peggio!- facendomi ridere appena. Dopo tanto tempo la mia risata suona più un lamento di un animale ferito, ma la ragazza sembra non farci molto caso mentre mi invita ad entrare.
La seguo nell'abitazione scrutando ogni minimo dettaglio di quella piccola casetta ordinata e affascinante, finché un particolare attira la mia attenzione. Un particolare con solo un asciugamano legato in vita che si sta avvicinando a noi con fare divertito e una strana luce negli occhi. Più si avvicina più mi rendo conto della notevole somiglianza con Lui, eccetto il colore degli occhi. È una persecuzione! Non appena decido di dimenticarmene, sbuca fuori dal nulla il suo sosia dannatamente figo. Non appena mi sorride, perdo un battito.
-ciao, Cam.- esclama la mia nuova amica, con sguardo impaziente.
-cuginetta cara, se le tue amiche sono tutte così, perché non le porti a casa più spesso?- mi squadra dalla testa ai piedi, ammiccando.
-Oh andiamo, va' a vestirti invece di flirtare con qualsiasi cosa possieda un buco!
Mi sarebbe piaciuto intervenire chiedendogli di rimanere così, assicurando che non dava (assolutamente!) alcun fastidio, ma non mi sembrava di certo il caso; così l'osservai fare una smorfia ad Amy e tornarsene in salotto scompigliandosi la chioma castana bagnata dopo la doccia.

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