Il primo incontro

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Era un normale pomeriggio d'estate e Francis stava giocando tranquillamente sul pavimento della piccola capanna di legno.

A una persona che fosse entrata in quel momento nell'edificio sarebbe potuto sembrare un semplice bambino di tre, quattro anni, senza niente di particolare (a parte forse l'estrema ambiguità dei gesti che faceva compiere ai suoi piccoli soldatini intagliati).

La realtà però era ben diversa: lui era infatti la personificazione della Francia, o per meglio dire, della Gallia, com'era conosciuto all'epoca.

All'improvviso qualcuno bussò alla porta. Il piccolo sobbalzò, sorpreso, prima di posare i suoi giocattoli e avvicinarsi titubante all'ingresso e mormorare: "Chi è?"

Da fuori la voce di un uomo rispose: "Non preoccuparti, Francis, sono i..."

Prima che riuscisse a finire però la porta si spalancò e ne saltò fuori il bambino, a dir poco raggiante.

"Impero Romano! Sei venuto a trovarmi!" Esclamò mentre lo abbracciava.

L'uomo sorrise, accarezzandolo dolcemente sulla testolina bionda, e rispose: "Ma certo. Te l'avevo promesso, no? E ho anche una sorpresa..." Detto questo, si voltò e, sotto lo sguardo curioso di Francis, si rivolse ad un arbusto: "Su, Arthur, vieni qui."

Non accadde nulla.

"... Daaaiii... Non essere timido..."

Francis stava iniziando a domandarsi perché il suo tutore stesse parlando con una pianta, quando improvvisamente il suddetto vegetale si mosse come dotato di vita propria. Il bambino trasalì, chiedendosi come ciò fosse possibile, prima di vedere un ciuffo di capelli biondi come il grano spuntare tra le foglie.

Incuriosito, gli si avvicinò e, sotto lo sguardo perplesso di Impero Romano, provò a tirare quella ciocca dorata per vedere cosa sarebbe successo.  La risposta arrivò in fretta: una vocina piuttosto arrabbiata infatti strillò: "Ahi!", cogliendolo di sorpresa abbastanza da farlo indietreggiare di qualche passo. Subito però Francis  si riaccostò al cespuglio, spostandone i rami e rivelando così un bambino di circa due anni che si stava massaggiando la testa, borbottando nel mentre qualcosa che suonava più o meno come "You git... How dare you...". Quando però si accorse di essere osservato ammutolì, sollevando la testa e rivelando così due occhi incredibilmente verdi, che incatenarono Francis con il loro sguardo cauto e indagatore, che stonava non poco su quel viso giovane e innocente.

I due bambini rimasero così a fissarsi negli occhi, immobili, in un gioco di sguardi in cui il verde scivolava nell'azzurro e il cielo rincorreva la terra, cercando inutilmente di  raggiungerla...

... finché non vennero interrotti  da Impero Romano che, raggiunti i due piccoli, fece le presentazioni: "Ecco, lui è Gallia, altrimenti chiamato Francis, mentre quest'altro piccoletto di nome Arthur è la mia nuova provincia, la Britannia". L'uomo si aspettava che i bambini gli rispondessero, anche solo a monosillabi, ma quando vide che non succedeva e che il silenzio stava diventando imbarazzante (soprattutto visto che i due si stavano scrutando a vicenda ignorandolo bellamente) scoppiò a ridere senza un motivo preciso, attirando l'attenzione su di sé e dicendo: "Bene! Mi sembra che andiate d'accordo, per cui io vado, ché ho delle cose da fare, e vi lascio qui a giocare".

Tuttavia, vedendo che si accingeva ad andarsene davvero, Arthur fu preso dal panico e gli si aggrappò alle gambe, pregandolo di restare e iniziando a piangere.

A quel punto l'uomo, intenerito, si fermò e inginocchiandosi iniziò accarezzarlo lentamente per calmarlo, cercando di confortarlo: "Ssh... Non piangere... Non starò via per molto, e poi ci sarà il fratellone Francis con te, va bene?"  A quelle parole Arthur si voltò verso l'altro bambino, notando di essere l'oggetto del suo sguardo e asciugandosi immediatamente le lacrime, senza riuscire però a evitare che un leggero rossore gli coprisse le guance.

Impero Romano sorrise e prendendo in braccio il piccolo lo portò da Francis, facendo a entrambi una carezza prima di voltarsi e partire, non senza salutarli.

Essi rimasero a fissare per qualche minuto il punto in cui era sparito, fino a quando il francese prese improvvisamente la mano dell'altro facendolo sussultare. Arrossendo pesantemente, Arthur borbottò: "What are you d- Ehi!". Francis aveva infatti iniziato a trascinarlo verso la casetta nonostante le sue proteste e i suoi tentativi di liberarsi.

Una volta all'interno però il britannico rimase molto sorpreso: da quell'allegro bambino con gli occhi azzurri e i capelli del color del sole, vestito con una tunica bianchissima (e sicuramente all'ultima moda negli ambienti dell'aristocrazia), si sarebbe aspettato una casa ricca ed estremamente decorata, degna di un nobile, non certo la semplice capanna da contadino che gli si parava ora davanti...

I suoi pensieri vennero interrotti di colpo proprio da Francis che gli si parò davanti, invitandolo ad entrare. Arthur lo seguì, titubante e vagamente a disagio, per poi notare i soldatini abbandonati sul pavimento. Nel prenderne uno in mano, sentì l'altro domandargli: "Ti va di giocare con me?".

Il britannico fece per rispondere ma, alzando lo sguardo, si accorse che il francese gli si era avvicinato, abbastanza da poterlo toccare se solo avesse allungato la mano, e arrossì, limitandosi così a mugugnare: "Ah... uhm..., i-io n-non saprei..."

Notando la sua indecisione, Francis lo prese per il braccio, iniziando a scuoterlo e dicendo: "Daaaaiii~ Che cosa ti costa..."

A quel punto Arthur, diventando ancora più rosso di quanto già non fosse, iniziò ad agitarsi e gridò: "L-la-lasciami andare!!!"

Vedendolo in quello stato il francese, passato lo stupore, sorrise leggermente e fece come gli era stato chiesto, non senza lamentarsi ovviamente.

"Umpf. Come sei permaloso... e hai delle sopracciglia stranissime..."

"N-non è vero!" rispose subito l'altro, punto sul vivo.

"Invece si! Sembrano due bruchi!"

"Ah sì? E... e allora... e allora tu sembri una rana!!!"

"Bugiardo!"

Andarono avanti in quel modo tutto il pomeriggio, discutendo, lanciandosi frecciatine e divertendosi (sebbene nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso).

Così, quando alla fine Impero Romano tornò, li trovò distesi su una stuoia, uno accanto all'altro, sfiniti dopo il pomeriggio passato a rincorrersi.

Gli dispiacque davvero svegliarli per prendere Arthur e riportarlo a casa, ma non aveva scelta. Anche i due sembrarono assai sorpresi e delusi dal fatto che la giornata fosse già finita e dovessero separarsi così presto. Si salutarono tristemente, continuando a fissarsi anche mentre l'uomo se ne andava con il britannico a spalle e chiedendosi se si sarebbero rivisti in futuro.

Erano ancora giovani e inconsapevoli del loro ruolo del mondo, disinteressati alle guerre di conquista e alla politica, spinti uno verso l'altro dalla pura curiosità e, forse, anche da qual cos'altro che non erano ancora in grado di capire.

Ma soprattutto, erano ancora ignari di ciò che il fato aveva in serbo per loro.

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