London

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LONDON:

L'aereoporto era come me lo immaginavo,grande,affollato e...grigio. Stavo per avere un attacco d'asma,me lo sentivo,ma non era il momento,volevo assolutamente riabbracciare il mio vecchio più di ogni altra cosa al mondo. La sua faccia ruvida per la corta barba,dalla quale cominciavano a spuntare fili argentei,la sua pancia grossa e calda,sulla quale da piccola mi rannicchiavo mentre mi leggeva il solito libro di storie,che ormai avevo imparato a memoria,ma che mi regalava preziosi momenti;non dimenticai affatto le sue enormi braccia che mi stritolavano con delicatezza al suo ritorno a casa dopo il lavoro,le sue gambe cicciottose e tanto comode sulle quali mi addormentavo a sei anni tutte le sere. Non ho ricordi negativi su di lui,a parte quella mattina,quando quello stupido capo di quella stupida azienda in cui lavora mio padre gli disse di fare le valigie e partire il giorno stesso,senza neanche un preavviso. Bastardo. Se mai lo incontrerò nella vita lo riempirò di insulti fino alla morte,ovvio,dopo che mio padre sia andato in pensione.

Prese le valigie e usciti da quell'inferno chiamammo un taxi per andare alla nostra futura nuova casa...per lo meno non era un appartamento ed aveva un bel giardino,già che avrei dovuto passare i due anni più terribili della mia esistenza.

La cosa che mi fece rincuorare un po' e tornare il sorriso fu l'aggiunta di un nuovo membro alla famiglia.

Si chiamava Jack,il cucciolo di alano che i nuovi colleghi di mio padre gli regalarono come benvenuto.

Papà!!!” esclamai appena vidi l'enorme e goffo omone corrermi incontro.

Amore! Sarà passata solo una settimana,ma mi siete mancati tutti tantissimo” disse,abbracciandoci tutti e tre con le sue enormi braccia.

Mia madre aveva gli occhi lucidi per la felicità e mio fratello Edward cominciò come al solito a parlare di calcio con mio padre,aggiornandolo sulle ultime novità.

Intanto io feci il giro della casa con la mamma,un po' stizzita per il disordine creatasi in quella settimana e sistemando qualche camicia sparsa qua e là.

Un aspetto positivo del trasloco era la mia nuova stanza,tutta mia,non più costretta a dividerla con Ed che l'aveva tappezzata di poster di calciatori di cui ormai conoscevo tutti i nomi.

Questa era grande,le pareti color ciclamino,un grande letto ad una piazza e mezza regnava al centro della stanza. In un angolo c'era una scrivania con una lampada da lettura e con lo spazio per mettere il mio portatile,infine,di fronte al letto,c'era il grande armadio che avrei riempito con tutti i vestiti che sicuramente mia madre mi avrebbe comprato il giorno dopo.

La casa aveva due piani,quello superiore con la stanza mia e di mio fratello e il nostro bagno,mentre il piano terra con la cucina,la camera dei miei,il loro bagno ed il salotto.

Stavo per entrare in camera di Ed,quando vidi sopra di me una maniglia appesa al soffitto. Penasi subito che fosse una specie di soffitta polverosa,non mi esaltava molto l'dea di entrarci,ma ero un po' spinta dalla curiosità. Cominciai a saltellare come una cretina per cercare di raggiungere quella maledetta maniglia e quando finalmente ci riuscii feci forza per tirare giù la scaletta che conduceva all'interno della stanza.

Una volta dentro rimasi un po' delusa. Per mia fortuna non c'erano ragni e ragnatele,ma non c'era neanche niente di così esaltante. Il soffitto basso,le pareti color crema e tanti,tanti,tanti libri,penso di mio padre,e anche fascicoli e varie cartacce del lavoro.

Scesi indifferente e mi rifugiai in giardino su una piccola panca accanto ad un salice piangente molto bello,che mi ricordava un po' gli alberi del grande giardino della mia vecchia casa. Cominciai a ripensare al discorso fatto con mia madre due giorni prima. Le promisi che avrei cercato un lavoro in qualche bar tanto per tenermi occupata,quei pochi giorni a Londra,cosa volete che siano 700 giorni su per giù.

Mio fratello invece,che aveva già provato a studiare qui,decise di continuare gli studi per diplomarsi in fretta e chiudere definitivamente con la scuola.

Non me ne ero resa conto arrivando,ma guardando meglio notai che il quartiere era pieno di Lamborghini e Ferrari e ville molto belle,simili alla nostra. Dovevano appartenere a qualche riccone della città o,addirittura,a qualche personaggio famoso della Tv,ma con la mia sfiga era impossibile.

La pace regnava nell'aria,si sentiva solo il leggero fruscio delle foglie per la brezza e il chiassoso stereo di una villetta davanti alla nostra. Volevo andare a dire ai proprietari di abbassare un po' la musica. Già che il cielo e il tempo erano decenti volevo godermi un po' di tranquillità.

Sono sempre stata una ragazza molto solitaria e introversa,una di quelle ragazze che non danno mai nell'occhio e che si isolano sempre dal mondo,ma quando qualcosa o qualcuno rompeva il mio piccolo mondo di cristallo,il MIO mondo,mi arrabbiavo sul serio. Sarò chiusa,impacciata,imbranata,mezza pazza,ma non mi faccio intimidire da niente e nessuno,c'è...non proprio...diciamo che con i ragazzi è diverso.

Decisa e leggermente infastidita dal graduale aumento del volume della musica mi fiondai fuori dal cancelletto verso la casa che conteneva quella macchina infernale. Riproducesse almeno bella musica!

Attraversai la strada,attenta a non farmi investire da una delle tante auto da corsa che ogni tanto sfrecciavano di lì,e bussai con tutta la forza che avevo sulla porta della casa dello sconosciuto chiassoso.

In un primo momento non mi aprì nessuno,probabilmente perchè non mi aveva sentito,poi ritentai e con mio grande sollievo sentii diminuire la musica.

Improvvisamente mi ricordai che ero appena arrivata da un viaggio ed il mio sguardo scivolò sui miei vestiti. Terribili.

Indossavo una felpa di mio fratello,che a me stava abnorme,,di quelle grigie,grandi e sbiadite che ti fanno sembrare più piccola di quello che già sei,sotto avevo un paio di leggins grigio scuro che usavo per andare a “correre”,anche se appena potevo mi sdraiavo sull'erba a dormire,ed infine ai piedi avevo un paio di vecchie all-star bianche un po' consumate.

Però mi ricredetti sui miei abiti,non erano la cosa peggiore paragonati alla mia faccia. Non avendo uno specchio,la tastai e feci un paio di calcoli per cercare di capire in che stato era. Sentii sotto il palmo della mano le mie guance,di solito rosee e paffute,poi la feci scorrere sotto i miei grandi occhi azzurri,un po' socchiusi per la stanchezza,e notai subito delle leggere fossette sotto ed ai lati,erano di sicuro le occhiaie.

Giusto quando stavo passando tra le mani i miei biondi capelli per domarli un po',vidi la porta di fronte a me aprirsi. Mi sembrò che la mascella si fosse staccata dalla faccia e fosse caduta a terra per lo stupore.

Tell me you're coming with meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora