Lo scontro

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DAL LIBRO PRECEDENTE :

- Stai attenta – dissero in coro mio padre e Lasko.

- Anche voi.

Così dicendo, mandai Aster verso il confine tra la terra di Delon e Gornia.

Non sapevo se li avrei mia più rivisti. In quel momento, però, dovevo rimanere concentrata su quello che dovevo fare: dare loro tempo per farli arrivare a Grelm.

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Quando arrivò l'alba, ero già tra il confine della terra di Gornia e le Terre del Delon. Averle viste dall'alto facevano meno paura che in quel momento.

Quando arrivai, il cuore mi batteva a mille nel petto. Solo un enorme portone mi divideva da Mordred.

- Io sono la Regina Jane Pendragon, Sesta discendente di Re Andress, signora e imperatrice di Nardor. – mi presentai.

I portoni magicamente si aprirono.

Scesi da Aster e gli ordinai di rimanere fuori.

Appena varcai il portone, esso si richiuse immediatamente dietro di me.

Estrassi subito Excamandir.

Appena feci il primo passo, una ventina, o forse più, di Renak mi furono subito addosso senza che me ne accorgessi.

Mi legarono le mani dietro la schiena, mi spinsero verso la torre e mi portarono in cima.

Quella torre era molto più alta di quella di Gloidron. Contai i gradini, come mio solito. Conto finale: 2001

Appena arrivammo in cima, Mordred si affacciava dall'unica finestra che c'era in quell'enorme stanza. La stanza sarà stata grande quanto una sala da ballo. 

I Renak dissero qualcosa che non capii, Mordred fece un cenno con la testa e questi se ne andarono, liberandomi le mani.

- Vostra Altezza, quale onore. È un piacere avervi nella mia umile dimora! – cominciò Mordred.

- Vedo che non vi siete vestito da funerale, Mordred.

- Avete ragione, ma sono sicuro di non fare molti schizzi. State tranquilla. Vi strapperò il cuore dal petto senza che ve ne accorgiate e senza versare una goccia del vostro sangue reale.

- Vediamo se ne sei capace. A quanto sembra, tu sei bravo solo a parole. – dissi.

Cercavo di fargli perdere il controllo.

- Sapete bene che ne sarei capace. Sapete perché vi ho fatto venire qua, Jane? – chiese.

- Perché se sei in difficoltà, chiami i rinforzi? – dissi ironicamente.

- Voglio farti vedere quanto so essere gentile, quando voglio.

- Gentile? Tu? Fammi il piacere! E in che cosa saresti gentile? Strapparmi il cuore dal petto senza sporcarti? Non sembra una cosa così cortese.

- No, volevo solo farti vedere il mio castello, poiché quando vi avrò uccisi tutti, tutta Nardor sarà così!

- Mister Gentilezza è arrivato. Ti ringrazio, ma ne potevo fare anche a meno. E ora, se non ti dispiace, combattiamo? – chiesi.

- Sei ansiosa di morire a quanto vedo.

- No, sono solo stressata da come mi hai accolto.

- Perdona i miei servi. – così dicendo prese fuori una spada che non avevo mai visto.

La lama era nera, il manico era di un blu elettrico con uno zaffiro come pomolo.

Mi attaccò prima lui, io parai e mi spostai.

Iniziammo a girare in cerchio lungo la sala. Cercavo un posto per metterlo alle strette.

Non riuscivo a trovare nulla che mi fosse d'aiuto e questo era un grosso problema.

Lui aveva più possibilità di vincere perché, come si usa dire, giocava in casa. Conosceva bene la stanza e poteva avere più possibilità di uccidermi.

Continuammo a lottare per un po' ed io schivai fendenti, assalti e affondi.

Mentre lottavo, non facevo altro che pensare a Lasko, a mio padre e ai Lomion. Mi chiedevo se fossero già tornati a Grelm. Mi chiesi come stesse Merry, come stessero Fanlyss, Lippeo e Verune e come stessero Diana e Flyin.

Mentre combattevamo, notai che Mordred, ogni tanto, guardava fuori dalla finestra.

- Che c'è? Non sai dove guardare? Stai aspettando qualcuno o qualcosa? – chiesi quando me ne accorsi, vedendo che lo faceva spesso e volentieri.

- Veramente sì. Aspetto il segnale di Bianco che mi dica che i tuoi amichetti sono arrivati. Sai, ci sarà una bella sorpresa ad aspettarli.

- Che sorpresa? – iniziai a preoccuparmi.

- Lo scoprirai.

A quelle parole non ci vidi più dalla rabbia.

Lo attaccai con tutta la mia forza.

- Dimmelo Mordred!

Non combattevo seguendo uno schema, ma tiravo dei colpi a caso. Ero come una bambina che non sapeva ballare e non andava a tempo con la musica. Ero così arrabbiata che non mi accorsi di quanto fossi diventata vulnerabile.

Sfortunatamente, me ne accorsi troppo tardi. Con un assalto, che non calcolai, mi graffiò la coscia della gamba su cui m'ero appoggiata. Caddi in ginocchio, lasciando andare la spada, per prendermi la coscia. La gamba bruciava, ma quello che mi faceva più male era sapere che i miei compagni, i miei amici, i miei soldati e soprattutto la mia famiglia, erano in pericolo.

Ero in ginocchio e Mordred si trovava davanti a me. Guardai fuori dalla finestra e un segnale rosso apparve nel cielo. Io caddi a carponi per il male. La gamba non mi tenne più in piedi.

- Volevi sapere cosa ho preparato per i tuoi amichetti? Mentre noi lottavamo, Bianco stava aspettando il ritorno dei tuoi compagni al castello, per poi attaccarlo subito dopo. Senza di te, le loro difese sono nulle. – disse e scoppiò in una fragorosa risata.

Io stavo rodendo dalla rabbia.

- La povera piccola leonessa è caduta in una trappola. Povera piccola. Ora morirete tutti. – mentre parlava, mi scese una lacrima.

"Scusatemi. Se morirete, sarà solo colpa mia. Non avrei mai voluto coinvolgervi in questa storia. Mi dispiace." pensai.

"Resisti un'altro po', figlia mia. Stiamo arrivando."

Mi rispose una voce femminile nella mia testa.

La sua voce era candida, dolce e fresca. Naturalmente, anche se l'avevo sentita solo due volte, la riconobbi subito.

- Spero che tu abbia detto addio a tua figlia, perché non la rivedrai più.

Mi arrabbiai ancora di più. Nessuno doveva toccare mia figlia.

Con la mano sinistra mi avvicinai alla spada e la impugnai. Aspettai che mi desse le spalle e che fosse dietro di me. Non appena fu nella posizione giusta, mi alzai di scatto, cercando di trattenere il male. Sfortunatamente, l'effetto sorpresa non funzionò molto.


Cronache Di Una Storia Infinita: L'ultima BattagliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora