L'oscurità rimbombava del suo respiro e del battito del suo cuore, che le macellava il petto come Faccia di Cuoio con le sue vittime. Si sentiva stordita, la testa le doleva e la nausea le stava dando il tormento. I postumi della sbornia c'erano tutti, ma Silvia era sicura di aver bevuto solo mezzo bicchiere di quel cocktail che... pensare, in quel momento, era logorante quanto la soluzione di un sudoku. Tuttavia, era convinta di una cosa: non stava sognando. Per un istante, si era aggrappata a quell'illusione per non crollare di fronte alla vulnerabilità della consapevolezza . Se non fosse stato per lo smarrimento iniziale, Silvia non avrebbe sprecato tutto quel tempo a capire di essere immobilizzata.
In quel silenzio innaturale, sentiva il lieve tocco delle palpebre e la posizione in cui era il suo corpo le trafiggeva le spalle con delle fitte terribili. Le braccia erano sollevate sopra la testa e i polsi legati insieme; un bavaglio le fasciava la bocca fin dietro la nuca.
Non riusciva ad individuare nessuno spiraglio di luce intorno a sé, sapeva che era tarda sera ma almeno la luna... non c'erano finestre, fu la logica deduzione che ne trasse. Snervata da quella cecità che le impediva di capire dove fosse, Silvia strizzò ripetutamente gli occhi fino a quando riuscì a mettere a fuoco lo spazio circostante. Il limitato campo visivo che le si stagliava davanti era costellato di sagome dalla forma pressoché quadrata, impilate una sopra l'altra in colonne che sfioravano delle travi conficcate nel soffitto. C'era qualcosa di familiare in quelle ombre, qualcosa che le dava la sensazione di essere già stata lì. Aveva bisogno di altri dettagli per orientarsi, le suggerì il cinico avvocato che era in lei.
Mentre ruotava la testa quel tanto che le consentivano le braccia, Silvia iniziò a tremare. Si rese conto di quanto facesse freddo, quando il respiro le si tramutò in una nuvoletta di vapore.
La mente riprese a funzionarle a dovere e, alla fine, iniziò a ricordare. Qualcuno era stato da lei quella sera, qualcuno con cui avrebbe fatto sesso. Guardare in alto le avrebbe procurato delle vertigini, ma doveva farlo.Silvia sollevò la testa e la scoperta le crollò addosso come una secchiata d'acqua fredda. La catena, che l'ancorava al soffitto, era la chiave di un gioco sadomaso a cui non si sarebbe potuta sottrarre. Si trattava solo di questo? Silvia chiuse gli occhi e scosse il capo. Non poteva lasciarsi andare, doveva liberarsi dalla paura. Mentre tentava di riacquistare il controllo di sé, la sua mente analitica iniziò ad accostare squarci di ricordi, per ricomporre il rebus delle sue ultime ore. Doveva fare appello a tutta la sua determinazione per analizzare con il giusto distacco la situazione e chiamare a raccolta il maggior numero di dettagli.
I suoi pensieri, però, si dissolsero come impronte sulla sabbia al passaggio del vento, quando i suoi occhi, che erravano in quello spazio oscuro, si arrestarono sull'angolo più distante. C'era una figura laggiù, una sagoma diversa dalle altre, una sagoma dalle sembianze... umane. Silvia fu travolta da una paura folle che le sgomberò la testa da parte a parte. Non le scappò alcun suono, neanche il vagito più fiacco. Era incapace di concepire suoni non meno di quanto fosse capace di formulare pensieri. I muscoli delle gambe, fino a quel momento tesi come cavi elettrici, le si sciolsero in qualcosa simile all'acciaio fuso e cedettero, lasciandola sospesa in un vuoto mentale e fisico.
Silvia non aveva idea di quanto tempo indugiò in quello stato di incredulità, paralizzata ma cosciente, come un insetto nella tela di un ragno. Le sembrò un'eternità. I secondi sfilavano lenti come in un corteo funebre, non riusciva a distogliere lo sguardo da quella figura mimetizzata dall'oscurità. La cosa che la spaventava di più era la sua immobilità. Chiunque fosse, sostava statico in quell'angolo, tanto che un pensiero consolatorio emerse nella sua testa: era solo frutto della sua immaginazione. Non poteva essere Ombra, quella figura era più bassa e più snella di lui, doveva indubbiamente trattarsi di un'illusione ottica. Non c'era nessuno lì, a parte lei.
Silvia si alzó, ansimando per la sofferenza e rassegnandosi con una smorfia alla fitta pungente che avvertiva alle spalle. Stava per domandarsi che fine avesse fatto Ombra, quando la sagoma si mosse.