Capitolo 2: La mia strada

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Alzo il volume della musica sull'Ipod, lo porto al massimo, non voglio ascoltare nessuno. Non vorrei poi, correndo, incappare per errore in qualche discorso che non mi appartiene.

Mentre corro, però, non posso astenermi dal vederli gesticolare, muovono tutti le labbra e le braccia così concitatamente, tentando una comunicazione con il prossimo. Non ho bisogno di sentire le loro parole per avere la certezza di cosa trattino i loro dialoghi. Sicuramente ognuno parlerà di se stesso. Tutti non vogliono far altro che sfogare le proprie ingiustizie parlando col prossimo. Raccontare il proprio, non dando importanza a quello che l' altro voglia dire.
Parlano, blaterano, spiccicano inutili parole, dando l' impressione, a chi li osserva e li ascolta da lontano, di assistere ad un dialogo composto da vari botta e risposta. Pura illusione. Ognuno non fa altro che recitare il proprio monologo. Solo ed unicamente un monologo.
Io non parlo, corro.

A volte mi chiedo se davvero per poter giungere a una tanto agognata felicita' bisognerebbe smetter di pensare. Penso che una mente pensante, raramente sarà anche una mente felice.

Chiarisco subito che non intendo la drastica fine di qualsiasi attività' cerebrale, ma quantomeno a una sua sensibile diminuzione. Non mi dispiacerebbe a volte poter spegnere il mio continuo flusso di pensieri, così da rendere la mia vita meno ansiosa e con meno aspettative verso me stesso. Non vi nego, che passerei volentieri alcune giornate rintanato nella spessa coltre di ipocrisia dove vive e si mimetizza buona parte degli italiani, quel loro nascondiglio gli permette di accettare questo Stato senza prendere nemmeno in considerazione l' unica cosa che attualmente sarebbe da fare: una rivoluzione. Calma, non intendo la rivoluzione vista come una messa a ferro e fuoco di intere città, ma basterebbe che ognuno iniziasse a vivere le sue giornate non inseguendo semplicemente i suoi egoistici obiettivi, ma pensando, ogni qualvolta si trovi a compier un azione, se quel gesto vada o meno a danneggiare il prossimo o l' ambiente che lo circonda. Se tutti noi pensassimo questo, prima di compiere qualsiasi passo, si farebbe più di una semplice "rivoluzione". Molto di più. Si cambierebbe l'animo umano.

Anche per oggi la mia corsa quotidiana è terminata, mi avvicino al portone di casa con il fiato corto, la maglietta madida di sudore e le gambe che non fanno altro che implorarmi un divano o qualsiasi altro riposo possibile. Infilo le chiavi nella toppa, e il secco rumore della serratura che si apre mi fa quasi già udire lo scroscio dell' acqua del bagno che mi aspetta, una sensazione fantastica, unica.

Entro in casa, mi tolgo le logore scarpe da ginnastica, e subito si estende per il mio corpo un forte senso di piacere. Apro la porta del bagno, entro, mi avvicino alla vasca e apro al massimo il getto d' acqua calda. Mentre la vasca si riempie, posso lentamente spogliarmi gettando i panni sporchi dove capita, tappezzando il bagno. Ho sempre amato l' acqua, fin da piccolo mia madre doveva pregarmi per convincermi a uscire dalla doccia. Questo elemento per me significa pace, tranquillità e una delle poche cose che riesca a farmi rilassare davvero è un bel bagno caldo. Ho sempre ritenuto che l' unico momento di vera intimità che una persona possa vivere sia strettamente collegato con questo magnifico elemento. Ma ogni cosa a suo tempo.

Mi avvicino alla vasca ricolma di acqua calda, a tal punto da far appannare il vetro dell' unica finestra presente in bagno e il grande specchio dietro al lavandino. Lentamente cercando di assaporare al massimo questo momento mi immergo fino a non lasciar unicamente la testa fuori. Una sensazione stupenda. Non mi sto semplicemente togliendo di dosso le fatiche della corsa, ma sento nel totale rilassamento riemergere ricordi che pensavo fossero ormai sommersi nei meandri della mia mente, invece no, a quanto pare sono sempre stati in me, e ora tornano a farsi vivi. Pezzi di me. Pezzi della mia strada. Frammenti che riemergono.
Di colpo sembra come se la mia mente mi scaraventasse di forza contro qualcosa che pensavo di aver rimosso...ed eccomi li, semi immerso nell'acqua perso a rimuginare nella mia vita...

Non posso dire di aver vissuto una situazione famigliare semplice. Per quanto io ricordi, in casa mia fino a che io non avessi avuto intorno ai 10 anni, vi era un clima familiare sereno e le discussioni tra i miei genitori potevano contarsi sulle dita di una mano. In quei momenti non avrei mai potuto sapere che tutta quella pace e quei sorrisi, negli anni a seguire, sarebbero stati solo ricordi e mi sarebbero mancati da morire. Le famiglie dei miei compagni di scuola ricalcavano la stessa armonia che vedevo nella mia, e mai avrei pensato che la "bomba" sarebbe scoppiata a breve. Molto a breve. Gli anni preadolescenziali, sono stati l' inferno, e non esagero nel definirli così. A casa, dopo la scuola, mi riportava il padre di Andrea, un mio compagno di classe che abitava vicino a me, ma appena mettevo piede in casa iniziava la parte più difficile della mia giornata, e dovevo iniziare a sopportare le continue grida che mia madre sfogava su mio padre che, comunque, raramente alzava la voce. Spesso per poter rendere sopportabili quelle liti, prendevo l' unica via a me accessibile per poter entrare in una bolla ed estraniarmi da tutto. Dicevo ai miei che mi sarei andato a lavare, cosa che i miei genitori neanche ascoltavano essendo troppo impegnati nel sputarsi addosso veleno, fatto sta, che riempivo la vasca di acqua e una volta riempita quasi del tutto, ci immergevo il mio corpo, appena mi abituavo alla temperatura dell' acqua prendevo fiato e univo anche la testa a quell'immersione, circondandomi completamente di quel magnifico elemento. Questa era la mia unica via d' uscita. L' unica che mi permettesse di sperare, anche solo per pochi attimi, che non esistesse più nulla. Se non io e soltanto io. Niente grida, niente di niente. Ero in pace. I rumori mi apparivano ovattati, l' acqua mi proteggeva da quelle grida che mi facevano tanto male. Mi difendeva. Avrei voluto esser una creatura marina così da non dover esser obbligato a riemergere per respirare. Li' sotto, l' unico suono che mi accompagnava era il continuo e martellante battito del mio cuore e il rumore del silenzio. Ero solo con me stesso.
Nessun altro elemento potrà mai darmi questa intimità.

Questa situazione andò avanti per molti mesi, finché ad un certo punto le grida e i lanci di oggetti si placarono. Non ricordo precisamente quando e come, ma solo che tutto si placò, come una forte raffica di vento che smuove inizialmente i lunghi rami di un albero, per poi al suo passaggio, lasciarli inermi e immobili. Dalle grida si passo' al silenzio, e dal silenzio a un tacere devastante. Non so dirvi quale delle fasi per me sia stata più dolorosa, ma vedere tutto ciò, anzi, partecipare attivamente a questo teatrino, penso mi abbia per sempre segnato. Naturalmente quasi subito dopo la caduta del silenzio, i miei si separarono. Io avevo solo 15 anni.
Mia madre sopportò per anni prima di divorziare, e quando lo fece, potei tornare a scorgere una luce nei suoi occhi, luce che era stata eclissata ormai da troppo tempo.

Subito dopo il divorzio, mia madre, mi confessò come per anni non aveva fatto altro che pensare e desiderare la separazione. Non mi vietò mai di veder mio padre, anzi lei stessa era la prima che voleva che tra noi si mantenesse un bel rapporto. Non voleva crescessi senza un padre, ecco cosa lessi nelle su parole. Una grande donna.

Tempo dopo, appena mia madre mi considerò abbastanza grande per poter sapere, mi disse la causa che spense l' amore e diede l'inizio alla guerra tra loro. Mio padre aveva tradito mia madre. Fino a quel momento, naturalmente io spinto dalla mia curiosità ma anche impaurito dalle risposte che avrei potuto ricevere, le chiedevo spesso cosa avesse potuto portarli a questa decisione così netta. Cosa mi rispondeva ogni volta lei? "Nella vita le persone mutano. Sia in bene, ma anche e soprattutto in male". Ecco le parole che mi ripeteva ogni volta, liquidandomi velocemente. Nelle sempre più rade volte nelle quali vedevo mio padre, un pò per timore e perlopiù per mancanza di confidenza, non mi azzardavo mai a far certe domande. Anche se, adesso come adesso non posso negare di non esser curioso di sapere come avrebbe potuto reagire, ma soprattutto cosa avrebbe potuto rispondermi ad una domanda del tipo: " Come mai vi siete separati tu e mamma?". Vabbè. Comunque, io seppi tutto pochi giorni dopo il mio diciottesimo compleanno, mia madre appena rientrai a casa dopo una giornata di scuola mi disse, aspettandomi seduta sul divano in salotto, di mettermi seduto ed ascoltare le sue parole. Appena finì di parlare, notai nei suoi occhi una scintilla diversa, e sul viso sembrava le fosse sceso come un velo a spianare le leggere rughe che le contornavano gli occhi. Si era tolta un peso, lo si poteva vedere nitidamente. Non nego, che già dai miei 14/15 anni io già sospettassi che la causa di tutto fosse quella, o quantomeno una cosa simile. Ma appeni ebbi l' ufficialità uscita dalle labbra di mia madre, non mi vergogno nel dire che non ho più potuto guardare mio padre con gli stessi occhi di prima. Non potevo non vederlo sotto una luce differente. Tradendo mia madre aveva tradito me, NOI, quella famiglia felice che eravamo, prima che facesse tutto quello che aveva fatto.

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