Prologo+ Capitolo 1- Quello che non mi uccide, mi fortifica.

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"PAPÀ."

Un grido.

Un lamento disperato, angosciante, che riecheggia in questa stanza.
Rimbomba, nel mio cuore, il sussurro di un pianto incontrollabile.

Straziante.

La mia paura è insaziabile, si ciba delle mie emozioni, della codardia, del tremore di due occhi spenti e velati di una malinconia, che é amara.
Vorrei poter scappare lontana da tutti, scacciare l'inquietudine, e correre per raggiungere un mondo, imperturbato e invincibile.

Ma so che tutto ciò non è sensato, oppure è quasi impossibile.

"Clara, é solo un sogno. Uno stupido sogno, cazzo!"

E ora lo sento.
Sento, ma non ascolto.
La voce lontana di qualcuno che mi è accanto, ma comunque distante.
La voce che il cuore non riconosce.
La voce di un ricordo stracciato e calpestato ripetutamente da un urlo improvviso e violento.

Non è un sogno.
Percepisco l'insieme di tutti i pensieri che danneggiano la mia mente.
E così mi perdo, barcollo.
Cado.

Rialzati.

Cado.

Rialzati.

Mi ritrovo qua, in un mare di eterna confusione, a capire se combattere per quello che amo, ne valga veramente la pena..

Capitolo 1 - Quello che non mi uccide, mi fortifica.

Vivere non è nient'altro che ricordare.

Ed io volevo ricordare senza ritegno, né rimpianti.

Coprii il capo con un cappellino, nonostante Siviglia mi ricordasse a malincuore un calore che non ricevevo da tempo. Mi guardai allo specchio, e come sempre due scure e profonde occhiaie marcavano i miei occhi stanchi.
Ero in condizioni a dir poco pietose.
Percepii un'aria piuttosto strana quel giorno.
Quel  12 settembre così  distante da me.
Mi sembrava tutto fin troppo monotono. Desideravo soltanto che la mia vita prendesse una svolta.

"Jesus, sai per caso dove siano  i miei auricolari?" 

Domandai a voce alta scendendo rapidamente le scale, per poi inciampare su di una scarpa e ritrovarmi distesa a pancia in giù sul pavimento.

Odio tutti. 

Una risata interruppe tutto il silenzio che mi si era creato intorno.
Riuscivo ad immaginare  la sua espressione divertita senza neanche il bisogno di avercelo di fronte ai miei occhi.

Mi alzai leggermente per poi fulminarlo con lo sguardo.

Si avvicinò a passi lenti e in seguito mi porse una mano, invitandomi a stringerla per poter  aiutarmi, almeno apparentemente, ma quando avvicinai la mia mano alla sua, lui la ritiró di scatto, scoppiando in un'altra fragorosa risata.

"Stronzo !"
"Pagliaccia, dove vai conciata così." ridacchió di gusto mio fratello, deridendomi, come era suo solito fare.

"Jesús, smettila di essere così infantile."

Una voce dolce e profonda cessò le risate di Jesús, il quale si voltò per guardare il fratello appena subentrato alla vicenda. Era Daniel.

I gemelli Oviedo. Dalla bellezza indescrivibile.
Impeccabili, intelligenti e a dir poco perfetti; Jesús e Daniel erano miei fratelli, e oramai  riconoscerli per me era diventato naturale, nonostante l'apparente difficoltà nel distinguerli.
Daniel era un fratello protettivo e molto premuroso. Era un ragazzo estremamente gentile, e mio padre diceva spesso somigliasse caratterialmente alla mamma.
Jesús, invece, era l'esatto opposto. Ribelle, freddo e contorto. Tre aggettivi che entravano in contrasto con Daniel e la sua vita. Jesús é sempre stato molto egocentrico; dopotutto le ragazze non gli mancavano mica. Era bello ed estroverso, e due dita di testa ce le aveva.

" Schopenhauer sosteneva che l'uomo fosse come un pendolo che oscilla tra noia e dolore. Peccato che secondo me tu rimarrai bloccato eternamente alla noia" disse Jesus schernendo il fratello che sollevò un sopracciglio osservandolo da cima a fondo.

" Basta parlare di filosofia e aiutatemi."
"Tu a quanto pare sorellina rimani bloccata al dolore" sorrise Jesús che mi alzó d'improvviso.

" Da quando studi?" gli domandai schernendolo.
" Da quando ti sono cresciute le tette?"
" Ma sono piatta." affermai, guardandomi il petto con sguardo triste.
" Appunto" rise di buon gusto mentre io gli dieci uno schiaffetto sulla spalla, imbronciata.

"dai, andiamo a fare colazione" disse Daniel  scompigliandomi e capelli e dirigendosi in cucina.

Decisi di dargli retta e, non appena lo raggiungi, sistemai velocemente tre tazze sul tavolo. Daniel inizió a scaldare il latte, e poi prese dal frigo tre mele.
" dov'è il tuo zaino?" mi chiese cercando con lo sguardo l'oggetto.
"L'ho lasciato di sopra" brontolai  abbandonando i miei amati biscotti al cioccolato nella busta.
Mi alzai dalla sedia ma non feci in tempo ad uscire alla cucina che Jesús entró appoggiando il mio zainetto blu vicino alla porta.
"Grazie... " sussurrai sorpresa dal gesto fin troppo cortese da parte sua.
"hmm" disse per poi spegnere  il fuoco del fornellino. Versò il latte nelle tazze sul tavolo, e prese dalla credenza zucchero e nestquik.
Jesús si fermó all'improvviso.
"Che avete da guardare?"

Io e mio fratello lo fissavamo attentamente. Era fin troppo strano.

"L'ho fatto così non arrivavamo in ritardo" affermò deciso prendendo il suo cellulare che aveva appoggiato sul tavolo.
"Sperando che "quella" ti cambi per il meglio..." Sussurrò Daniel con un sorriso sulle labbra facendomi l'occhiolino.
"Ma ti sei fidanzato??!!" Chiesi sorpresa; in quella casa ero sempre l'ultima ad informarsi su tutto.
"Dai Clara, prendi le tue cose e andiamo" mi disse Daniel, ignorando la mia reazione. Sbuffai scocciata e seguendoli nella strada che ci portava a scuola.

Io E I Miei Due Fratelli~GemeliersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora