CAPITOLO 1

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La luce questa mattina è perfetta. Guardo dentro l'obiettivo della mia Canon. Clic. Lo stretto di Puget è ricolmo di colori - rosa,giallo,blu - e per una volta il vento è calmo. Le onde lambiscono dolcemente la barriera di cemento ai miei piedi,sono rapito dalla bellezza che ho davanti.
Clic.
Mi volto a sinistra e vedo una giovane coppia passeggiare lungo il marciapiede. La Alki Beach di Seattle è praticamente deserta a quest'ora, fatta eccezione per alcuni temerari e per chi - come me - soffre d'insonnia. La
giovane coppia si sta allontanando, mano nella mano,entrambi si sorridono; punto l"obiettivo e...clic. Ingrandisco sulle loro scarpe da ginnastica e sulle mani intrecciate e scatto altre foto, apprezzando il loro momento intimo sulla spiaggia.
Inspiro l'aria salmastra e osservo lo Stretto ancora una volta, mentre una barca con le vele rosse scivola dolcemente sull'acqua. Il sole sta cominciando a spuntare all'orizzonte, e sollevo la macchina fotografica per immortalare il momento.
"Ma che cazzo stai facendo?".
Mi giro al suono di quella voce arrabbiata e mi ritrovo a fissare due occhi azzurri che riflettono la luminosa acqua del mattino.
Sono incorniciati da una faccia a dir poco infuriata.
Non è semplicemente arrabbiato; è furioso.
"Come scusa?",dico con voce stridula quando ritrovo la parola.
"Ma perché non potete lasciarmi in pace e basta?". Lo stupendo sconosciuto - e,credetemi,davvero stupendo! - davanti a me ribolle dalla rabbia e d'istinto faccio un passo indietro, iniziando a infuriarmi anch'io con lui. Ma che cazzo stai facendo?
"Guarda che non ti stavo disturbando",rispondo,felice che la mia voce ora sia più forte,in preda alla rabbia, e faccio un altro passo indietro. È chiaro che il Dio Greco dagli occhi azzurri che ho di fronte è uno sviato. Purtroppo lui fa un passo in avanti e inizia a prendermi il panico.
"L'ho capito che mi stavi seguendo. Pensavi che non me ne sarei accorto? Dammi la fotocamera". Tende la mano,e io rimango a bocca aperta. Mi porto subito la macchina fotografica al petto e l'abbraccio con fare protettivo.
"No". La mia voce è sorprendentemente calma e voglio guardarmi intorno per cercare una via di fuga, ma non riesco a smettere di fissare quegli occhi infuriati color del mare.
Deglutisce e socchiude gli occhi, respirando profondamente.
"Dammi quella cazzo di fotocamera e non sporgerò denuncia per molestia. Voglio solo le foto". Ha abbassato la voce, ma è ugualmente minaccioso.
"Non puoi prenderti le mie foto!". Ma chi diavolo è questo tizio? Mi giro per mettermi a correre ma mi afferra il braccio, voltandomi e cercando di prendermi la fotocamera. Inizio a urlare, non riesco a credere che mi stiano rapinando a due passi da casa mia. A quel punto mi lascia andare e appoggia le mani sulle ginocchia, piegandosi in avanti e scuotendo la testa. Le sue mani stanno tremando.
Si può sapere che diamine gli è preso?
Faccio un altro passo indietro, pronto a scappare, ma lo sconosciuto, rimanendo a testa china alza una mano e dice "Aspetta".
Dovrei scappare. Veloce. Chiamare la polizia e far arrestare questo pazzo furioso per aggressione, ma non mi muovo. Torno a respirare normalmente, il panico sparisce, e per qualche motivo non credo che mi farà del male.
Già, sono sicuro che anche le vittime di tutti i serial killer pensino la stessa cosa,prima di essere uccise.
"Ehm,stai bene?",gli chiedo mentre mi rendo conto che sto ancora stringendo la fotocamera al petto. Rilasso i muscoli delle mani e inizio ad abbassarle quando lo sconosciuto alza la testa di scatto.
"Non mi scattare nessuna foto", mi dice con voce bassa e controllata, anche se sta ancora tremando e respirando come se avesse appena corso la maratona.
"Va bene, va bene, non ti scatto nessuna foto. Metto il tappo all'obiettivo ". Faccio come ho detto,senza distogliere lo sguardo da lui,che mi osserva le mani con attenzione.
Accidenti.
Fa un respiro profondo e scuote la testa, mentre io gli do un'occhiata più approfondita. Wow. Viso stupendo, mascella squadrata,barbetta ispida e quei profondi occhi azzurri. Ha i capelli color oro,scompigliati. È alto,molto più alto del mio metro e settanta, magro e con le spalle larghe. Indossa un paio di jeans e una maglietta nera, ed entrambi abbracciano il suo corpo snello in tutti i punti giusti.
Cavolo. Dev'essere uno spettacolo senza niente addosso. Ironia della sorte, vorrei farlo posare per me.
Mi guarda dritto negli occhi, e mi accorgo che ha un che di vagamente familiare. Ho la sensazione che dovrei riconoscerlo,ma non mi viene in mente chi possa essere.
"Ho bisogno che tu mi dia la fotocamera, per favore".
Dice sul serio? Ha ancora intenzione di
rapinarmi?
Mi scappa una risata e finalmente distolgo lo sguardo,alzando la testa. Quando li riapro vedo che mi sta fissando.
Mi ritrovo a sorridere mentre gli dico "Te la sogni la mia fotocamera".
Inclina la testa e socchiude gli occhi. Mi si chiude lo stomaco davanti a quello sguardo intenso e mi rimprovero in silenzio da solo. Non farti eccitare dal sensuale rapinatore mattutino!
"Non te la do,la mia fotocamera. Si può sapere chi ti credi di essere?". Adesso sto alzando la voce e mi congratulo con me stesso.
"Lo sai chi sono".
La sua risposta mi confonde, e lo fisso ancora una volta, sforzandomi di capire chi è. Ho la sensazione che dovrei riconoscerlo, ma poi scuoto la testa.
"No,non lo so".
Solleva un sopracciglio,e con le mani sui fianchi sfodera un sorriso smagliante, mettendo in mostra denti perfettamente bianchi. Ma quel sorriso non raggiunge gli occhi.
"Andiamo, tesoro,basta con i giochetti. O mi dài la fotocamera o cancelli le foto,e ognuno se ne potrà andare per la sua strada".
Perché vuole le mie foto? All'improvviso capisco: deve aver pensato che gli stessi facendo delle fotografie.
"Ascolta,tesoro,non ho nessuna foto di te qui dentro", gli rispondo.
Socchiude di nuovo gli occhi e il sorriso sparisce. Non mi crede.
Faccio un passo verso di lui. Fisso intensamente quei profondi occhi azzurri e parlo molto chiaramente "Io. Non ho. Nessuna foto. Di te. Nella mia. Fotocamera. Non fotografo le persone".
Sento avvampare le guance,e abbasso lo sguardo per un attimo. "E che cosa stavi fotografando?". Parla con voce piatta ora, sembra confuso.
"L'acqua, le barche", dico indicando il paesaggio.
"Ti ho vista puntare la fotocamera verso di me mentre ero seduto su quella panchina". Indica una panchina dietro di me.
È vicina a dove ho scattato le foto della coppia che si teneva per mano. Prendo di nuovo la fotocamera e lo vedo irrigidirsi,ma lo ignoro, accendo la macchina fotografica e cerco le foto che teme lo ritraggano. Mi metto accanto a lui,e il mio braccio sfiora il suo: riesco a percepire il calore emanato da quel corpo sensuale. Mi costringo a non pensarci.
"Ecco,queste sono le foto che ho scattato". Giro lo schermo verso di lui e gli faccio vedere tutte le foto. "Vuoi vedere anche le altre?"
"Si" dice in un sussurro.
Gli mostro le foto dell'acqua, del cielo,delle barche,delle montagne. Non posso fare a meno di apprezzare il suo fresco profumo mentre guarda con attenzione ogni singola foto, prendendosi il labbro inferiore tra pollice e indice. La sua fronte è corrugata.
Dio se è eccitante!
Ho scattato più di duecento foto stamattina, così ci vogliono alcuni minuti per mostrargliele tutte. Arrivati alla fine, alza lo sguardo, e riesco a vedere il suo imbarazzo. Non sono sicuro,ma sembra quasi triste.
Il cuore mi inizia a battere all'impazzata quando mi sorride, un sorriso che scaccia via la tristezza. Potrebbe sciogliere i ghiacciai con quel sorriso, porre fine alle guerre, risolvere la questione del debito pubblico.
"Mi dispiace".
"Fai bene ad essere dispiaciuto". Spengo la fotocamera e inizio ad allontanarmi.
"Ehi,mi dispiace davvero".
"Devi sentirti proprio al centro del mondo se pensi che tutti quelli che se ne vanno in giro con una fotocamera ti stiano scattando delle foto". Continuo ad allontanarmi, ma lui mi ha già raggiunto.
Perché è ancora qui?
Si schiarisce la gola. "Posso chiederti come ti chiami?"
"No" ribatto.
"Ehm,perché?". Sembra confuso.
Accidenti, io sono confuso.
"Non dico il mio nome a chi tenta di rapinarmi".
"Rapinarti?". Si ferma di botto e mi afferra il braccio, costringendomi a fermarmi. Guardo la sua mano,e poi alzo di nuovo lo sguardo e lo fisso dritto negli occhi.
"Lasciami". Ubbidisce subito.
"Non sono un rapinatore".
"Hai cercato di rubarmi la fotocamera. Come ti definiresti?".
Riprendo a camminare, ma mi accorgo che sto camminando nella direzione opposta a casa mia. Merda.
"Ascolta, non volevo rapinarti. Ti vuoi fermare un attimo?". Si ferma di nuovo, si mette le mani sulla faccia e mi guarda. Lo affronto, con le mani sui fianchi e la fotocamera appesa al collo inoffensiva.
"Non so chi tu sia"
"È ovvio",dice abbozzando un sorriso. Sento un vuoto allo stomaco, e non posso fare a meno di sperare di rivedere quel suo grande sorriso di prima. Il fatto che io non lo conosca sembra divertirlo, ma a me sta facendo imbestialire. Dovrei forse riconoscerlo?
"Perché sorridi?", gli chiedo,ritrovandomi a sorridergli anch'io.
Mi squadra da cima a fondo, guardando i miei capelli scuri raccolti alla meno peggio in una bandana,la maglietta rossa consumata, i jeans,i fianchi e le gambe, prima di tornare a guardarmi negli occhi. Il suo sorriso si fa più ampio e mi si ferma il respiro. Wow.
"Sono Louis". Mi tende la mano e io la guardo,non fidandomi ancora del tutto di lui, e poi alzo di nuovo lo sguardo. Alza un sopracciglio, come se mi stesse sfidando,e mi ritrovo a stringergli la mano.
"Harry".
"Harry",ripete lentamente, osservandomi la bocca mentre mi mordo il labbro inferiore. Fa un respiro profondo e mi guarda di nuovo negli occhi.
Mamma mia,quant'è bello.
Ritraggo la mano e abbasso lo sguardo, non sapendo che altro dire e non capendo bene perché mi trovi ancora qui con lui.
"Io...devo andare ora", balbetto, d'un tratto agitato. "È stato...interessante conoscerti,Louis". Comincio a giragli intorno per incamminarmi verso casa, ma mi si para davanti.
"Aspetta,non andare" si passa una mano tra i capelli "Mi dispiace davvero tanto. Lascia che ti offra la colazione".
Mi guarda accigliato,come se non avesse voluto dirlo davvero, ma poi la sua espressione cambia,e diventa piena di speranza.
Digli di no,Haz. Vai a casa. Torna a letto. Be'. . . a letto con Louis. . .
Corpi sudati,lenzuola attorcigliate,la sua testa tra le mie gambe,il mio corpo che si contorce mentre vengo. . .
Smettila!
Scuoto la testa,cercando di scacciare quella fantasia, e mi ritrovo a dire "No grazie, devo andare".
"Tua moglie ti sta aspettando a casa?",chiede,lanciando un'occhiata al mio anulare senza la fede.
"Ehm,no"
"Fidanzata?"
Abbozzo un sorriso "No".
Si rilassa. "Fidanzato?"
Mi scappa da ridere."No".
"Bene". Mi fa di nuovo quel sorriso accattivante,e voglio con tutto me stesso dire di sì a questo bellissimo sconosciuto, ma il mio buonsenso mi ricorda che può essere pericoloso: non lo conosco, e per quanto sia stupendo, è pur sempre uno sconosciuto.
Io,più di chiunque altro, dovrei saperlo,che gli sconosciuti possono essere pericolosi.
Quindi ignoro il formicolio in mezzo alle gambe, abbozzo un sorriso e gli dico nel modo più educato e convincente possibile: "Grazie lo stesso. Buona giornata, Louis".
Ovviamente, mi esce fuori una frase sussurrata.
Merda.
Lo sento mormorare "Buona giornata, Harry" mentre mi allontano a passo svelto.
Mi affretto a raggiungere casa,sentendo gli occhi di Louis che fissano il mio formosissimo sedere finché non svolto l'angolo. Ho il cuore a mille,e non voglio far altro che essere al sicuro, a casa mia,lontano da rapinatori da sorriso sensuale. Il mio corpo non risponde in questo modo a un uomo da tantissimo tempo,e anche se è una bella sensazione, Louis è davvero troppo...Wow.
Entro in casa e chiudo a chiave la porta d'ingresso. Vengo guidato dal mio olfatto fino in cucina. Jules sta preparando la colazione! "Ciao,Haz,fatto delle belle foto stamani?". Con mio grande piacere,la mia migliore amica Jules sta preparando i pancake e sento l'odore del bacon nel forno. Appoggio la fotocamera sul ripiano della penisola e mi siedo su uno sgabello.
"Si,è andata bene stamani",rispondo. Mi chiedo se debba raccontarle di Louis. Jules tende ad essere una romanticona,e probabilmente starebbe pianificando il nostro matrimonio prima della fine della conversazione,ma è l'unica persona a cui io confidi tutto,quindi perché no? "Ho fatto delle belle foto. Ah,e mi hanno quasi rapinato...mattinata tranquilla, niente di che".
Faccio un sorrisetto mentre Jules si gira e lascia cadere a terra un pancake.
"Cosa? Stai bene?"
"Tutto bene. Un tizio si era infuriato perché pensava che lo stessi fotografando" gli descrivo l'incontro,e quando finisco mi sorride dolcemente.
"Sembra che tu abbia fatto colpo,amico mio!".
"Be' chi se ne frega. È solo un tizio qualunque".
Jules alza gli occhi al cielo e torna a preparare i pancake. "Potrebbe essere un tizio qualunque, ma se è così attraente come dici,saresti dovuto andare a fare colazione con lui".
"Sarei dovuto andare a fare colazione con il rapinatore super attraente?",le chiedo,incredulo.
"Non fare tanto il drammatico!" Jules gira il bacon,poi mette altra pastella sulla piastra. "Da quello che hai detto è stato molto carino".
"Si,quando ha smesso di cercare di rubarmi la mia costosissima fotocamera è stato un vero gentiluomo".
Jules si mette a ridere, e non riesco a non sorridere anch'io.
"Che impegni hai per oggi?"
Lieto del cambio d'argomento, aggiro la penisola e inizio a riempirmi il piatto di roba squisita "Ho un servizio fotografico a mezzogiorno, e devo fare delle consegne questo pomeriggio. Devo cercare in tutti i modi di fare un pisolino ora".
"Non sei riuscito a dormire neanche stanotte?" mi chiede Jules.
Scuoto la testa. Non dormo mai facilmente.
Mi rimetto a sedere sullo sgabello e prendo un morso di bacon.
Jules si siede accanto a me "E tu?"
"Be',dato che è martedì,immagino che oggi andrò a lavoro"
Jules è una consulente finanziaria di successo, con un ufficio nel centro di Seattle. Non potrei essere più orgoglioso della mia migliore amica: è intelligente, bellissima e affermata.
"Dobbiamo guadagnarci da vivere",dico mentre divoro i deliziosi pancake,poi sciacquo entrambi i nostri piatti e carico la lavastoviglie.
"Faccio io",dice Jules avvicinandosi,ma la scaccio via con un gesto.
"No,tu hai cucinato, qui tocca a me. Vai a lavoro".
"Grazie! Divertiti al servizio fotografico",mi dice ammiccando prima di avviarsi verso il garage.
"Buona giornata in ufficio, cara!",grido e ridacchiamo entrambi.
Salgo in camera da letto e mi spoglio. Ho davvero bisogno di un po' di sonno. I miei clienti mi pagano benissimo per dar loro un servizio fotografico divertente e memorabile, quindi devo essere molto riposato.
Ho una camera grande,con finestre che vanno dal pavimento fino al soffitto. È l'unica stanza che contiene qualcosa di blu. Adoro il mio piumone e i miei soffici guanciali blu. Il letto è semplice ma la testiera è la porta di un vecchio fienile che ho inchiodato al muro per dare alla stanza un tocco rustico.
Crollo sul letto matrimoniale, coprendomi il corpo nudo con le morbide coperte,e guardo fuori dalla finestra, verso l'oceano.
Mi piace tantissimo questa casa. Non vorrei trasferirmi mai e poi mai. Già solo il panorama è inestimabile.
L'acqua blu zaffiro mi calma,e mentre i miei occhi si fanno pesanti,penso a profondi occhi blu e a un sorriso che toglie il respiro

Ti porto via con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora