The Worst Things in Life Come Free to Us

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POV Clove:

Sbuffo, ed una nuvola di fumo circonda lo spazio attorno a me.
Lascio cadere la sigaretta a terra e la calpesto, guardandomi intorno per essere certa che nessuno mi abbia notato.
È proibito fumare all'interno del riformatorio in cui sono stata spedita. In realtà, sono proibite un sacco di cose, ma io non vi do mai peso. Del resto, le regole sono fatte per essere infrante, no?
Mi incammino in direzione dell'entrata, ma non appena metto piede nella struttura, una mano si posa sulla mia spalla.
Mi volto, alzando un sopracciglio, ed incontro lo sguardo severo di Alma Coin, la vicedirettrice dell'istituto.
La donna mi squadra dall'alto in basso, con occhio critico.
- Signorina Kentwell, sa bene le cose che il nostro regolamento vieta, ed il fumo compare fra queste - asserisce, con tono autoritario.
Ghigno. - Allora perché non mi sbattete fuori? Mi sembra di avervi creato già abbastanza problemi, non crede anche lei? - domando, con la mia consueta sfacciataggine.
La presa sulla mia spalla si fa più ferrea. Sembra che me la stia stringendo in una morsa.
- Il direttore desidera parlarle - prosegue poi, con tono gelido, quasi trascinandomi verso l'ufficio del suo diretto superiore.
Non appena mi chiudo la porta alle spalle e mi giro, incontro gli occhi da serpente di Coriolanus Snow.
- La prego, si sieda - mi dice con la sua voce melliflua.
Faccio come mi dice, per la prima volta da quando ho messo piede in questo posto.
- Vi siete finalmente decisi a lasciarmi andare? - chiedo con tono impertinente, incrociando le braccia al petto e stringendo le labbra, in attesa di una risposta.
Una risata senza allegria esce fuori dalla sua bocca. - Mia cara, carissima signorina Kentwell, lei conosce bene le condizioni in cui versa la sua famiglia. Sarebbe un atto veramente egoistico da parte sua privarla della stabilità economica che ha raggiunto da quando lei è qui con noi - mi spiega con un sorriso talmente falso da farmi pensare che sia quasi di cartone.
Inspiro ed espiro con rabbia. - Posso tornare nella mia stanza, adesso? - domando, stringendo i pugni più forte che posso.
- Prima le devo dire per cosa l'ho convocata qui - inizia. - Data la sua condotta a dir poco disdicevole, da domani in avanti, fino a quando i suoi genitori non la riprenderanno con sé, sarà affidata ad un ragazzo poco più grande di lei che avrà il compito di insegnarle a rispettare non solo le regole, ma anche le persone. - Strabuzzo gli occhi e per un momento sono senza parole. Passata la sorpresa, però, il mio corpo si riempie di così tanta rabbia che ho paura che esploda.
Mi catapulto fuori dall'ufficio di Snow e corro in camera mia.
Una volta chiusa la porta a chiave, un ringhio animalesco fuoriesce direttamente dalla mia gola. Inizio a fracassare oggetti a destra ed a manca, sperando che in tal modo riuscirò a sfogare la mia rabbia.
- Non ho bisogno di un baby-sitter! - grido alla fine. Non sono sicura che mi abbiano sentito, ma poco importa.
Do un ultimo calcio al portone ed alla fine mi accascio contro di esso, i denti scoperti quasi come se stessi per azzannare qualcuno.

Il giorno dopo

POV Peeta:

Arrivato davanti all'entrata dell'istituto, mi blocco per un attimo, esitante. Non so quasi nulla della ragazza che mi è stata affidata, solo che si chiama Clove Kentwell, ha quindici anni, ovvero uno in meno di me, e non possiede un grande amore per la disciplina.
Mi è stato spiegato che ha avuto parecchi problemi in famiglia, ma io ho deciso di non sapere nulla al riguardo. Sono faccende personali, e se mai riusciremo a diventare amici, sarà lei a decidere se sia saggio o meno parlarmene.
Faccio un respiro profondo e varco la porta, dirigendomi verso l'ufficio del direttore.
Busso e, non appena mi viene concesso di entrare, lo faccio.
Il mio sguardo si posa sulle tre persone presenti in quella stanza, e rimane folgorato dalla vista di una in particolare. Una giovane dai capelli corvini lunghi fin sotto le spalle e due splendidi e scintillanti occhi il cui colore sembra essere un intreccio tra il verde ed il marrone. Dev'essere lei Clove.
Inarca un sopracciglio mentre mi osserva a sua volta, e solo adesso mi accorgo che la sto fissando a bocca aperta.
Tossisco per cercare di ridarmi un contegno ed avanzo fino a quando non mi ritrovo proprio di fronte a lei.
Faccio degli educati cenni di saluto ai due adulti ed in seguito le tendo la mano. - Ciao, io sono Peeta Mellark - dico, cercando di dimostrarmi sicuro di me e di rimediare alla figuraccia fatta prima.
Lei fissa la mia mano con indifferenza prima di dire, volgendo lo sguardo lontano dalla ma figura: - Clove Kentwell. - Mi mordo il labbro ed abbasso l'arto. La sala cala in un silenzio imbarazzato e carico di tensione, che viene spezzato dalla vicedirettrice, Alma Coin.
- Be', suppongo che adesso siate liberi di andare - ci informa, sorridendo nervosamente.
Io faccio un cenno d'assenso e mi appresto ad uscire. La ragazza aspetta qualche secondo prima di seguirmi.
Una volta che ci siamo chiusi la porta alle spalle, Clove, senza degnarmi di uno sguardo, esce fuori dalla struttura.
Mi incammino dietro di lei e la vedo tirar fuori un pacco di sigarette, appoggiarsi ad un muro e cominciare a fumare.
Mi accosto accanto alla sua persona, fissando alternativamente lei e l'oggetto nocivo che tiene in mano.
- Ti va di fare un tiro? - sono le sue prime parole rivolte a me, a parte il suo nome.
Mi tende la sigaretta, ma io rifiuto gentilmente. - Grazie, però non fumo. - Clove scrolla le spalle e si rimette il filtro tra le labbra.
- Tu, piuttosto, perché lo fai? - le chiedo, sinceramente interessato a quel che potrebbe rispondermi.
Dopo aver rilasciato una boccata nell'aria, il suo sguardo torna a posarsi su di me. - Mi aiuta a dimenticare i problemi - dice semplicemente, tornando poi a fissare lo spiazzale vuoto davanti a sé.
- Ma non a risolverli - aggiungo io.
Lei corruga la fronte e mi rivolge un'occhiata inceneritrice.
- No, direi di no - replica secca, continuando poi a fumare finché non butta la sigaretta a terra e la spiaccica, mettendosi le mani in tasca ed allontanandosi.
La affianco senza dire una parola e, pochi minuti dopo, mi ritrovo davanti a quella che dev'essere la porta della sua stanza.
- Be', direi che qui le nostre strade si dividono. Se avrai bisogno di me, mi troverai nella camera in fondo - la informo, indicandogliela.
- Sì, sì - dice frettolosamente lei, ed in men che non si dica scompare all'interno della stanza che le è stata assegnata.

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