LA PERGAMENA DISTRUTTA ***
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LA PERGAMENA DISTRUTTA
ROMANZO DEL SECOLO XVI
DI
VIRGINIA MULAZZI
MILANO
TIPOGRAFIA già DOMENICO SALVI e C. (Direttore Lodovica Bortolotti.)
Via Larga, 19
1872
Quest'opera, di proprietà della ditta editrice SOCIETA' ANONIMA, _Tipografia già Domenico Salvi e C._, è posta sotto la salvaguardia della legge sulla proprietà letteraria.
INDICE.
Al lettore
PARTE PRIMA. Il segreto
PARTE SECONDA. Il viaggio
PARTE TERZA. La duchessa dell'Isola
AL LETTORE
_Affidata ai gentili incoraggiamenti, che mi furono fatti da diverse egregie persone, mi decisi a pubblicare questo Romanzo da me composto per mio piacere.
Ho scritto liberamente, come la ispirazione mi dettava, senza la cura costante di seguire alcuna scuola dei grandi autori.
Sarò paga se questo mio lavoro varrà a far passare piacevolmente qualche ora ed a ravvivare ed accrescere il sentimento del dovere e l'amore alla virtù._
L'AUTRICE.
PARTE PRIMA
Il segreto
I.
Era una notte di gennajo dell'anno 1574.
In uno dei più bei palazzi, che contasse allora Catania, fra i meno danneggiati dal terremoto del 1563, si poteva notare un va e vieni insolito a quell'ora; e dietro le antiche finestre scorgere in molte camere dei lumi.
Perchè si vegliava sì tardi in quel palazzo?
Il vecchio duca dell'Isola, suo proprietario, era stato colpito la notte istessa da grave malore, e trovavasi in fil di vita.
L'infermo, che conservava ancora tutte le sue facoltà mentali, aveva compresa la gravità della sua posizione, e chiesto con istanza di confessarsi, non però al solito religioso, ma ad un benedettino, giunto da poco in Catania per predicarvi, e tenuto in gran conto da tutti.
Tal desiderio era stato tosto soddisfatto; ed il frate trovavasi rinchiuso coll'ammalato nella camera da letto, che aveva già un aspetto mortuario.
In una sala attigua stavano riuniti il figlio e le due figlie del duca.
Il primo, don Francesco dell'Isola, erede del titolo e dei beni del padre morente, era un uomo che non varcava i trentacinque anni, ed al quale nondimeno se ne sarebbero dati di più; tanto la sua fisonomia regolare e distinta aveva un carattere serio e riflessivo.
Soltanto i suoi occhi neri erano di una vivacità estrema; non si poteva quasi afferrare l'espressione di quello sguardo, ma se ne rimaneva soggiogati.
Quando don Francesco taceva, o fissava gli occhi al suolo, l'osservatore più acuto non avrebbe potuto leggere sul suo volto che la più grande impassibilità, l'indifferenza più altiera. L'insieme del di lui aspetto era burbero ed imperioso.