Capitolo 16

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Katherine's POV

Sono le sette e mezza di sera e non so cosa mettermi.

«Mel, aiutami» imploro Melissa che è sul mio letto, come al solito.

Sono da un'ora davanti all'armadio e - come ogni ragazza - di fronte a migliaia di vestiti, non so quali scegliere.

«Jeans neri e quella camicetta rosa antico che ti regalai a Natale» istruisce la mia migliore amica messaggiando al cellulare. Ultimamente lo faceva spesso.

Prendo dall'armadio i vestiti che mi ha consigliato e inizio a spogliarmi.

«Si può sapere con chi è che messaggi tutto il tempo?» domando infilando i jeans neri.

Melissa alza lo sguardo su di me e poi risponde. «Connor».

«Cosa? Tu e Connor?» chiedo allibita. Non pensavo che tra i due potesse mai esserci qualcosa.

«Non c'è nulla tra di noi, stiamo solo facendo amicizia» risponde Mel facendo spallucce e ritornando al suo cellulare.

«Sí, certo, come no» commento maliziosamente.

Indosso anche la camicetta rosa. Scende molto morbida sul mio busto e decido di mettere gli orli nei jeans.

«Che mi dici di te ed Evan, invece? Avete dormito insieme per due notti di seguito, ti sei precipitata in ospedale per un semplice calo di pressione... E guardati, impazzisci per una cena informale con lui» inizia a prendersi la sua vendetta.

Mi siedo alla scrivania e con specchio e trucchi alla mano inizio a rendere presentabile il mio viso.

«Gli voglio bene, tutto qui» dico semplicemente.

«Sì, certo, come no» mi imita Melissa. «Tu vuoi bene alle persone dopo due settimane di conoscenza?»

Mi volto verso di lei. «A te ho voluto bene dal primo momento in cui ti ho vista».

Scoppia in una risata. E so il perché. Io e Melissa ci siamo conosciute per caso al terzo anno di liceo. Eravamo entrambe a fare la fila per le macchinette quando iniziammo a litigare per chi era in fila per prima. Era una stupidaggine, ma avevamo avuto un dibattito vero e proprio la prima volta che ci siamo incontrate. Da lì, continuavamo a beccarci alle macchinette, una parola tira l'altra ed eccoci qua. Quattro anni di amicizia.

«Ma smettila!» esclama Melissa ridendo ancora. Le faccio compagnia.

«Non lo so. Mi piace Evan. Non nel senso in cui lo intendi tu.. Be' forse anche in quel senso, ma il punto è un altro. È un bravo ragazzo, mi ha fatto riscoprire la semplicità delle cose ed è assurdo quanto Evan possa essere puro e peccaminoso allo stesso tempo» sospiro.

«Uh-uh Cupido ha finalmente beccato la persona giusta» commenta Melissa.

«Non lo so, veramente. Penso che non mi meriti, indipendentemente dal fatto che sia la persona giusta per me» dico passando una linea leggera di eyeliner sugli occhi. Ho deciso di non fare un trucco pesante per questa sera.

«Che sia quello giusto non ho dubbi. Ti ha difeso con James, disobbedisce ai suoi genitori per te. È cotto di te, Kath. Apri gli occhi» dice Melissa. «E lo sei anche tu, per quanto tu non voglia ammetterlo. Non guardavi così nemmeno James. E cazzo se eri persa per lui» mi fa notare.

Forse Mel ha ragione. Ma ripeto, Evan ha bisogno di qualcuno migliore di me. I suoi genitori dicono il vero sul mio conto, lo sto portando su una brutta strada e nonostante facesse parte di un accordo, me ne sto pentendo amaramente. Evan era così puro prima che mi incontrasse.

«Otto meno cinque» pronuncia Melissa.

«Cazzo» impreco. Passo velocemente un lucidalabbra alla fragola sulle labbra e per fortuna i capelli li avevo piastrati qualche ora prima.
Infilo delle ballerine dello stesso colore della camicetta e un giacchetto di jeans.

«Devo scappare» dico a Melissa.
Lei si alza dal mio letto e mi accompagna all'uscita di casa.

«Mi raccomando, non voglio diventare zia così presto» ironizza la mia amica stringendomi in un abbraccio.

«Idiota. Tu vai a casa ora?» le domando, camminando verso il cancelletto.

«Pizza e film con Connor» risponde quasi imbarazzata.

«Ma stiamo solo facendo amicizia» ripeto le sue parole scherzosamente ed esco dal vialetto di casa mia. Rivolgo un ultimo sorriso a Melissa per dirigermi poi verso casa di Evan.
Esattamente dieci passi dopo, mi ritrovo davanti casa sua.

Sono indecisa se suonare il campanello o battere il pugno sulla porta. Così faccio entrambe le cose contemporaneamente, dimostrando la mia imbecillità.

Qualche secondo dopo, Evan apre la porta. Indossa uno smoking grigio fumo, la camicia bianca e la cravatta nera. Non so ancora se preferisco la versione casual o elegante di Evan. Sembra essere sexy con entrambi i look addosso. Forse la versione elegante mi piace un pizzico di più. Gli dà un'aria vissuta.

«Avevi paura che non ti sentissi?» mi accoglie con un sorriso.

«Cosa?» sono ancora persa nel fantasticare sui diversi stili di Evan. «Ah. Emm, ero indecisa se suonare o bussare, quindi ho fatto entrambe le cose» rispondo leggermente impacciata.

Evan scuote la testa divertito e mi fa segno di entrare.

Entro in casa sua e sento le mani di Evan appoggiarsi sulle mie spalle.

«Dammi pure la giacca» afferma. Me la tolgo e gliela porgo.

«Non pensavo fosse così sofisticata questa serata» ammetto. «Mi sarei messa qualcos'altro».

Evan schiocca un bacio sulla mia guancia per poi aggiungere «Sei bellissima così e tra l'altro, liscia mi piaci».

«Grazie. Stai benissimo anche tu» ricambio il complimento.

«Signorina, si accomodi pure nella sala da pranzo» invita Evan con uno strano accento.

«Come vuole, messere» gli reggo il gioco.

Muovo dei passi verso la sala da pranzo mentre Evan mi segue subito dietro di me.
Appena entro, la tavola è apparecchiata con posate scintillanti, piatti in porcellana e al centro di essa c'erano dei fiori bianchi e una candela. Evan aveva curato tutto nei minimi dettagli.

Evan tira una sedia dal tavolo e con lo sguardo me la indica. Mi siedo, ringraziandolo. Mi sento una principessa per la prima volta nella mia vita.

Con un fiammifero accende la candela al centro della tavola.

«Non ho parole, è tutto bellissimo» mi complimento con lui.

«Grazie, ho pensato a tutto questo per te» dice guardandomi negli occhi. Ha questa dote di riuscire a guardare le persone negli occhi senza sentirsi a disagio. La cosa mi fa impazzire.

«Torno subito» mi comunica uscendo dalla stanza.

Nemmeno un minuto dopo torna con una pirofila tra le mani. Dentro ci sono patate e pollo dall'aspetto dorato e croccante. È persino più bravo di me a cucinare, penso.

Porziona la pietanza nei nostri piatti per poi andarsi a sedere di fronte a me.

«Be' buon appetito» dice sorridendo, le sue fossette a solcargli il viso.

Metto un po' di cibo in bocca ed è delizioso, tant'è che mi esce un gemito.

Evan ridacchia mostrandomi tutta la sua tenerezza. «Immagino sia buono».

PURE || Evan PetersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora