Ci troviamo in un gelido Febbraio del 1939.
La libertà, agli ebrei, era già stata sottratta.
Non potevano più sedersi sulle panchine, non potevano andare sulle giostre, non potevano essere in giro alla sera.
Insomma, questa é libertà? Oh, certo che no. Eppure alcuni si lamentavano, oh se avessero saputo cosa sarebbe toccato ad ognuno di loro qualche anno più in là, non si sarebbero di certo lamentati.
Uno di questi era Maximo, un ragazzo ebreo molto spavaldo ma allo stesso tempo timido.
Era il classico ragazzo che con gli amici si dava alla pazza gioia, ma quando si trovava da solo con una ragazza era terribilmente timido e... irresistibile.
Era anche bello, proprio per questo aveva attorno a sé un harem (se così si puó chiamare) di ragazze, ma nessuna di loro gli interessava particolarmente.
Era alto, ma aveva i capelli castani e anche gli occhi, una cosa non molto bella in quel periodo nella Germania nazista. E come tutti gli ebrei, odiava Hitler.
Quest'ultimo era appena salito al governo, e alcuni degli amici di Maximo avevano preso a chiamarlo: Furher, come tutti i tedeschi non ebrei.
Alcuni degli amici di Maximo, anzi tutti praticamente, stavano con Hitler, così Maximo era rimasto da solo nella sua piccola casa.
Usciva di rado, solo per andare a fare la spesa.
Gli occhi di Maximo si erano spenti, il suo carattere si era spento, lui si era spento. E non capiva il perché di tutto questo odio nei confronti degli ebrei.
Perché? Che cosa gli avevano fatto? Assolutamente niente, eppure li odiavano.
Alla televisione si udiva sentire che Hitler voleva addirittura sterminarli tutti, fino ad allora, nessun ebreo si fece prendere dalla paura.
Era impossibile, dicevano.
Credevano tutti che la società fosse abbastanza evoluta per non fare una cosa del genere... credevano.
Maximo viveva da solo in una Germania nazista, i suoi genitori stavano in America. Eppure, lui, era abbastanza giovane ed energico per lavorare e pagarsi le bollette. Ma ormai aveva perso tutti, o quasi.
Infatti, alla porta accanto, al numero 34, stava una piccola famiglia, che Maximo considerava davvero misteriosa.
Lì abitavano un uomo sulla cinquantina del quale sapeva solo il cognome: Schnailder. E sua moglie, dicevano tutti che era la donna più antipatica e severa del quartiere.
Da poco avevano adottato una figlia, aveva diciotto anni e si chiamava: Melany Mulliner.
Era una ragazza appena trasferitasi in quel quartiere povero.
La ragazza non sembrava molto in forma. A Maximo parve denutrita, aveva il viso come il colore di un lenzuolo bianco, era magra come uno stecco.
Era sporca, si poteva vedere benissimo che non lavava quei capelli biondi e ricciolini da non si sa quanto tempo.
Aveva le labbra screpolate, e dei taglietti sulle mani a causa del freddo.
L'unica parte del suo corpo che a Maximo piacque erano quei begli occhi grandi e azzurri.
Ogni volta che la ragazza gli passava davanti si incantava su quegli occhi.
Era misteriosa, non parlava mai con nessuno e camminava sempre guardandosi i piedi.
Peró, a Maximo, in qualche modo piaceva.
C'era qualche cosa in lei che lo attreva particolarmente, ma non sapeva cosa.
Era per questo che doveva riuscire ad estirpare la misteriosità di quella ragazza, e cercare di convincerla a baciarlo.
Maximo correva troppo, ma a lui non sembró.
Tra l'altro, per lui era normale: aveva così tante ragazze che desideravano baciarlo, ma Melany era diversa da tutte le altre, e questo fece crescere la curiosità in Maximo.
E se lei è una nazista? Se non é ebrea e mi discriminerà per sempre?
Erano queste le domande che di più tormentavano Maximo.
L'indomani, bisognava andare a scuola: avevano tutti e due diciotto anni, di conseguenza frequentavano tutti e due la quinta superiore.
Melany era una studentessa eccellente, Maximo un po' meno, ma ci teneva fare bella figura con lei, così si mise a studiare.
Pensó di accompagnarla a scuola, per questo si sveglió molto presto.
Si vestì e andó a bussare alla porta della misteriosa famiglia.
I genitori conoscevano già Maximo, quindi quest'ultimo non ebbe timore a bussare.
La donna severissima gli aprì la porta, e lui sobbalzó."Che cosa vuoi, Schnelman?" Gli domandó, con sguardo severo e squadrandolo da capo a piedi.
"Pensavo di accompagnare sua figlia a scuola." Le rispose con un sorriso il ragazzo.
"Perché la gente non si fa gli affari propri?" Sussurró, scocciata, fra sé e sé Frau Schnailder.
Il ragazzo non si sorprese a quella risposta: c'era d'aspettarselo da una donna come lei."Melany! Mangia quella schifezza e va a vestirti! Fa presto!" Frau Schnailder acconsentì, così il ragazzo aspettó alla porta.
Cinque minuti dopo la ragazza si presentó, sporca come al solito.
Maximo rabbrividì, ma poi si guardó: era sporco pure lui."Allora, so che ti chiami Melany, giusto?" Provó ad instaurare una conversazione, ma lei rimase zitta.
"Volevo provare a conoscerti, per questo mi sono offerto di accompagnarti a scuola." Continuó Maximo, ma inutilmente: la ragazza non apriva bocca.
"Tu non parli molto, vero?" Ancora nessuna risposta.
Così Maximo decise di trovare un modo per capirsi."Facciamo che, se ti fermi é sì e se continui a camminare é no?"
La ragazza si fermó.
Ora i due ragazzi si capivano.
Proseguirono la loro camminata verso scuola in assoluto silenzio.
Quando arrivarono, Melany si buttó nella massa degli studenti che entravano nella scuola.
Poi si voltó.
Perchè Maximo non veniva?
A quel punto, fu costretta a parlare, perché non riuscì a frenarare la sua curiosità.
Tornó verso di lui e, prima di dire una sola parola, lo guardó.
Maximo si chiedeva il motivo."Perché non entri?" Le sopracciglia cespugliose di Melany si incurvarono.
Maximo non ci aveva pensato, gli era venuto in mente solo allora, a quel punto dovette inventarsi una bugia."Oh, entreró alla terza ora, non preuccuparti per me. Comunque mi piace la tua voce." Gli confessó, felice che finalmente la ragazza aveva parlato.
Lei non sembró molto convinta, per tutta risposta se ne andó con le sopracciglia ancora più aggrottate di prima.
Melany non era ebrea, forse stava anche coi nazisti.
Lui era ebreo.
Ma come faceva a dirglielo? Gli avrebbe dovuto mentire? Certo che no.
Maximo era abbastanza intelligente da capire che non si va da nessuna parte se si inizia la storia con la ragazza che ti piace con una bugia.
Ma se gli avrebbe detto la verità, lei sicuramente non avrebbe più voluto vederlo.
Lui non poteva andare a scuola, per la sua religione.
Doveva frequentare un'altra scuola, fuori città, per ebrei.
La scuola era sporca, era una catapecchia.
Maximo non aveva voglia d'andarci, preferì aspettare davanti a scuola per accompagnare Melany a casa.
Si fece una bella dormita sulla panchina, fortunatamente si sveglió appena in tempo per l'uscita.
Quando incroció lo sguardo di Melany, la salutó con un sorriso.
Lei sembrava molto arrabbiata."Avevi detto che saresti entrato alla terza ora." In quel momento, Maximo capì di aver perso l'unica possibilità di conquistare quella ragazza.
O forse no."Alla fine ho avuto un impegno che non ho potuto rimandare." Si inventó un'altra scusa.
Lei sospiró."Mi dispiace." Riuscì a dire solo questo.
"Maximo-" Ma lui la interruppe.
"Puoi chiamarmi anche Max." Così riprese.
"Max, dimmi la verità." Maximo sobbalzó.
La ragazza si stava insospettendo."Tu sei un ebreo, vero?" A Max venne un colpo al cuore.
Non voleva ammetterlo, non voleva dirlo, ma era così.
E non poteva fare altro che dirgli la verità, ma non ce la fece.
Così rimase in silenzio.
Melany capì cosa significava quel silenzio."Lo sapevo." Disse.
Max voleva dirgli, anzi supplicarla, di non abbandonarlo, perché aveva già perso tutti.
Ma non lo fece, per paura di risultare troppo disperato davanti ad una ragazza."Tu sei una... insomma, tu stai con il..." Max non riusciva a dire quello che voleva.
Ma, fortunatamente, Melany capì subito.
Era una ragazza intelligente."Sto con Hitler perché devo, altrimenti penseranno male. Ma non ho nulla contro gli ebrei. Quindi non mi stai antipatico." Gli disse, e Maximo fece un gran sospiro.
"Quindi siamo ancora amici?" Max le domandó, molto sollevato.
"E quando lo siamo mai stati?" Per tutta risposta.
Maximo ricevette un vero e duro colpo al cuore.
Aveva ragione, non lo erano mai stati.
Quando arrivarono a casa, Melany gli sbatté la porta in faccia senza neanche salutarlo.Che nazista maleducata. Pensó Maximo.
STAI LEGGENDO
Together in Auschwitz.
Romance"Quando quei cancelli verranno abbattuti, usciremo mano nella mano, nonostante tutto."