Il rumore di alcuni passi ci risvegliò dal nostro stato di trance.
Ognuno si mise composto, come se non fosse accaduto niente.
E all' esterno poteva anche sembrare così. Ma dentro di me, non sapevo esattamente cosa stava accadendo.
Abbassai lo sguardo a terra.
- Chi vuole essere il primo? A voi la scelta – da dietro le sbarre, un uomo somigliante ad un armadio, calvo e vestito interamente di nero parlò con voce autoritaria, lo sguardo puntato verso un punto impreciso. Dalla sua espressione, non sembrava molto felice di essere là.
Strizzò gli occhi, come per vedere meglio, ma il suo sguardo non accennava a voler cambiare direzione.
- Allora? – strinse i pugni. Stava perdendo la pazienza.
Ci guardammo tutti negli occhi. Leggevo la paura mischiata alla determinazione negli occhi degli altri, infondo, sapevamo incontro a quali pericoli stavamo andando.
Gwen, messa meglio tra tutti, iniziò ad alzarsi, ma non riuscì a farlo del tutto, visto che Colin, con un grande sforzo, la precedette.
Nonostante si tenesse a malapena in piedi, le gambe tremanti, continuava a tenere quel ghigno di superiorità che da sempre lo contraddistingueva.
- Vengo io – due semplici parole, ma che per il biondo rappresentarono uno dei più grandi sacrifici mai fatti in tutta la sua vita.
Io e mio fratello, ancora legati spalla contro spalla, eravamo pronti a ribattere, prima di essere ammoniti dall'uomo che ci aveva insegnato tutto ciò che sapevamo riguardo a questa storia.
- Sapete cosa dovete fare – indicò con lo sguardo la ragazza riccia, ancora seduta sulla panchina di ferro, che sporse leggermente la chiave dal palmo delle sue mani per mostrarcela. L'armadio sembrò non accorgersi, fortunatamente, di niente.
Ma fu appena l'uomo aprì la cella per far uscire Colin, che la terra iniziò a tremare.
Sembrava tutto così irreale.
Io e Thomas venimmo sbalzati dall' altra parte della cella, finendo con lo sbattere la schiena alle sbarre di quella adiacente, quella di Gwen.
Emisi un piccolo gemito di dolore, e sentii Thomas faro lo stesso.
Alzando lo sguardo notai che Colin era riuscito a liberarsi e, a fatica, stava liberando anche la mia amica dalle manette.
L'uomo vestito completamente di nero corse fuori, forse per avvertire lo zio di Dylan, ma non credevo c'è ne fosse il bisogno.
Prima che riuscisse ad andarsene totalmente però, lo vedemmo volare all'indietro per tutto lo stretto corridoio davanti alle celle, per poi sbattere pesantemente contro il muro.
Spalancai gli occhi, e non appena fummo tutti e quattro liberi da quelle maledette manette, cercammo di avvicinarci cautamente all'uscita. Non volevamo certamente fare la stessa fine del malcapitato.
Davanti a noi, alla fine del corridoio, apparse Dylan.
Il ginocchio destro a terra, come se fosse intento a fare una proposta, la mano sinistra che toccava il pavimento, l'altra stretta a pugno. Il suo sguardo era puntato verso il pavimento, nel quale nacque un profondo solco che si espanse fino alla fine del corridoio.
- Dylan... - sussurrai, cercando di avvicinarmi a lui nonostante il forte vento me lo impedisse.
Al suono della mia voce, il ragazzo alzò di scatto la testa.
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Descendants [Dylan O'Brien / Thomas Sangster]
RandomE se una vecchia leggenda, non fosse soltanto tale?