È nella natura umana sbagliare, fare marcia indietro e ripensare ai propri errori.
Ma non è da tutti ammettere che si ha avuto torto marcio.
Così Cher Lloyd il 3 dicembre, se ne stava con i piedi dentro una pozzanghera e i pantaloni bagnati fino alle ginocchia, un grande borsone in una mano, un indirizzo spiegazzato nell'altra, due valige in meno rispetto alla partenza, ma cinque anni in più sulle spalle. Cinque fottuti anni.
Stava di fronte al Motel in cui sarebbe dovuta rimanere per i seguenti giorni – o forse mesi – finché non avrebbe trovato casa. Che poi, chi glielo aveva fatto fare di tornare a Malvern dopo anni di totale assenza? Inizialmente Cher credeva fosse una buona idea, era quasi esaltata dal pensiero di vivere nuovamente nella sua cittadina, quella in cui era cresciuta. Eppure si sa, le idee sono solo la base, poi bisogna costruirci sopra tutto il resto. E ora che se ne stava lì, bagnata fradicia, infreddolita e con pochi soldi in tasca, si domandava perché proprio Malvern.
Cher guardò sconsolata la facciata grigia, scolorita, dall'intonaco cadente, del motel – era rimasta dieci minuti buoni a fissarla, pensando che era ancora in tempo per girare i tacchi e andarsene di nuovo, in fin dei conti nessuno sapeva che lei era lì. Si era quindi voltata, la stazione dei treni non era poi tanto distante, una volta arrivata là poteva decidere cosa fare, ma Niall Horan la vide troppo presto. Niall, uno dei suoi migliori amici, quello che le aveva insegnato a suonare la chitarra, proprio lui era davanti alla porta del motel, con gli occhi strabuzzati.
«Cher Lloyd? Quella pazza di Cher Lloyd, sei proprio tu?» Cher si voltò lentamente, un sorriso timido e colpevole le si era fatto spazio in volto – ancora le faceva tenerezza quel marcato accento irlandese, che non aveva voluto andarsene nonostante tutti quegli anni passati in Inghilterra.
«Ehm—direi di sì, in carne ed ossa.»
«Oh mio Dio, fatti abbracciare immediatamente! Che sorpresa!» Niall l'aveva sollevata da terra, aveva cominciato a gridare su di giri, quando Cher continuava a maledirsi per non essersene andata subito.
«Cosa ci fai qui?» continuò lui.
«Stavo per farti la stessa domanda!» non era vero, ma era pur sempre un diversivo per rimandare più a lungo possibile le spiegazioni. E ne aveva proprio tante da dare.
«Oh ma io lavoro qua! Sono alla reception, anche se questo bambino è tutto mio.» fu Cher ad essere sorpresa questa volta – le coincidenze, proprio. Ma ormai era lì e non poteva scappare un'altra volta. Aveva preso l'impegno di tornare? Allora sarebbe rimasta, decise infine.
«Beh, allora potresti darmi una stanza. Ne avrei davvero bisogno.»Cinque anni prima Cher Lloyd giocava a fare la ragazzina ribelle. Si tingeva i capelli ora di rosa, ora di rosso fiammante a seconda del suo umore, credeva nell'amore eterno e ogni giorno prendeva la sua valigia da sotto il letto e la fissava per venti minuti buoni. L'avrebbe riempita, prima o poi, si diceva. Aveva il suo gruppo di amici – uno più pazzo dell'altro, si sentiva dire in giro – e quel Xander, con cui si sentiva da mesi e il quale la stava fissando speranzoso. Cher, seduta sul tavolo della sua cucina, ventenne, con le calze tutte smagliate, il trucco incollato alla faccia e il caldo di luglio addosso, non poteva credere alle sue orecchie.
«Davvero ti trasferisci a Londra e mi stai chiedendo di venire con te?» Xander aveva sei anni più di lei, delle conoscenze nella capitale e non piaceva a suo padre – perché troppo grande. Stronzate, lei non sapeva che fare della sua vita dopo il liceo, ma sapeva che tipo d'uomo voleva al suo fianco. «Ci sto! Eccome se ci sto!»
«Partiamo tra due giorni, ti va bene?»
«Non potevo chiedere di meglio.»
E finalmente, dopo mesi trascorsi a fissare un trolley vuoto, Cher Lloyd stava per compiere il passo, lasciare Malvern e la sua aria soffocante da cittadina.
Avrebbe provato col teatro, l'entusiasmava l'idea di stare su un palco, essere ammirata, e riscattarsi da tutte quelle malelingue nella sua scuola, che non facevano altro se non screditarla. Suo padre avrebbe voluto che fosse lei a prendere in mano la sua officina, una volta che lui sarebbe stato troppo vecchio per lavorarci. Ma Cher voleva essere diversa, voleva splendere. Il suo era un no secco, poco importava se suo padre ci restava male, lui non si era mai sforzato di provare a capirla. Mai. Cher ne era sicura. E poco importava anche se Xander non fosse poi così presente e che – per quanto la riguardava – poteva anche abbandonarla sulla strada non appena arrivati a Londra. Non importava davvero, lei era convinta di amarlo – o comunque, avrebbe imparato a farlo, così come i soldi e la carriera. Niente è dato nella vita.
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Dimmi che resterai.
Teen FictionCher Lloyd a diciassette anni ha lasciato Malvern, i suoi amici e suo padre, senza neanche una parola, per trovare il successo a Londra. Dopo cinque anni ritorna e si ritrova faccia a faccia con un Niall Horan sempre iperattivo e il suo (ex) miglior...