La menzogna del giusto. Storie di inganni nella Bibbia

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I capitolo tratto da "La menzogna del giusto. Storie di inganni nella Bibbia"  di Tiziana Portera

il volume è in vendita su www.lafeltrinelli.it

 

Sara

la moglie sorella

 

 

La verità. La menzogna. La mezza verità.

Una donna mente. Eppure della sua figura di bugiarda nulla ci rimane, né la sua colpa né la sua innocenza. Sara mente perché Abramo, padre della moltitudine dei fedeli e radice spirituale delle tre religioni monoteistiche, le ordina di mentire.

È una storia di responsabilità negate e ruoli subiti, di paura e desiderio, in cui una donna afferma il falso ed un uomo è il bugiardo.

Dimentichiamo per un attimo la poderosa grandezza teologico-mitica che possiede la figura di Abramo nella Bibbia. Pensiamolo adesso semplicemente come un uomo preso dal sentimento che più è terreno: la paura.

Nel capitolo 12 del libro della Genesi Abramo viene scelto da Dio e invitato a lasciare la sua terra per dirigersi verso Canaan. Allora «Venne una carestia nel paese e Abram scese in Egitto per soggiornarvi [...]. Ma quando fu sul punto di entrare in Egitto disse alla moglie Sarai:[i] Vedi, io so che tu sei donna di aspetto avvenente. Quando gli Egiziani ti vedranno, penseranno: Costei è sua moglie, e mi uccideranno, mentre lasceranno te in vita. Dì dunque che tu sei mia sorella, perché io sia trattato bene per causa tua e io viva per riguardo a te».

Gli eventi accadono secondo le previsioni del patriarca: «quando Abram arrivò in Egitto, gli Egiziani videro che la donna era molto avvenente. La osservarono gli ufficiali e ne fecero le lodi al faraone; così la donna fu presa e condotta nella casa del faraone».

Abramo teme di morire per causa di Sara. Perdere la vita o mentire, soffocando così gelosia e dignità. Tra le due vie Abramo preferisce quella della menzogna.

Fin qui la nostra empatia ci costringe a guardare con indulgenza ad un uomo che cede la moglie per aver salva la vita. Ma Genesi poco dopo ci sgomenta: «Per riguardo a lei egli [il faraone] trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini, schiavi e schiave, asini e cammelli».

Non siamo al corrente di eventuali proteste di Sara nei confronti del “consiglio” del marito o delle avance del faraone, ed è improbabile che avesse – a rigor di storia - diritto di parola in merito ai propri destini sessuali. Il Testo Sacro poi, in questo contesto, ne ignora sentimenti ed opinioni. Nulla sappiamo di ciò che lei pensasse riguardo a questo triste baratto. Quel che invece è lecito dedurre è che Abramo non rinunciò ai cospicui doni ricevuti per riguardo a lei.

E Sara? Oltre all’umiliazione di essere rinnegata come moglie e ceduta a suon di cammelli da uno pseudofratello, diviene involontaria causa di terribili flagelli. Difatti, secondo una logica giustizialista a dir poco singolare agli occhi di qualsivoglia teodicea proporzionalista, Dio - che assiste dall’alto a cotanta iniquità - pensa bene di colpire «il faraone e la sua casa con grandi calamità, per il fatto di Sarai, moglie di Abram». Non sappiamo di quali flagelli si tratti, ma basta dare una scorsa a quelle inflitte all’Egitto durante l’avventura mosaica per averne un’idea.

Continua la Bibbia: «Allora il faraone convocò Abram e gli disse: “Che hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tua moglie? Perché hai detto: è mia sorella, così che io me la sono presa in moglie? E ora eccoti tua moglie: prendila e vattene!”».

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