Messaggi dal confine

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Era una luce azzurrastra che fluttuava tra le rotaie in disuso. Tra la ghiaia e il metallo, tra le erbacce e i roveti, fluttuava. Se si strizzavano un po' gli occhi, sembrava verdognola: bastava sbattere un attimo le palpebre, ed era rosata, di una rosa tendente all'arancio.

Nicole era ipnotizzata da quel globo cangiante che vagava, su e giù, lungo un tratto della Asti-Alba. I treni non percorrevano più quel tragitto, e la ferrovia era silenziosa: il passaggio a livello era perennemente alzato. Lei se ne stava lì, la bicicletta bianca al fianco, finché il barlume, grosso non più di un pompelmo, non le si parò innanzi; si accorse che in realtà era una fiamma sferica.Sentiva un mormorio , come di bambino che per prime parole emette suoni inarticolati, inframezzati da risolini, ma questi erano quasi singhiozzi.

Nicole pedalò via, soffocando un grido.

Quel chiarore aveva cercato di parlarle.


* * *


Una persona può essere definita in base al carattere, all'aspetto fisico e in dettagli di queste. Si possono usare varie categorie di parole. L'aggettivo estroversa non si addiceva a Nicole. Certo,chiacchierava con gli amici, non arrossiva quando parlava in pubblico, ma non le era spontaneo attaccare bottone. Schietta sì, le calzava a pennello: diceva poco ma giusto, al momento giusto, senza mai mentire più di tanto.

Sua madre aveva detto che sarebbero andate al cimitero quella settimana stessa, dato che ad Ognissanti avevano impegni.

"Tesoro,in ufficio è successo un disastro con i fascicoli delle imposte e ci dovrò lavorare fino a tardi. Per favore, puoi comprare i fiori per il camposanto al posto mio? -Mamma"

Nicole non si stupì quando lesse il messaggio. Ormai sua madre passava più tempo sul posto di lavoro che con lei. Quando abitavano in città, almeno poteva raggiungerla e portarle un pasto caldo; ma da un anno si erano trasferite in campagna e da tre mesi la linea ferroviaria era stata interrotta e lei non la rivedeva che la sera, troppo stravolta dal lavoro per conversare.

Si diresse verso il fioraio, facendo attenzione ad evitare la ferrovia.


* * *


Tre giorni dopo madre e figlia si incamminarono verso il cimitero, non troppo distante dal centro abitato. Lungo il tragitto, Nicole chiese: "Circolano leggende su queste campagne, mamma? Racconti che riguardino il soprannaturale?".

" Ci sono le Masche, tesoro. Le streghe piemontesi, ricordi?"

" Le Masche esistono ancora?"

" Forse sì, forse no. Potrebbero essere già morte tutte, oppure ce ne sono di nuove. Nessuno tranne loro lo sa con certezza."

" Una fiamma sferica, dai colori innaturali, che sussurra, può essere frutto di una magia?"

" Chissà. Io strega non sono, quindi non posso conoscere i loro riti e i loro ipotetici effetti sulla realtà. Però... Però quello che mi descrivi mi ricorda i fuochi fatui. Anime dannate che ritornano sulla Terra: a seconda delle interpretazioni, o guidano con la loro luce i viandanti fuori strada, o custodiscono tesori, o cercano di farsi battezzare per poter accedere al Paradiso. In tutti i continenti ci sono miti che ne parlano. È un argomento molto vasto...". Sorridendo,aggiunse: "Da ragazza ero appassionata di credenze popolari."

I cancelli del camposanto erano aperti, anche se nessuno circolava: mancava ancora una settimana ad Ognissanti.

Depositato il loro mazzo di crisantemi eleonora (varietà di crisantemi, nda) alla tomba di famiglia e ripassato l'albero genealogico, iniziarono ad avviarsi verso l'uscita. Nicole (che raggiunse la madre una ventina di minuti dopo quello che vi narrerò) era rimasta indietro, intenta a rimunginare su ciò che le aveva riferito la madre, quando uno scalpiccìo la distrasse dal flusso dei suoi pensieri. Che fosse venuto qualcun altro al cimitero, in quella giornata così uggiosa? Si voltò di scatto: una lepre stava attraversando di corsa il vialetto.

Levitando su una lapide corrosa dal tempo, il fuoco fatuo sospirava.

Perché sì, era un fuoco fatuo, ne era certa. Ora che lo osservava da vicino, sapendo cosa cercare, notava le flebili fiammelle che gli facevano da braccine, attaccate ad un minuscolo tronco anch'esso di fuoco.

Anche se non aveva occhi (perché non aveva viso, solo vampa), percepiva il suo sguardo fisso e comprese che doveva avvicinarsi; allorché esso si spostò, mostrando la pietra sepolcrale quasi cancellata. Voleva che leggesse. Nicole, a fatica, decifrò:

"Qual giglio in fiore

Iddio lo colse

per le aiuole celesti

il 4 ottobre 1906, Eugenio.

Con dolore dai cari che mai lo videro vivo"

"Non sei mai nato, ecco perché sei qui! Ma io non ti posso battezzare, né penso che un uomo di Chiesa lo farebbe..." disse di scatto. La creatura scosse il capo infuocato e si avvicinò al viso della ragazza; Nicole non si ritrasse.

L'unica cosa che mi ha riferito è che il fuoco fatuo le parlò; le parlò di ciò che aveva visto nei suoi decenni di esistenza a metà tra i vivi e i morti, delle meraviglie e dei pericoli dell'ultraterreno, del motivo per cui molti rimangano indietro, della verità sui suoi simili e d'altro ancora. A me poco ha narrato, perché poco ricorda con esattezza: il resto sfuma. Però so che serba con cura quel momento, ne ha fatto tesoro e che non teme quel che verrà, a noi ignoto come la natura del buio e della nebbia, a lei noto come la luce del sole.

Per questo vi dico: quando incontrate dei fuochi fatui, non fuggite. Ascoltate cosa hanno da dirvi e date retta ai loro consigli. Ad essi ed essi soltanto è concesso vedere la realtà e tornare indietro a raccontare la verità, rinunciando in eterno all'aldilà. Mai e poi mai potrebbero mentirvi.


Io sono Clarissa, amica di Nicole. Ho messo per iscritto questo fatto perché anch'io ho avuto a che fare col sovrannaturale. Chissà, potrei anche parlarvene, un giorno...


-La Voce Narrante



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