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Al quinto live di X factor 9 la doppia eliminazione di Leonardo e dei Landlord aveva scosso tutti. Erano state versate molte lacrime quel giovedì: le maniche dei vestiti dei ragazzi erano quasi tutte umide e gli occhi ancora lucidi, anche quelli di alcuni giudici.
Arrivati al loft, giovedì notte, nessuno voleva assumersi la responsabilità di spezzare quel silenzio che si creava dopo ogni eliminazione. Solo Giò Sada e Davide battevano pacche sulle spalle di chi capitava loro vicino, e la cantante dei Moseek, Elisa, stava abbracciando Alessio nonostante fosse scossa in particolare lei stessa per l'eliminazione della sua amica dei Landlord; ad Alessio scendeva ancora qualche lacrima solitaria che non riusciva a trattenere. In breve, però, il ragazzo notò che non tutto era come doveva essere, quindi si allontanò un po' da Elisa, che andò ad abbracciare qualcun altro, e allungò lo sguardo: il suo compagno di band sfuggiva al suo campo visivo e la cosa non gli faceva mai piacere. Si allontanò dal gruppo di persone strette tra loro per andare in cucina, ma niente, il suo amico non era lì. Stava iniziando a preoccuparsi per lui, ma scacciò subito l'ansia, ripassando a mente diversi punti: 1) Gennaro era adulto e non aveva bisogno di una balia che si preoccupasse per lui, 2) erano solo stati eliminati dei concorrenti ad un talent ed era una cosa normale, 3) Gennaro era relegato nel loft come tutti loro, quindi non poteva essere da nessuna altra parte se non in un'altra stanza. Risultato: la preoccupazione non aveva senso, ma allora perché Alessio continuava a sentirsi così in pena? Il ragazzo si sciacquò il viso nel lavandino. Perché Gennaro non era insieme a lui? Di nuovo fece capolino la parte razionale di Alessio: Gennaro ha bisogno di stare da solo per ricaricarsi, è normale, e ancora: tanto non può succedergli nulla, vuole stare solo perché non vuole mostrarsi triste. Ma al pensiero di Gennaro triste, Alessio si sentì ancora più in pena e si decise ad andare a cercarlo, almeno per far tacere la sua mente.
Trovò l'amico in camera affacciato alla finestra, il gomito appoggiato sul davanzale, la mano destra a tenergli il mento sollevato e la sigaretta tra le labbra. Era sicuramente triste per le eliminazioni, si disse Alessio, che aveva di nuovo voglia di piangere a vedere l'amico così giù di corda, e non si spiegava perché il suo umore dovesse sempre dipendere da quello di Gennaro; non era vero che erano una cosa sola, come dicevano tutti, erano due entità diverse e differenti, per cui non era spiegabile l'angoscia del moro quando l'amico era triste, proprio no. Però Alessio sapeva che loro erano amici e compagni di band, per cui era normale avere un legame molto forte ed essere così empatici, o almeno così si ripeteva tra sé e sé.
"Gennà, ma fumi in camera?!" riuscì a dire il moro, con un tono lamentoso e triste, più che arrabbiato.
Gennaro rispose solo con un "Mh?", perché era concentrato su ciò che stava succedendo giù in strada, stava infatti cercando di distogliere la sua mente dalle eliminazioni e di impegnarla in qualcosa che non gli facesse male. Infatti Gennaro, a differenza delle sue normali abitudini, si era affezionato molto ai concorrenti, si sentiva vicino a tutti o quasi e vederli andare via dalla 'cattività' del loft gli faceva stringere il cuore ogni volta; lo sentiva proprio stretto in una morsa soffocante e per sfuggire ad essa -e non mettersi a piangere in mezzo a tutti- doveva stare solo in silenzio a fumare.
"E poi fa freddo, spegni la sigaretta dai, e chiudi la finestra che si congela." continuò Alessio, maledicendo il suo tono da zietta apprensiva. Gennaro ubbidì perché non aveva voglia di iniziare una discussione sul fumo o altro, spense la sigaretta, si voltò verso Alessio, lo guardò come dire 'contento?' e stette lì fermo senza fare né dire niente, era infastidito e arrabbiato con il moro per aver infranto il suo momento di solitudine. Alessio lesse i suoi gesti e la sua espressione e capì di averlo disturbato, si sentì un po' in colpa e poi risentito perché era solo venuto a vedere se stava bene insomma, non aveva fatto niente di male!
Si capivano sempre entrambi senza parlare, ma Alessio ultimamente -o forse se ne accorgeva solo adesso- riusciva a provare nei confronti dell'amico mille emozioni diverse, e questo lo destabilizzava e lo innervosiva leggermente.
Gennaro puntò gli occhi sul pavimento, poi sulla finestra, e infine su Alessio, cercando di guardarlo male, ma senza riuscirci del tutto a causa della tristezza che traspariva da ogni suo gesto ed espressione; aveva le guance arrossate per il freddo e gli occhi un po' lucidi, non solo per l'aria invernale. Anche Alessio concentrò tutta la sua attenzione sull'amico e subito lo assalirono pensieri contrastanti, come sempre ormai: È così bello quando fa l'arrabbiato. No no aspetta, cosa ho pensato? Beh non si può negare che sia un bel ragazzo, è oggettivo insomma. Alessio ricomponiti e esci da questa stanza per favore. Perché sono ancora fermo qui? Giusto, non posso lasciarlo solo se sta male. Ma no, se la cava, non sono sua madre. Vai via Alessio, ora. Ora. No, ora! Ora.
Quando Alessio era quasi riuscito a voltarsi per lasciarsi dietro l'amico e i suoi occhi azzurri, questi lo richiamò indietro: "Scusa Alé, dai non fumo più in camera". Alessio si rivoltò e sentì di non poter più andare via dopo averlo visto così abbattuto, con gli occhi tristi rivolti verso il basso. Perché Gennaro faceva così? Aveva sbalzi d'umore continui, che contribuivano a destabilizzare ancora di più Alessio e ad aumentare il livello del suo istinto protettivo; non ne poteva più, non poteva sempre assecondare l'amico, non era giusto, ma in quei momenti rimanere con lui gli sembrava sempre l'unica cosa giusta da fare. Fece per andargli vicino per abbbracciarlo, ma non ne era sicuro, perché si abbracciavano raramente, appena dopo il live di solito, e gli sembrava inopportuno, era un po' in imbarazzo, confuso. Che ti prende Alessio? È Gennaro, fai quello che ti pare, si disse come sempre, cercando di chiarirsi i pensieri.
"Rimani qui" sussurrò Gennaro, e volle rimangiarselo subito perché non voleva che Alessio pensasse che era sempre quello debole, bisognoso si rassicurazioni, insicuro. Si malediceva per tutte quelle volte che avrebbe dovuto tacere e non l'aveva fatto, che idiota, si ripeteva il ragazzo con il ciuffo di capelli sopra gli occhi, le guance ancora più rosse per la rabbia verso se stesso. Tanto non ha sentito, si disse per tranquillizzarsi, non sono un bambino.
Alessio però aveva sentito e non ci pensò due volte ad andare accanto all'amico; gli mise una mano sulla spalla e lo guardò, prendendo in mano la situazione e dicendo solo "Sto qui". Gennaro alzò il viso e i loro occhi si incontrarono: quelli scuri cercavano di mostrare quanta più sicurezza possibile, quelli chiari cercavano di reggere il confronto e di non tremare eccessivamente. Alessio si perse negli occhi azzurri di Gennaro: è davvero bello, si disse il moro, che corresse subito il suo pensiero con Oggettivamente, è chiaro.
I due erano l'uno di fronte all'altro, le mani di Gennaro tormentavano la cerniera della propria felpa, quelle di Alessio avevano entrambe raggiunto le spalle dell'altro. In silenzio si dicevano molte più cose che parlando; Alessio avrebbe tanto voluto leggere nella mente di Gennaro, più di ogni altra cosa. Il moro iniziò ad esplorare con gli occhi il viso dell'altro e si soffermò sulla sua bocca, scoprendosi a pensare cosa del suo viso fosse più bello: gli occhi o le labbra?
Alessio divenne rosso in viso e continuò a tentare di ordinare i pensieri. A che diavolo stai pensando Alessio? Smettila. Chissà come sarebbe sentire quelle labbra, chissà se sono morbide come sembra. ALESSIO, smettila, seriamente, non sei in te, si continuava a dire.
Gennaro scostò gli occhi da quelli di Alessio dopo averlo visto arrossire, e essere arrossito lui stesso.

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