1. Oracle of Delphi

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Le Finestre spaziotemporali della categoria degli specchi si aprono sull'eguale del luogo e del tempo in cui è posizionato, cioè nello stesso posto e nello stesso attimo dove sta, semplicemente quello non è il vostro Universo, ma un altro, quello invertito. Noi dell'Intraspazio lo chiamiamo Riflesso e per i corpi al suo interno usiamo i nomi al contrario: ad esempio, quel pianetino azzurro-verdastro che da noi è la Terra, di là è Arret e la sua stella è Elos.

Sto divagando. Dicevo che le Finestre di questo genere mostrano un'immagine tanto simile alla nostra realtà da trarci in inganno.

E qui incominciano le difformità.


1881

Delphi, Europa Occidentale


Caroline viveva in una tranquilla villetta nei dintorni di Delphi, un paesino rurale circondato dai campi.


Era un'insegnante di pianoforte ed era appena tornata dalla solita lezione mattutina presso gli Edwards. John, il giardiniere, stava potando le rose, e sua moglie, la domestica, stava riassettando la depandance dove viveva col marito. Caroline entrò in casa e, come ogni volta, si ritrovò davanti al grande specchio settecentesco appeso davanti alla porta. Ma stavolta il riflesso non era il suo.

John sentì un tonfo. Preoccupato, chiamò la moglie e corse verso casa.L'insegnante di pianoforte era stesa per terra, svenuta.

Con l'aiuto dei sali, si riprese e descrisse ciò che aveva visto.

<<I-i-io n-non c'ero... N-non c-c'ero...>>

<<Come, signorina?>>

Caroline si calmò di colpo. <<Era notte. C'era un vicolo in una grande città con torri che toccavano il cielo, i lampioni si accendevano da soli. Nello specchio.>>

<<Ha veduto ciò poiché ha battuto forte la testa svenendo, signorina. Guardi lei stessa, c'è il nostro riflesso nel vetro, nient'altro.>>

John aveva ragione. Il cristallo rimandava loro l'immagine di loro stessi.


Caroline si convinse di essersi immaginata tutto.


Ebbe di che ricredersi.


Mentre usciva per andare in Chiesa, vide con la coda dell'occhio qualcosa di diverso all'interno della cornice ageminata.

Si voltò, spaventandosi non poco. Ma rimase a guardare.


La domestica la trovò ancora lì, ritta in piedi. La scosse e questa incominciò a parlarle delle meraviglie a cui aveva assistito.

Atterrita, la governante corse a telegrafare al fratello della signorina, il signor Henry, di venire immediatamente per constatare le precarie condizioni di salute della sorella.

L'uomo partì in calesse appena ricevette il messaggio. Giunto alla villetta, venne accolto da una serafica Caroline che lo fece accomodare sul divano in sala e gli narrò ciò che aveva visto.

<<...E c'erano queste carrozze senza cavalli che andavano veloci come se a trainarle ce ne fossero dieci ognuna, su una strada grigio scuro con strisce bianche nel mezzo...

E le persone? Ti ho parlato del loro vestiario? Avevano tutte dei pantaloni blu, ma dovevano essere dei poveri, perché erano tutti strappati. Pure le donne erano conciate così!

Ma la cosa che più mi ha spaventato è stata la chiesa qui di fronte: c'era anch'essa! Però era attorniata da quegli edifici e da quelle strade, non era com'è adesso, sembrava più vecchia...>>

L'insegnante di pianoforte avrebbe continuato ancora per delle ore, se il fratello non l'avesse bruscamente interrotta.

<<Caroline, tu deliri! Tutto quello che dici è assurdo, non può esistere! Lo specchio, poi... ci sono passato davanti mentre entravo e tutto quello che ho visto era me stesso preoccupato per il telegramma che avevo ricevuto.>>

Il fratello convocò il medico, che, ascoltata la medesima storia dalla signorina, non poté fare altro che confermare lo "stato alterato" della donna.

Due settimane dopo, Caroline venne internata in una casa di cura.

Non ne uscì mai più.


Nel frattempo, un agente dell'Intraspazio portò via lo specchio anomalo per evitare altri danni al Continuum.

È tuttora custodito in una cella di massima sicurezza del Magazzino, coperto da un drappo.



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