Capitolo 2
L'ultimo venerdì di maggio Camilla aveva deciso di avventurarsi lungo il sentiero verso il rifugio Fanes. Il parco naturale le era stato raccomandato come il più bello in assoluto della Badia. Le parole esatte erano state "è un paradiso dove si respira pace e armonia" e quell'idea l'aveva colpita immensamente. Da ormai venti lunghi anni erano sensazioni completamente estranee per lei e aveva pensato che sarebbe stato meraviglioso poter imbottigliare un po' di "aria di pace e armonia" per annusarla nei momenti di bisogno. Ma la verità era che nemmeno si ricordava cosa si provasse ad essere in accordo con l'universo e in equilibrio con se stessa.
Per tre settimane aveva tergiversato con la madre al telefono, adducendo mille scuse per la mancata gita. «Mamma il tempo è incerto, potrebbe piovere.»
«Stiamo controllando le previsioni ogni giorno e domani sarà bello, vero Ninì?» Camilla aveva sentito il tipico borbottio del padre dall'altro lato della cornetta. «Tesoro perché non ci vai domani, non hai altri impegni, vero?» La madre non aveva nemmeno atteso una risposta prima di continuare. «Maria dice che si possono vedere le aquile reali. Non ti piacerebbe avvistarne una? Portano fortuna, tesoro mio!»
Come se Camilla potesse davvero credere nella fortuna oppure la buona sorte potesse dimostrarsi benevola verso di lei.
«Il sentiero è lungo e impervio.»
«Non sembrava così complicato sulla guida, vero Ninì?» Altro brontolio indistinto in sottofondo.
«Dai mamma, non ho nemmeno l'attrezzatura adatta!»
La madre aveva mugugnato prima di desistere e cambiare argomento. Camilla credeva di averla fatta franca invece aveva ricevuto un pacco con degli scarponi nuovi e due bastoni simili a quelli per sciare. Il generoso dono era stato acquistato, su commissione di sua madre e tramite Maria, da Denise che aveva spiegato a Camilla l'utilizzo dei bastoni oltre a fornirle una piantina con segnato il sentiero. Dopo lo sforzo di tutte le persone coinvolte, Camilla non poteva più evitare la scarpinata ma almeno voleva affrontarla da sola. Per questo non aveva detto a nessuno del suo progetto, pianificando di fermarsi al negozio di Denise al ritorno per fare il resoconto della giornata. Sarebbe stato un racconto entusiasta, arricchito magari dalla comparsa di qualche aquila, che Denise avrebbe riferito a Maria per infine giungere alle orecchie ansiose di sua madre. A volte Camilla si sentiva affaticata dalle bugie che inventava a profusione per accontentare i suoi genitori, ma non poteva farne a meno. Loro avevano bisogno di vederla serena, d'altro canto lei non trovava pace e così la menzogna era l'unica strada percorribile.
Non avendo più scuse, quella mattina all'alba Camilla indossò la sua tenuta da camminata, riempì lo zaino con l'occorrente e attraversò il paese salendo verso nord dove iniziava il sentiero. Il sole splendeva limpido nel cielo promettendo di regalare un'altra giornata calda come ce ne erano state tante in quella stagione anomala. Quando trovò le segnalazioni del sentiero cominciava a sentirsi accaldata e aveva già tolto la giacca. Non aveva incontrato anima viva, del resto era lunedì mattina, ma il silenzio e la solitudine erano buone compagne mentre camminava come un automa e si perdeva nei ricordi. Quando era sola non doveva mentire, la maschera cadeva e restava solo lei, un guscio vuoto desideroso di andare alla deriva. Le reminescenze del suo passato le aleggiavano intorno come fantasmi silenziosi, a volte non erano pensieri coscienti ma erano presenti, sempre.
Era così assorta nel passato da non accorgersi immediatamente dei rumori provenienti dalla curva successiva. Le braccia si muovevano da sole e i bastoni affondavano nel terreno a un ritmo serrato mentre il respiro diventava affannato, ma non voleva fermarsi. Quando Camilla terminò la curva e iniziò il tornante successivo, era troppo tardi per scappare. Tre lupi occupavano il sentiero a pochi metri di distanza. Erano enormi e avevano i denti scoperti in un ringhio che le fece venire la pelle d'oca mentre una scossa di adrenalina le attraversava il corpo dalla testa ai piedi. Per un secondo Camilla si distrasse a osservare la pelle e i peli ritti sulle braccia mentre le ginocchia le tremavano per la potenza di quell'emozione. Provare qualcosa, persino paura, era un'esperienza che aveva quasi dimenticato.
Indietreggiò di colpo, spostandosi sul lato esterno del sentiero mentre le belve la fissarono come qualcosa di buono da mangiare. In quell'istante fu certa che sarebbe andata così e non la stupì affatto l'ironia della sorte, aveva sfidato il destino cercando un luogo di pace e armonia quando non meritava altro che dolore e, nel caso specifico, essere sbranata da un branco di bestie selvagge. Le risuonarono nella mente le parole di sua madre: "meriti un po' di serenità figlia mia, nonostante tutto, tu la meriti." Il fato non era d'accordo e Camilla sapeva di non meritare niente.
Infine lo vide. Era alto e incedeva minaccioso mentre scendeva lungo il sentiero guardando in basso, il cappello calcato sugli occhi. Muoveva i piedi affondandoli con rabbia nel terreno, come un generale in marcia sul campo di battaglia e vestito di verde militare sembrava davvero il comandante di un esercito. Lui non l'aveva ancora notata, ma Camilla sapeva chi aveva di fronte. Era il Fulminato.
Le tornarono alla mente i pettegolezzi che aveva sentito e la testa si riempì di parole allarmanti: pazzo, pericoloso, bestia. I battiti cardiaci aumentarono la loro corsa tanto che li sentiva rimbombare nelle orecchie e le sembrò che il cuore le potesse schizzare fuori dal petto. In passato Camilla aveva sperato di risvegliarsi dal sonno dei sensi in cui era caduta, ma si era immaginata una lenta rinascita, come un fragile germoglio che sbuca nelle neve e cresce piano. Invece era vittima di un bombardamento sensoriale terrificante che la stava gettando nel panico. A peggiorare la crisi, i lupi ringhiarono di nuovo emettendo un verso agghiacciante e l'uomo alzò lo sguardo. Due occhi di ghiaccio fissarono ostili quelli di Camilla che d'istinto spostò il piede indietro di un passo e di un altro ancora. Poi non sentì più la terra sotto allo scarpone, solo il nulla, mentre precipitava e un urlo di terrore lacerava l'aria, ma non era stata Camilla a gridare. Era stato lui. Il Fulminato.
STAI LEGGENDO
Non merito il tuo amore
Chick-LitCamilla è una donna piena di cicatrici interiori causate da un passato tragico, ma finge una parvenza di serenità per il bene dei suoi genitori. Per accontentarli, accetta di partire per una lunga vacanza in un paesino di montagna dove i pettegolezz...