I. Bloody Bastard

211 20 0
                                    

Emma era appena uscita dall'alimentari, in cui era andata a comprare – su richiesta del padre – del latte fresco per il mattino dopo, ed anche una barretta di cioccolato a cui non era riuscita a resistere: era un'incorreggibile golosona... Avrebbe dovuto ripercorrere nuovamente i tre isolati a piedi prima di arrivare a casa, così decise di infilarsi per l'ennesima volta le sue amate cuffie ed alzare il volume al massimo, per perdersi al meglio nel suo personale mondo dove sapeva che nessuno mai avrebbe osato giudicarla. Non aveva molti amici, se non Ruby Sparks ed August Booth, a causa del suo carattere tendenzialmente chiuso, ma ciò non pareva importarle più di tanto... Tranne quando entrava in classe e chiunque iniziava a guardarla storto, in quei momenti sognava di essere più socievole e meno terrorizzata anche solo dal rivolgere la parola a qualcuno. Ma quando era da sola, si trovava completamente a suo agio, perché sapeva che non ci sarebbe stato nessuno a farla sentire inferiore, sbagliata, imperfetta; sapeva che l'unica persona con cui avrebbe avuto a che fare, sarebbe stata sé stessa. Per questo spesso preferiva coricarsi in una calda coperta sul divano, guardando un film, piuttosto di uscire con Ruby per andare in discoteca o in altri posti dove fare festa – che la sua migliore amica, al contrario, adorava fare ogni secondo... Solo una volta le aveva concesso un'uscita insieme, in discoteca: Neal l'aveva appena lasciata – o meglio, lei aveva appena scoperto che lui la stava tradendo, così l'aveva lasciato – ed era talmente a terra che quasi non usciva più nemmeno per andare a scuola, così una sera Sparks l'aveva trascinata in discoteca, per il compleanno di non sapeva nemmeno chi... Nessun ragazzo si era fatto avanti quella sera, ma per lo meno aveva sorriso qualche secondo; quella volta le era bastata per altre mille: non sopportava la musica da discoteca, dannazione!

Mancava circa un isolato a casa sua, quando sentì una mano posarsi sveltamente sulle sue labbra e subito sgranò gli occhi, tentando poi di dimenarsi, ma ogni suo singolo movimento fu impedito da un braccio che stava saldamente tenendola immobile da dietro; assestò un calcio alla caviglia della persona dietro a sé e la sentì gemere di dolore, ma questa non mollò l'osso e continuò a tenerla ferma, per poi farla voltare verso sé e bloccarle i polsi nelle sue mani. Emma chiuse gli occhi e tentò di dimenarsi nuovamente, ma quando li riaprì si ritrovò con le mani legate e subito dopo la persona – che si rivelò essere un ragazzo – le coprì la bocca con un panno. Era stato agile, dannazione, e lei debole... Il viso era coperto da un passamontagna ed anche per il resto era completamente vestito di nero, di sicuro per non farsi riconoscere; tentò di urlare, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu mugugnare qualcosa di impossibile, a causa della bocca impossibilitata dai panni.

"Ora tu vieni con me" sibilò il rapitore, per poi prenderla tra le sue braccia e caricarla in auto, sotto agli urli mugugnati di lei. Perché l'aveva messa nel posto affianco a quello di guida e perché stava legandole i piedi? Chi era? Cosa voleva? Milioni di domande stavano bombardandole mente, ma la principale era: suo padre avrebbe iniziato a cercarla notando la sua assenza? Il sacchetto della spesa le era caduto nel marciapiede e si trovava ancora lì, ma la musica nelle cuffie era ancora attiva, questo significava che fortunatamente aveva il suo cellulare con sé. Doveva tentare di non perdere il senno... "Non voglio farti del male, d'accordo?" interruppe il corso dei suoi pensieri lui, guidando. Certo rapirla in tal modo non era stato un ottimo modo per non convincerla del contrario... "Voglio solo vendicarmi di tuo padre" spiegò, con calma, per poi puntarle una pistola – scarica – alla tempia. "Ma se proverai anche solo ad urlare o scappare, sarò costretto ad usarla..." continuò.

La ragazza continuò a tentare di dire qualcosa finché l'altro, stufo, non si decise a farle scivolare al collo il bavaglio, così da permetterle di proferire parola; sbuffarono in sincronia e lei lo fulminò con uno sguardo, mentre lui ridacchiò di soddisfazione.

"Chi sei? E cosa vuoi da me?" sibilò, dimenandosi.

"Te l'ho già detto, voglio vendicarmi di tuo padre... E per rispondere alla seconda domanda" si avvicinò all'orecchio di lei, sorridendo beffardo "Non saprai mai il mio nome" vi sussurrò, per poi tornare con lo sguardo sulla strada. "Non sono certo così idiota da svelare la mia identità ad una persona che ho rapito!" rise.

Kidnapping your heart.Where stories live. Discover now