Vihen

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Diventare un mercenario al servizio del Re era stato per anni il suo sogno e la sua più grande aspirazione.

Anche in quel momento, mentre le gocce di sangue cadevano a terra lente formando macchie scure e nauseabonde sulla pietra grezza, non riusciva a pentirsene davvero.

Gli occhi vitrei e spalancati della donna sul tavolo scrutavano la sua figura senza provocarle il benché minimo rimorso.

Una vita non aveva alcun valore.

La ragazza pulì la lama del suo pugnale nero, sulla parte superiore dei pantaloni di cuoio che usava per la caccia, l'odore ferroso e rivoltante del sangue che le invadeva i sensi.

Ormai era abituata, era assuefatta dalla morte, dalla sensazione sublime che provava ogni volta che vedeva la luce sparire dagli occhi delle sue vittime.

Ma, più di tutto, amava la tortura, lenta e distruttiva, fisica e psicologica.

Le pupille dilatate dalla paura e quell'assurda e insensata disperazione nel continuare a lottare contro un nemico invincibile.

Perché lei si sentiva esattamente così...

Invincibile.

Uccidere era come il sesso, aveva i suoi preliminari, il suo culmine e poi quella sensazione di beatitudine che offuscava i sensi.

Era diventata come una droga per lei.

'Vihen' la chiamavano le guardie del Re quando arrivava a palazzo, nella lingua del volgo con la quale era cresciuta, l'assassina di innocenti.

***

La parte più dura del suo lavoro era inginocchiarsi di fronte a quel Re bambino che governava tutti i territori conosciuti, dall'estremo Sud della Terra del Sole all'estremo Nord della Terra della Notte, dove era nata e cresciuta per quindici anni.

Inginocchiarsi di nuovo era ciò che odiava di più, dopo anni passati da schiava, passati a sentirsi ripetere di essere solo uno sbaglio, un errore, solo la figlia bastarda di un noto nobile e di una ninfa del sottosuolo che lo aveva sedotto con l'inganno.

Non aveva mai conosciuto sua madre, morta di parto le avevano detto, suo padre invece non voleva nemmeno ricordare che esistesse.

Aveva vissuto anni da serva, sempre inginocchiata, sempre sottomessa al volere di qualcun altro.

Odiava Re Trehinan, ma ormai era l'unico davanti al quale dovesse ancora chinare la testa, era il vantaggio di essere diventata il capo degli assassini di Sua Maestà.

Il Sovrano la guardava attentamente, lo sguardo di ragazzino sedicenne che scandagliava il suo corpo allenato, ricoperto solo dall'attillata tuta di cuoio macchiata di sangue in più punti, mentre lei si rialzava.

"Il lavoro da voi affidatomi due giorni fa è andato a termine, in che altro posso ubbidirvi?" chiese freddamente osservandolo.

Il giovane Re, che sembrava avere ripreso contegno, tornò con lo sguardo sul suo viso, coperto quasi interamente.

L'unica caratteristica visibile del suo volto era il colore degli occhi.

***

La maschera di cuoio nera che le ricopriva interamente il viso le permetteva di nascondere il pallore innaturale della sua pelle, così da non essere riconosciuta.

Infatti, in ogni terra giravano le leggende sull'assassina di innocenti, ormai ogni uomo, donna, anziano o bambino conosceva quella figura temuta come la morte stessa, dalla pelle bianca e lo sguardo di tenebra.

L'assassina di innocentiWhere stories live. Discover now