"Oddio no" ho pensato mentre giravo l'angolo della via. Almeno sei ragazzi, sui venticinque anni, si trovavano a pochi passi da me, cicca in bocca, bottiglie di birra per terra e in mano. "Stai tranquilla, non ti faranno niente, sono solo ubriachi marci in una delle strade più pericolose di Londra, non guardarli, almeno non guardarli Eleonora." Devo ammetterlo, avevo paura. Il cuore ha iniziato a martellarmi il petto, sembrava volesse urlare di farlo uscire.
Erano le 5 di una fredda domenica dei primi di febbraio, avevo appena finito le prove dell'orchestra che dirigeva mio fratello, sì, proprio così, mio fratello Leonardo si è trasferito anche lui a Londra per dirigere l'orchestra della BBC e ha insistito molto perché partecipassi anche io. Alla fine ho ceduto, almeno un po' di svago, non è facile passare sei giorni su sei con la mente tra i libri, almeno la domenica posso pensare ad altro, alla musica. Io ho sempre amato la musica, mi sono diplomata al conservatorio della mia città in flauto traverso e pianoforte, il mio professore voleva che continuassi, che facessi il biennio, ma io non ce la facevo più, dovevo andarmene. Comunque eccomi qui, con la borsa contenente il flauto che mi cade dalla spalla destra e con la mano sinistra che cerca di tenere tutti gli spartiti de "Il flauto magico"."Ehi zuccherino, perché da queste parti?"
No. Non doveva succedere. Il respiro si fa più affannoso, credo di star perdendo la lucidità. No, non può essere, non posso lasciarmi prendere da un altro attacco di panico... Come diceva... Dante (?) "non ti curar di loro, ma guarda e passa". Okay, Ele, tu non guardare neanche, respira.
"Che troia, lasciamola stare"
"Okay, ce l'ho fatta"
Passato questo quartiere arrivo all'ultimo incrocio che devo attraversare. Il semaforo è rosso, devo solo aspettare gli ultimi secondi. "Cazzo, non ci voleva". Sento i piedi congelarsi, letteralmente. Non riesco più a muoverli, le ballerini diventano strette, meno male che ho le collant sotto. Anche le gambe iniziano a non rispondermi più, perfetto direi, i pantaloni a sigaretta sono più alta della caviglia e, forse per questo, sento il freddo arrampicarsi per le mie gambe. Mi chiudo il cappotto e mi sistemo la lunga sciarpa che arriva quasi fino alle ginocchia. La borsa mi scivola sul braccio, non ho la forza di spostare il braccio sinistro e di alzarla, la lascio sul gomito. Ecco che arriva l'immagine dell'omino verde sul semaforo. "Devo andare, dai Ele, cammina" allungo la gamba e iniziò a camminare. Sono schiacciata all'interno di una massa di circa 40 persone, mi stanno opprimendo. Un uomo alto, scuro, mi spinge e inciampo. Intanto il semaforo è rosso e le macchine iniziano a partire, ho paura, seriamente. Rimango distesa tra il traffico londinese, un centinaio di clacson iniziano a rimbombarmi nella testa, la cosa bella è che sono stesa nel bel bel mezzo dell'incrocio, e nessuno sta cercando di aiutarmi. Posso percepire la borsa sotto il mio stomaco, c'è finita con l'impatto con la strada, sento il flauto, rotto, almeno in sei sette pezzi, non può essere vero.
"Ma che cazzo fate! Non la vedete? Fermatevi porca troia!"
Sento delle mani cingermi i fianchi e una voce che mi dice: "ehi bellezza, ci sono io qui, tieniti forte".
Appoggio la testa sulla spalla di questo estraneo, mi girano per la mente le parole di mio padre, quando mi diceva di correre se qualcuno avesse provato a toccarmi, cerco di parlare, di dire che sto bene, di lasciarmi andare, ma tutte le forze mi hanno definitivamente abbandonata. Sono fottuta, devo cercare di fidarmi, di pensare positivo.
"Siamo quasi arrivati, tranquilla, fidati di me"
Mi sussurra nell'orecchio, un brivido mi scende sul collo, mi sento rigenerata, una scossa di calore mi ha attraversato il collo.
Sento la sua mano accarezzarmi la testa, le dire mi massaggiano i lunghi capelli ricci.