Hot coffee.

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Appena scesa dall'autobus inizio a camminare, senza meta. Mi obbligo a non alzare lo sguardo verso uno dei cartelli che indicano dove mi trovo: non voglio saperlo.
Ogni tanto mi piace osservare i piccoli dettagli di un posto, non sapendo se ci sono già stata o no. I profumi, sono la cosa che più mi colpisce. Sono una sorta di sfondo, di paesaggio, e possono rendere gradevole la situazione come possono trasformarla in qualcosa di curioso, oppure entrambe.

Ad esempio, un ispettore di polizia irrompe nella scena del delitto; in questo caso un vicolo cieco dietro una delle strade più affollate di Manhattan. La vittima è una senzatetto, lo si può notare dai vestiti trasandati e dal lerciume che le ricopre il viso contratto in una smorfia di dolore. Sul rapporto c'è scritto 'Avvelenamento da cianuro di potassio'. Gliel'avevano somministrato mescolandolo con dello champagne. Non capita tutti giorni a un barbone, di bere un bicchiere di champagne che ti è stato offerto mentre elemosinavi.
Il poliziotto in questione la osserva, in cerca di indizi o dettagli particolari, poi le si avvicina lentamente, senza staccarle gli occhi di dosso. Solo in un secondo momento, però, decide di espandere i propri sensi, e si rende conto dell'odore emanato dalla vittima. Profumo di vaniglia, pensa il poliziotto. Una senzatetto coperta di sporco, giacente in un vicolo pieno di spazzatura, morta peraltro, che profuma di vaniglia? Questo dettaglio rovescia completamente la prospettiva del poliziotto. Rende la situazione più interessante e curiosa, e sarà la chiave per risolvere il caso.

Ammetto di avere delle abitudini e dei gusti molto particolari, ma mi piace sentirmi una combinazione unica di vari ingredienti umani, e che con un pizzico di coraggio o di vanità in più o in meno, il risultato sarebbe un'altra persona.
Probabilmente avrete già notato che sono anche molto brava a formulare pensieri apparentemente vuoti a confronto con i veri problemi che non sono pronta ad affrontare.
Zittisco i miei tumultuosi (e vuoti) pensieri per il tempo che basta ad entrare in un Cafè. Purtroppo, scorgo l'insegna, e un attimo dopo sto già visualizzando una mappa nella quale dei puntini rossi indicano gli Starbucks nel paesino. Non ce ne sono molti. A giudicare dal forte odore di smog presente nell'aria e dalla presenza di molte persone per le strade, direi che mi trovo nelle vicinanze del centro. In questa zona si trova solo uno Starbucks, ed è davanti alla chiesa della città. Alzando lo sguardo per constatare attraverso il vetro che le mie supposizioni siano esatte, mi sorprendo di non scorgere davanti alla chiesa il famoso gruppetto di ragazzi della mia età che trovano divertente incontrarsi in centro, il pomeriggio. Si divertono a fumare e chiacchierare di cose frivole, passando da una panchina all'altra nei parchi, o sedendosi appunto sugli scalini della chiesa.
Ordino un Frappuccino Grande e girovagando per il piccolo locale, cerco una sedia libera. Non la trovo, meglio così, preferisco continuare a passeggiare sorseggiando il caffè. Eppure, rimanere dentro sarebbe stato non male: oltre alla temperatura calda, all'interno del Cafè si diffonde una musica non male, sovrastata ovviamente dal chiacchiericcio dei clienti.

Sulle note di Mad World, esco a malincuore e ricomincio a fare quel che mi viene meglio, cioè lasciare che i pensieri invadano ogni angolo libero della mia mente.
Mio padre è stato trovato morto il 17 febbraio di quest'anno, cioè circa tre settimane fa, con la gola tagliata da un oggetto molto fine, simile ad uno spago. Perfino un neonato capirebbe che si tratta di un cavo comunemente usato per tagliare l'argilla. Ormai il periodo del lutto è finito, per me. Ma, nonostante volessi molto bene al mio papà, sento di più mancanza di mia madre. Premetto che è ancora viva, ma non del tutto. Non solo la morte di mio padre le ha portato via la voglia di andare avanti, ma i sospetti infondati di tutti gli abitanti del paese sulla sua colpevolezza le hanno tolto l'orgoglio. Nelle ultime settimane era stata sempre più frequentemente soggetto agli interrogatori a quell'insulsa stazione di polizia che amministra la nostra zona. Grande come uno sgabuzzino e gestita da palloni gonfiati che non hanno neanche il minimo dettaglio in comune con i protagonisti dei film polizieschi e dei libri gialli. Fanno solo finta di riordinare le cose incriminando chi sembra il più colpevole.
Tutti erano convinti che fosse stata mia madre a uccidere il marito, con cui era felicemente sposata da più di vent'anni. L'unico indizio (che loro chiamavano "prova") contro mia madre era il fatto che lei fosse un'artista, e che per questo era provvista di cavi per l'argilla. Ma insomma, sul cavo non c'erano impronte!
Come se non bastasse, mia madre stava dormendo quella notte e in conseguenza non ha un alibi, perché l'unico testimone per confermarlo è attualmente morto. È una situazione penosa, oltre che ridicola.
Abbasso lo sguardo sul caffè, in modo da concentrarmi sul suo profumo e sulla sua dolcezza. Improvvisamente, tutti i pensieri sull'omicidio appaiono cosparsi di cannella, e l'immagine di mia madre con le manette non mi preoccupa più di tanto. E poi dicono che il caffè fa male!
L'effetto dello zucchero svanisce e mi concentro su dei dettagli che ho notato impressi sul cartone del bicchiere che tengo in mano. Sono delle mezzelune impercettibili, ma molto regolari. Ci sono segni di questo tipo per una buona porzione di superficie, e a volte si sovrappongono. Ciò indica che chi ha maneggiato il mio bicchiere, e probabilmente anche chi ha scritto "Bea" sul coperchio in plastica, era una persona con unghie lunghe e curate, quindi probabilmente una donna. Analizzo i ricordi a breve termine che ho immagazzinato solo qualche minuto fa, e penso alla gentile signora che mi ha porto il caffè: il suo volto era increspato in rughe leggere, ma le sue mani erano molto belle e curate. Neanche a dirlo, le unghie erano lunghe. Mistero risolto.

Ora posso tornare ad osservare il resto della città, il ricco profumo proveniente dal negozio di fiori accanto a me, quello invece più pungente della pizza, le poche insegne luminose che risplendono nel buio... Un momento, buio?
Il mio battito cardiaco accelera mentre sposto l'attenzione sul mio cellulare. Oltre a tre chiamate perse da parte di mamma, la scritta "ore 8,26" troneggia sullo schermo. Dovevo essere a casa mezz'ora fa.
Complimenti Beatrice, hai dato un'altra preoccupazione a tua madre.

1 Mad World, Jasmine Thompson.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 18, 2016 ⏰

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