Capitolo 1

98 10 3
                                    

Ogni giorno passa, come tutti e il maledetto tempo non si decideva mai di fermarsi nella sua corsa straziante.
Io insieme alla mia famiglia abitavamo in una grande città colma di gente, ed io la odiavo con tutto il mio cuore.
Quell'andirivieni di macchine ,autobus, treni mi davano un tale senso di come l'uomo stia buttando il suo tempo ,andando avanti solo perché dovevano farlo.
Ogni anno, in coincidenza a poche settimane prima della nostra vacanza annuale estiva, pregavo sempre che quella volta saremmo andati in campagna; in un bel posticino tranquillo, rilassante ,lontano da tutta quella notorietà.
Ma ogni anno ci recavamo in una città sempre più grande ed ogni volta mi accorgevo come in quel mucchio di persone ero uno di tanti e come tanti.
I loro sguardi erano così persi , scorrevano veloci , come i cavalli del vento sul mare; non avevo il  tempo di vedere ad esempio come era vestito o se portava gli occhiali o no.
Loro penso nemmeno mi guardavano , ero un fantasma a cui nessuno dava considerazioni.
Un giorno proposi di dire ai miei :
-perché quest'anno non andiamo in un posto tranquillo?
E mio padre con aria stupita
-che senso ha? Vuoi andare a recluderti in una capanna in mezzo ai boschi? AHAHAH.
E con una pacca sulla spalla , mi indicò come il colloquio era già finito e come fossi stupido ed ingenuo.
E dall'altra parte della cucina mia madre rideva insieme a lui di me.
Ma ancora adesso preferisco andare a "recludermi" che stare in quella città a cui non interesso minimamente.
Mi sentivo estraniato dal tutto, ma soprattutto non sopportavo come per gli altri fossi "un ragazzo qualunque".
Quell'idee mi si ritorcevano contro la notte, in preda al panico di non poter mai emergere da quella marmaglia di persone che avevano un solo obbiettivo, muoversi e spostarsi come il mondo diceva loro di fare.
Ognuno come una marionetta era pilotato con fili invisibili e anche con un burattinaio invisibile, ma questo lo vedevo solo io?.
Insomma i miei giorni passati in quell'ammasso di cumuli di corpi non pensanti, non erano il massimo della felicità per me .
E la cosa peggiore era che ci stavo entrando dentro anche io, si stava sempre di più trasformando in un circolo vizioso, la mia vita a cui gravava intorno: la scuola, la famiglia e tutte le altre cose normali che pratica un ragazzo di sedici anni.
Ma il mio destino non doveva essere quello, non poteva esserlo, lo avrei impedito in tutti i modi possibili.
Sapete no l'idea del destino già scritto? Ecco secondo me erano e sono un mucchio di fandonie, il destino siamo noi a crearcelo , decidendo le diverse strade che vogliamo percorrere, da questo poi si aprono altre speranze o altre delusione.
Fatto sta che quella non era la strada che io volevo percorrere.
E non sarebbe stata la storia che io avevo intenzione di scivere.

Uno Qualunque Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora