Capitolo 12

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Da principio quella mattina era stata movimenta più delle altre.

Mi alzai dal mio caldissimo covo, ancora assonato con una voglia di buttarmi dentro il letto incredibile, ma il caffè già scorreva piano e delicato dentro il latte, e quei buonissimi biscotti mi riscaldavano l'animo affranto di quei giorni.
Guardavo dalla finestra degli stormi che passavano irrequieti tra un tetto all' altro sfiorando le nuvole, magari avessi potuto volare anche io, entrare nel mondo di quelli che guardano i problemi degli altri dall'alto, come per dire che a noi non sfioravano minimamente.
Sarebbe stato bellissimo, viaggiare e visitare diversi posti che sono al di fuori di questo perimetro, si le vacanze erano belle ma monotone.
Ad esempio andare in Grecia sarebbe stato il mio sogno, fondermi con le divine sapienze antiche, trovare l'apice della conoscenza umana, ma chi avrebbe voluto fare questa cosa con me? Credo nessuno.
Così ero una semplice rondine in gabbia, che vedeva gli altri suoi compagni volare lontano ma non poteva perché era rinchiusa gelosamente da altri.

L'orologio, mio grande nemico mi fece perdere il pensiero e con il suo ticchettio assordante mi scandii il tempo dicendo che era ora andare.
Il freddo mi tagliava la faccia e nel cielo nemmeno un raggio di sole, ma grandi nuvoloni incontrasti si ergevano a bloccare il celeste immenso del cielo.
Le macchine come sempre si accavallano in quei pochi kilometri da percorrere, e come se il clacson le facesse andare più veloci, gli autisti non si vergognavano ad usarlo.
Era incredibile come già di prima mattina, tutte quelle persone si fossero piombate in strada, tanto che passare in alcuni punti era impossibile, inoltre ci si mettevano pure i semafori nel rompermi l'animo di quella mattina, finalmente la stazione degli autobus un attimo di pace e di tranquillità.
Entrato una puzza di gas di scarico mi piombò a dosso, mentre cercavo disperatamente in quel fumo la scritta "linea 33", niente non si vedeva, quella coltre si addensava sempre più e le persone si apprestavano ad entrare, una completa bolgia si insaturi quando le porte degli autobus si aprirono e tutti si fiondarono letteralmente verso i posti, chi saliva sopra un altro e via dicendo; mentre io ero rimasto fermo non sapendo che mezzo prendere, una vecchietta spingendomi mi disse:
-tu, muoviti forza non vedi che ore sono è tardi! Se non ti sei svegliato bene dal letto ritorna a dormire, brutti giovani di oggi che sapete solo dormire.
Mentre io:
-prego signora, non si preoccupi la corriera non parte senza di lei.
Brontolando se ne andò per la sua strada, ma non avevo nemmeno tempo di pensare a cosa mi avesse detto quella sgarbata, non trovavo il mio autobus; finché non lo vidi prendere il volo verso la strada, non avevo mai perso il pullman proprio oggi doveva succedere?.
Ora mai scoraggiato mi misi seduto nella panchina aspettando la prossima corsa, tutta quella folla già si era dissipata nel fiume di incroci e curve, mentre io ero rimasto lì come un fesso.
Nemmeno un' anima viva si faceva vedere, solo un gattino nero si era avvicinato a me e dopo una lieve vista si precipitò verso l'uscita della stazione, chissà forse mi avrebbe portato fortuna, dato che maggiore sfiga pensavo non potesse capitarmi.
Invece, da lontano un ticchettio di tacchi attirò la mia attenzione, guardai in fondo era lei, come potevo non riconoscerla? Così diversa ed unica da tutti, credo sarei riuscito a ritrovarla anche in mezzo al caso di prima.
-Elena!.
-...
Si era fermata all'improvviso, era come raggelata, io allora mi avvicinai per fare il primo passo ma il mio spirito di riconciliazione era finito immediatamente, usciva da dietro l'angolo proprio quel simpaticone di Luca che la abbracciò, dicendole
-ma non è quell'imbecille del bar?
-shh, sta zitto-con una vocina quasi per non farmi sentire-ciao, senti scusa dobbiamo andare.
Mi fermai per un momento, non potevo credere a ciò che stavo vedendo, lei si era rimessa insieme al suo ex, senza dirmi niente lasciandomi solo con l'amaro in bocca! In quel momento la bile si era tramutata in sangue, e non sapevo più come controllarmi e quei due mi continuavano a guardare imbambolati, presi verso di loro, infuriato, stupefatto e per la prima volta feci quello che mi diceva il cervello di fare e diedi un bel pugno sul muso di quel bastardo, facendolo cadere rovinosamente a terra.
-ma cosa fai sei scemo!!!- lei con fare di sbigottimento e si apprestò a farlo rialzare e vedere se andava tutto bene consolandolo.
Proprio in quel momento avevo visto ciò che sarebbe dovuto succedere a me, eppure non mi stupii della deficienza che una persona può avere, mi aveva preso in giro e per questo mi sentivo io deficiente, umiliato in tutti i modi possibili, ma questa era veramente troppo.
Ci ero cascato come un pesce nella sua rete e credevo di essere l'unico, ma infondo un pescatore non punta mai ad una sola preda, il mio demone poi angelo si era trasformato in un vero e proprio diavolo, dotato di un fare affascinante e con voce soave.
Preso letteralmente per i fondelli, senza spiegazioni o altro ero stato mollato senza saperlo, cosa avrei dovuto fare oltre a quello?.
Ma infondo non me l'ero presa né con lei né con lui ma con me stesso, che ero così stupido da credere che l'amore esisteva veramente, che un giorno mi sarei sposato con lei avremmo avuto due figli, un maschio ed una femmina possibilmente, con un cane un gatto e anche un coniglio nano... quante stupidaggini affisse a muri che non si reggono nemmeno da soli.
La vita però era così un continuo di momenti belli e brutti, ma ora mai ci eravamo dentro e cosa dovevamo fare altro che affrontarli?.
Prendere i nostri problemi e capire cosa c'era celato sotto, sapere tutte le oscure trame della vita, escluse agli occhi di chi non sa vedere.
In effetti quel giorno mi feci cieco, e dopo essere rimasto a vedere quella falsa commedia, girai i tacchi senza voltarmi, perché sapevo che la vita andava avanti con o senza gli altri, io in quel mondo c'ero mi avevano dato una vita e bisognava viversela finché si poteva.

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