"Ora tocca a te, piccolo Asgard" disse il vichingo prima di entrare nell'arena
"A-a me? Ma io non sono pronto!" rispose il bambino
Asgard: un piccolo bambino di 9 anni alto un metro e quaranta, figlio del capo-vichingo e, quindi, possibile erede. Corpo fine, capelli bruni e occhi color verde smeraldo. Di un carattere vivace e gentile ma anche testardo.
Era il suo primo giorno di combattimento corpo a corpo coi draghi. La legge del villaggio impone che ogni bambino, maschio o femmina che sia, deve imparare a combattere i draghi fino all'età di 5 anni.
Quel giorno doveva essere speciale. Doveva dimostrare al padre e a tutta la comunità che lui aveva coraggio. I primi anni aveva timore persino di guardare con la coda dell'occhio un minuscolo rettile. Diventando grande, non cambiò nulla. La sua paura dei draghi gli rimase impressa nella mente, cosa strana visto che era proprio il figlio del capo-vichingo.
Entrò tremando nell'arena. Era un posto enorme e circolare, con una cupola di rete di metallo e vari portoni in legno e ferro, dove dentro si celavano alcuni draghi non molto forti. Alla sua destra c'erano degli scudi e delle spade per combatterli. Alla sua sinistra, invece, c'erano delle botti contenenti dei pesci, che venivano tolte una volta iniziato il combattimento corpo a corpo.
Asgard prese un pesce e se lo infilò tra la cintura di cuoio e i pantaloni di lana marrone. Poi prese una spada e uno scudo, e si posizionò di fronte ai portoni.
Fece un lungo sospiro per calmarsi, visto che stava tremando come una pecora spoglia, e poi fece un cenno al vichingo che doveva liberare il primo drago.
Il primo portone, quello al centro, si aprì, rivelando una drago qualche centimetro più grande del bambino, con delle squame giallognole che li percorrevano tutta la spina dorsale, occhi color cielo e il corpo di un colore misto tra azzurro, verde e giallo.
Si stava avvicinando velocemente ad Asgard, mentre questo stava fermo a fissarlo con lo scudo a mezz'aria. Tutti lo incitavano a muoversi, altrimenti il drago lo avrebbe ammazzato, ma era come se le sue orecchie non ci fossero più. Il bambino era concentrato solo al drago.
Gli caddero dalle mani sia lo scudo che la spada, rivelando il pesce che era rimasto sul suo corpo.
Il drago si fermò di colpo, volgendo lo sguardo al pesce e assumendo un'aria affamata.
Asgard riprese conoscenza, afferrò il pesce e il drago lo seguì con lo sguardo. Allungò il braccio verso esso e lo incitò a mangiare, mentre al rettile, ormai, gli stava scendendo la bava dalla bocca.
Intanto la folla sugli spalti sembrava pietrificata. Alcuni bisbigliavano che se non ce l'avesse fatta il drago l'avrebbe mangiato in un sol boccone. Altri rimanevano fissi a guardare la sua presunta fine.
Il capo-vichingo, invece, cercava di non perdere il controllo. Perché mio figlio deve fare queste scenate davanti al mio villaggio? Che cosa staranno pensando adesso? Ma che diamine vuole fare con quel drago? Addestrarlo? È una cosa da matti! Devo fermarlo! Pensò.Asgard, invece, stava aspettando pazientemente che il drago prendesse la porzione di pesce dalla sua stessa mano, quando suo padre gridò un "fermate il combattimento" e il rettile venne portato con delle corde dentro la sua gabbia.
Tutte le persone, che erano venute per assistere al combattimento, tornarono a casa deluse dalla reazione che il figlio del loro capo abbia avuto davanti ad un drago.
Anche Asgard fece per andarsene quando, girandosi verso l'uscita, non sbattè contro il petto robusto di qualcuno. Alzò lo sguardo per vedere chi fosse e incontrò la furia negli occhi di suo padre. Forse era meglio se lo uccidevo. Pensò Asgard.
"Asgard Frode O'Byrne" disse il capo guardando suo figlio "venite con me, dobbiamo fare una lunga discussione"
E a quel comando il bambino non poté far altro che abbassare il capo e seguire suo padre nella sua dimora.
Durante tutto il cammino, Asgard incontrò sguardi preoccupati di alcune persone che continuavano il loro lavoro, ovvero agricoltura e pesca.
Arrivati su una collinetta che dava a vedere tutto il villaggio, entrarono in casa. In quello che si può chiamare ingresso, si trovavano decine di fogli con delle mappe sopra, pelli di draghi appese ai muri, spade, mazze chiodate, vari scudi e quant'altro.
Il padre fece cenno ad Asgard di aspettarlo un camera sua, così lui passò il piccolo corridoio di quella casa ed entrò nella stanza.
Al contrario dell'ingresso, la camera del bambino era un misto tra felicità e atrocità. Un enorme letto con una coperta di bue era posizionato al centro della stanza, al suo fianco vi era una scrivania con sopra fogli sparsi ovunque. Sulle pareti vi erano vari dipinti di scene di guerra. Raccontavano la storia della lite tra draghi e vichinghi.
Asgard si tolse l'elmo dal capo e lo appese su di un gancio affianco alla porta. Si buttò sul letto e ripensò all'accaduto. Perché era diverso da tutti gli altri? Perché aveva paura di quelle creature che tutti chiamano "draghi"? Perché non possedeva coraggio come suo padre? La sua testa era tutto un perché.
A mettere fine ai suoi pensieri fu la porta della sua stanza che si aprì. Suo padre era sull'uscio della porta e guardava il figlio con rabbia e frustrazione. Entrò e si sedette accanto ad Asgard, che intanto si era alzato con la schiena.
"Asgard, perché non riesci a combattere un maledettissimo drago?" disse calmo, anche se stava scoppiando dalla rabbia.
"Padre, non lo so. Non ho la forza di uccidere un drago. Forse ho preso da mia madre"
Già, sua madre. Una donna assai buona e gentile, che a suo padre non gli sfuggì di vista. Se ne innamorò dal primo istante che i loro occhi s'incrociarono. Purtroppo, dopo che il loro primogenito nacque, ella morì di crepa cuore, lasciando uno spazio vuoto e mai riempito nell'anima del capo.
"Tua madre era contraria fin dal primo istante, sì, ma ciò non significa che tu sia una femminuccia. Devi combattere figliuolo, non puoi permettere che quei draghi ti strappino via la vita come un non nulla. Un giorno sarai tu il capo di queste guerre. Dimmi: come farai a proteggere il tuo villaggio da un attacco di quei rettili?"
Asgard sospirò e si butto, di nuovo, di schiena sul letto, guardando il soffitto con sguardo vuoto.
"Come pensavo" disse il padre prima di alzarsi e uscire dalla stanza
Spazio autrice~
Ciaooooo. Sono un'appassionata di draghi e quindi ho pensato "Hey, perché non faccio un libro sui draghi??". Spero che vi piaccia e che, quindi, commentate qui sotto, e non li sopra- cit Daniele Doesn't Matter. Okay...io vado prima di impazzire letteralmente...bye bye
P.S. la media di parole sarà sempre 1000 finché non deciderò di allungarla un po'
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