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"Non si dimenticano le persone che ti hanno scosso il cuore"

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Una lacrima cade sul mio viso pallido, ripensare a tutto quello che sta succedendo mi fa male, ma devo essere forte.
Mi asciugo velocemente quella lacrima sola e insignificante per poi dare ascolto al tassista che cerca di comunicare con me da più di mezz'ora. Perdere una madre non è facile, puoi scegliere di deprimerti per sempre o puoi scegliere, come ho fatto io, di spegnere i sentimenti.

"Signorina Bruce, siamo quasi arrivati all'orfanotrofio, dovrà rimanere lì finché non troverá una nuova famiglia con cui stare, chiaro?" A quelle parole mi si raggela il sangue. Io non posso trovare una nuova famiglia. Non posso e non voglio.

"Certo, quanto manca?" Chiedo facendogli capire che non mi interessa minimamente niente di ciò che ha detto "Siamo arrivati" sorride ed io cerco di ricambiare nel modo più vero possibile. Lentamente scendo dal taxi, di fronte a me c'è un edificio si e no di cinque piani, è grigio e triste, tutti gli alberi intorno sono morti, la scritta principale 'Orfanotrofio di Omaha' è tutta scrostata, con tanti posti magnifici del Nebraska proprio qui dovevano portarmi?

"Signorina" una voce acuta mi chiama, mi giro nella direzione da cui proviene quel suono orrendo "Salve signora" la donna che ho davanti sará una cinquantenne circa, è minuta e gobba, dall'aria inquietante

"Io sono la signorina, Adams" fa una smorfia. Adams, sono capitata nella casa degli orrori?
"Bene io sono Malia"
"Vieni Malia ti mostro la tua stanza" mi accompagna all'interno dell' edificio, deve essere una scuola unita ad un orfanotrofio, almeno così sembra.

Ci dirigiamo al terzo piano e ci fermiamo davanti alla stanza 3-22b. La signora Adams cerca di aprire la porta ma è bloccata, prende a bussare bruscamente urlando "Johnson apri questa porta!" Non ho idea di chi sia questa ragazza, anzi spero vivamente che sia una ragazza.

Dopo vari tentativi la porta si apre facendo uscire una ragazza con solo una maglia lunga addosso, capelli biondo canarino lisci e occhi color caramello, dal suo aspetto sembrerebbe che abbia appena finito di correre.

La ragazza scappa via ridendo con un sorriso da idiota e poco dopo sentiamo dire qualcosa da qualcuno nella camera "Ti chiamo più tardi piccola!" È la voce di un ragazzo.

"Johnson quante volte ti devo dire di non portare le ragazze in camera?!" sbraita la Adams
"Ma dove potremmo scop-"
"Basta basta, non continuare" sul volto della donna appare un accenno di disgusto.

Entro in camera ignorando i due, chissà quante cose ci ha fatto quel tipo qui dentro. C'è un letto tutto in disordine e uno intatto, suppongo il mio.
"Ehi, frena che ci fai nella mia stanza?" si intromette il ragazzo.

Decido di contrabattere, "Che ci fai tu nella mia stanza?" incrocio le braccia sotto il seno.
"Temo di non capire" guarda la donna fuori la porta.
"Jack Johnson lei è Malia Bruce, Malia, lui è Jack Johnson, sarete compagni di stanza" la coerenza di questa donna...

La faccia di Jack passa da confusa a arrabbiata
"Le avevo detto che volevo rimanere da solo!" inizia ad urlare
"Mi dispiace ho deciso così, buona giornata!" Esce sbattendo la porta

Inizio a sistemare la mia parte di stanza
"Che palle anche un'albina di merda" A quelle parole mi blocco completamente, ecco, le persone giudicano subito, come mio padre, ha subito giudicato mia madre perché era un' albina, ma io non lo sono del tutto

Senza nemmeno accorgermene mi ritrovo a piangere silenziosamente, è brutto sentirselo dire. Riprendo il controllo della situazione asciugandomi le lacrime.

Truth or Dare?Where stories live. Discover now