Capitolo 2

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Rimasi in quello stato di incoscienza in cui ero caduta per circa nove ore.

Nove ore di incessanti incubi, pieni di occhi verdi brillanti, cadaveri lacerati, sibili e fiamme. Enormi fiamme divampanti che divoravano tutto ciò che le circondava, lasciandosi dietro soltanto una desolata scia ancora fumante e completamente spoglia, priva di qualunque forma di vita.

Ricordo di essermi svegliata di soprassalto, spalancando gli occhi e boccheggiando alla ricerca d'aria. Nelle orecchie ancora i lamenti, le grida di dolore e di aiuto provenienti dalle persone che non ero riuscita a salvare, che contavano su di me, sul mio aiuto. E le fiamme. Le enormi fiamme che divampavano tutto intorno a me, fino a circondarmi completamente.

La mia fronte era completamente imperlata di sudore e la gola era secca.

Chiusi le palpebre il più forte possibile cercando di dimenticare il recente sogno.

Ma ormai era impresso nella mia memoria.

Come tutti gli altri.

Con il passare dei minuti il mio cuore ritornò a battere in un modo più calmo e regolare e piano piano mi rilassai anche io, facendo distendere i muscoli precedentemente tesi.

Sospirai.

Era successo ancora. Per colpa di questi continui incubi riuscivo a dormire a malapena per tre ore ogni notte.

Cercando di scacciare il ricordo di ciò che avevo sognato poco prima, cominciai a guardarmi intorno.

Mi trovavo distesa sul letto in una piccola stanza. Anche nella penombra che ricopriva la camera, riuscii a vedere le pareti tinte di bianco e la finestra posta alla mia sinistra. La vista era bloccata da delle grosse tende di un verde spento che arrivavano a sfiorare il pavimento. Addosso non avevo gli abiti che avevo quando avevo perso i sensi, ma un camice bianco di cotone.

Cercai di alzarmi quando mi accorsi di essere collegata da diversi fili ad un macchinario e ad una sacca piena di una sostanza indistinta. Istintivamente spalancai gli occhi e scattai in avanti, spaventata. "Cacciatori!" , pensai subito, cosa abbastanza sensata visto che ero svenuta in un bosco, in un luogo che neanche conoscevo. Avrebbero potuto avermi presa e trascinata in un loro nascondiglio e ora mi stavano avvelenando con chissà quale tipo di sostanza. Cercai di liberarmi da quei congegni, cominciando ad agitarmi e a tirare via dal mio braccio i numerosi tubicini e aghi con gesti secchi e rapidi.

Quando fu sparito anche l'ultimo, afferrai il lenzuolo bianco posato su di me e lo spostai per poi posare i piedi a terra.

Soltanto il gelido pavimento a contatto con la mia pelle riuscì a riportarmi alla realtà. Rabbrividii mentre pensieri più razionali di quelli scatenati dal panico mi attraversavano la mente.

"Non avrebbe senso per dei cacciatori rapirmi da svenuta per poi portarmi qui, infilarmi in un letto pulito, darmi vestiti profumati e collegarmi ad un cardiografo." Riflettei mentre osservavo il macchinario di fianco al letto su cui un attimo prima ero distesa, che in quel momento era attraversato da una linea verde e produceva un fischio continuo parecchio irritante.

Ma c'era ancora il problema della sostanza che mi era stata iniettata nel braccio fino a pochi secondi prima. Per essere sicura che all'interno della sacca appesa al supporto accanto al letto non ci fosse qualche sostanza velenosa per il mio organismo, come dell'argento liquido o un infuso di strozza lupo o chissà cos'altro, mi avvicinai cautamente e la analizzai a distanza di sicurezza.

Quando però sentii l'odore di sostanze alimentari e non quello forte e acido dell'aconito, mi tranquillizzai di nuovo.

Non ero stata catturata.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 10, 2017 ⏰

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