'Dai Emma, muoviti!!'
Greta rideva come una cretina mentre la pioggia cadeva fitta sui nostri corpi ormai già bagnati fradici. Avevamo passato la serata a passeggiare tra le vie sperdute di quel piccolo paesino che amavo da morire, raccontandoci tutto quello che ci era successo da un anno a quella parte.
Somma Vesuviana era per me un luogo magico. Quando ero piccola, passare li la mia estate, era la cosa che più mi rendeva felice. Lasciare casa,lasciare la mia città e tutte quelle dannate persone che ci vivevano mi faceva stare bene. A Somma respiravo aria pulita. Potevo essere me stessa senza preoccuparmi del parere delle altre persone. Li erano tutti gentili,cordiali e simpatici, o almeno, la maggior parte.
Greta era la mia preferita, la conoscevo ormai da parecchi anni e nonostante restassimo lontane per molto tempo, ogni volta che tornavo, mi accoglieva come se non ci fossimo mai separate. E ridavamo e scherzavamo ricordando insieme le avventure e disavventure della nostra infanzia.
Avevo circa 6 anni quanto la vidi per la prima volta. Suo padre stava ristrutturando la casa vicino a quella dei miei nonni mentre io giocavo per la via con mia madre al seguito. La curiosità era troppa quindi sbirciai dalla fessura della porta:
Una giovane donna teneva in braccio un bambina piccolissima mentre altre due figure, un ragazzo e una ragazza, giocavano ai piedi della sedia con un gattino.
Da quel giorno Greta e i suoi fratelli diventarono il mio passatempo preferito. Grazie a lei, crescendo, riuscii ad ambientarmi bene e a conoscere i coetanei del paese.
Per quanto riguardava le persone più anziane, invece, non avevo bisogno di presentazioni: passeggiare per Somma senza essere fermata era quasi impossibile.
'Ma tu sei la figlia di Anna?' oppure 'Ma sei la nipote di Rita?'
Mia nonna, prima che se ne andasse, aveva un agriturismo molto famoso per il paese. Mia madre, invece, conosceva tutti dal momento che lì c'era nata ed, evidentemente, ero tanto simile a lei da non riuscire a passeggiare tranquillamente. Non che la cosa mi infastidisse.
La sequenza dei ricordi che formavano la mia infanzia venne interrotta dal suono di un clacson.
'MERDA!'frenai bruscamente per evitare di tamponare la macchina davanti a me che si era fermata di colpo senza darmi il tempo di rendermene conto.
Dopo la morte di mia madre non ero più tornata a Somma, avevo troppa paura che questa mi scatenasse una serie di emozioni troppo difficili da sopportare. Ma era giunto il momento di fare questo grande passo. Prima o poi avrei dovuto farlo e quando se non durante l'estate?
Finalmente riuscii, di nuovo, a lasciarmi alle spalle la mia città.
E così, eccolo li, il cartello che indica l'inizio di Somma vesuviana.
A seguire la pasticceria di Marco; che fa dei cannoli da paura.
Poi Gigi il fruttivendolo e Antonio il tabaccaio.
Mentre la mia mente, che quel giorno mi stava torturando, mi portò a quando ero più piccola, quando la nonna mi mandava da loro a prendere delle mele per fare la torta o semplicemente un pacchetto di sigarette, lamia auto mi portò a destinazione.
Mi fermai nel parcheggio del vecchio agriturismo e scesi.
'Coraggio Emma, quanto può essere difficile?'
Presi le chiavi dalla tasca e la valigia dal baule e mi fermai un attimo ad osservare ciò che mi circondava.
Era incredibile come quel posto, anche dopo anni e anni, riuscisse a mettermi una tranquillità quasi sovrannaturale. Feci un respiro profondo e mi avviai verso casa.
Mi fermai ancora un attimo davanti alla porta, fissandola.
Lemie gambe erano poco stabili e la mia stupida mente non migliorò la situazione.
Pensai a tutte le volte che ero entrata e uscita da quella porta.
Era una scocciatura immensa aprirla perchè il campanellino attaccato sopra, che serviva ad avvisare la nonna dell'arrivo di nuovi clienti,suonava ed era seccante urlare ogni volta 'SONO IOOOO'
Mi feci forza e la aprii.
Un odore nauseante di polvere e chiuso mi travolse e fu quasi inevitabile tossire.
Lasciai la valigia in entrata e attraversai lentamente il salotto allungando il braccio per passare la mano sopra la credenza, che da piccola non potevo toccare, piena di vecchi piatti e bicchieri.
Per una buona mezz'ora non feci altro che osservare la casa in silenzio tartassata da migliaia di ricordi.
Ma poi decisi di darmi da fare e di sistemare tutto, non avevo intenzione di vivere in un posto simile per tre lunghi mesi.
Un ora, e tre strati di polvere dopo, tutto era finalmente pulito e profumato.
Tutto tranne io.
Mi tolsi esausta i vestiti, accesi l'acqua calda ed entrai in doccia.
L'acqua tolse tutto lo sporco e, insieme a lui, tutta la preoccupazione che avevo il giorno prima.
Ero stata davvero stupida a non tornare prima, mi ero completamente dimenticata di quale effetto questo paese facesse su di me.
L'agitazione lasciò spazio ad una gran fame e il mio stomaco iniziò a brontolare così decisi di uscire di casa. E cosa potevo fare se non andare da Marco?
La mia pancia, e il mio palato, avrebbero sicuramente gradito.
Percorsi la strada che mi separava dalla pasticceria guardandomi attorno,felice di essere finalmente tornata.
Non appena vidi Marco mi resi conto di quanto tempo fosse realmente passato, tra i suoi capelli scuri spuntava qualche ciuffetto bianco e quelli che un tempo erano i bellissimi lineamenti del suo viso erano nascosti da una barba davvero poco curata.
Non appena si accorse di me i suoi occhi si illuminarono e mi accolse con un sorriso smagliante mentre serviva un cliente. Quello era rimasto lo stesso di un tempo, sempre così caldo e bello.
Presi una sedia e mi sedetti al bancone assaporando ogni profumo possibile.
-'A te,cara' Marco posò sul tavolo un cannolo che aveva un aspetto davvero invitante.
'Cosa ti porta da queste parti?'
Adoravo quell'uomo, quando ero piccola giocavo spesso fuori dalla sua pasticceria e lui, ogni tanto, mi portava qualche dolce da mangiare.
'Mangia che ti fa bene' ripeteva lui come un nonnino che rimprovera la propria nipotina.
Passai l'intero pomeriggio a chiacchierare con lui senza nemmeno rendermi conto del tempo che passava.
Mi era mancato davvero tanto.
Pure Pamela, la moglie, fu contenta di vedermi. Uscì dalla cucina e rimase spiazzata nel vedermi seduta li. Iniziò a ridere e a piangere contemporaneamente e iniziò ad abbracciarmi tanto forte da farmi male.
Non ricordo precisamente di cosa stavamo parlando, probabilmente Marco mi stava raccontando di uno dei tanti clienti strani che frequentano quel posto, so solo che improvvisamente la nostra conversazione venne interrotta da una voce alle mie spalle.
'Emma? Sei davvero tu?'
Mi voltai, già sicura di chi mi sarei trovata davanti, e con un sorriso enorme sul volto e le braccia spalancate esclamai: 'In carne ed ossa, Butch!'
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there's no place like home
FanfictionAvevo circa 6 anni quanto la vidi per la prima volta. Suo padre stava ristrutturando la casa vicino a quella dei miei nonni mentre io giocavo per la via con mia madre al seguito. La curiosità era troppa quindi sbirciai dalla fessura della porta: Una...