Memento Mori

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Un freddo terribile si insinuava sotto la sua pelle, un elettrico gelo le ghiacciava le vene. Il suo pesante respiro prendeva forma nel calmo inverno di quella notte. La sua felpa era ancora macchiata di sangue innocente dal forte odore acre. Il suo cuore tremava di disperazione, paura e orrore.

Correva per strada senza sapere dove andare, voleva solo fuggire finché le sue gambe non avrebbero più risposto ai comandi. Voleva scappare fino a quando non avrebbe avuto la forza di andare avanti.

Quando, finalmente, si stancò, prese a camminare. La metropoli addormentata era un magnifico spettacolo di luci. Di fronte a esso si fermò e rimase a osservarlo. Lo contemplò come solo lei sapeva fare. Per un attimo, quasi impercettibile allo stesso Signore del Tempo, lei smise di pensare. Anche se solo per un attimo, accarezzò dolcemente con due dita la libertà.

"Vorrei essere fatta di luci dai mille colori" pensò.

Poi, la realtà le crollò nuovamente addosso, come se un grattacielo la schiacciasse senza, però, ucciderla.

Vomitò, presa a pugni dai suoi pensieri e dalle sue emozioni.

Tornò a camminare e passando affianco ad un supermercato aperto si fermò. Si toccò le tasche e si accorse di avere qualche spicciolo, così decise di comprare un po' d'acqua altrimenti avrebbe ripreso a vomitare. Si abbottonò la giacca per non dare nell'occhio e si alzò il cappuccio.

Entrò, mani in tasca e sguardo basso, e si diresse verso la zona bevande del locale.

Prese una bottiglietta fra le mani e la guardò per un po', come se quell'acqua fosse la risposta a tutte le domande che il suo cuore amareggiato e spezzato cercava. Poi si girò e fece l'errore di notare il proprio riflesso nella vetrina del negozio.

All'inizio vide semplicemente il suo volto, aveva un aspetto stanco e disperato. Alcuni riccioli ramati contornavano quel piccolo viso con qualche lentiggine. I suoi occhi grigi erano terribilmente spenti e privi di qualcosa, forse di vita. Era la prima volta che lo notava. Era lì in piedi, respirava il suo cuore batteva, eppure, era priva di vita.

Poco a poco, quel viso venne ho oscurato e si creò un nuovo volto, nero come la pece.

Sembrava sorriderle.

- Non appartieni a questo mondo. - le disse.

Stranamente, prese coraggio e gli rispose:

- Allora a cosa appartengo? Perché mi accade tutto questo?

Questo rise e poi riprese:

- La morte non può donare la vita, ma quando lo fa utilizza l'energia di coloro che con essa non trovano la pace.

- Allora, voglio morire.

A quell'affermazione il riflesso le sorrise così malignamente da terrorizzarla.

Lasciò cadere l'acqua e corse via sotto gli occhi assonnati del cassiere.

Ed ecco che ricominciava l'affannata corsa per fuggire dallo squilibrio che ne sarebbe uscito.

Anche se poco prima aveva ammesso quella terribile frase, nelle sue vene ribolliva soltanto voglia di vivere.

Correva acquistando sempre più velocità, corse così tanto da raggiungere un cantiere nella periferia della città. Iniziò a piovere dolcemente, così andò a ripararsi in quei edifici in costruzione.

Quel posto sembrò somigliarle, era così scarno e grigio.

Vagò per un po' e poi una luce si accese illuminandola.

- C'è nessuno? - chiese ansiosa, ma solo il suo eco le rispose.

Rimase in silenzio facendo alternare lo sguardo dalla luce a ciò che la circondava. Una grande fossa che aspettava di essere colmata di cemento, si estendeva dinanzi a lei.

Un sussurro accompagnato da una fredda carezza le disse all'orecchio: 

- Non puoi fuggire. È ora di scomparire.

Senza sapere né perché né come, cadde nella fossa rettangolare che aveva di fronte. Il suo piccolo corpo era inerme e paralizzato. Sentì un rumore elettrico e poi uno meccanico. Un macchinario si era autonomamente attivato, capì quale fu quando vide colare verso di lei il cemento.

I suoi occhi si spalancarono, ma non riuscì a fare nulla. Calde lacrime le bagnarono il viso.

"Perché?!" urlò dentro di sé.

Infine, il cemento la ricoprì.

L'ultima cosa che vide fu la luce del lampione che si era acceso poco prima. L'ultima cosa che vide fu proprio la luce, quella alla quale voleva da sempre appartenere.

Dopo che Melanie morì, la lampadina del lampione esplose e un'atmosfera oscura e tetra cadde in quel luogo.

Accompagnata dalla dolce pioggia, la Morte arrivò. Si riprese la piuma è con essa scrisse sull'anima di quella povera bambina "Luce", poi quest'ultima si dissolse.

Anche il cielo sembrava piangere e quella sera la Morte si fece sfuggire una lacrima.

Non si seppe se dopo quel gesto l'anima di Melanie trovò la pace, ma la Morte le fece un dono speciale. La trasformò nella luce che anima gli occhi e il cuore dei vivi, la trasformò nella luce che spinge loro ad andare avanti per incontrarla il più tardi possibile.

"Ciò che dalla morte se ne va, alla morte ritorna."

La Ragazza nello SpecchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora