I love you too, Jeonghan. | #jeongcheol

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Forse non avrebbe dovuto rispondere a Jeonghan in quel modo, forse non avrebbe dovuto dirgli che sarebbe potuto andare da Joshua ogni qualvolta lo desiderasse. E forse non avrebbe neanche dovuto guardarlo con occhi inespressivi quando il minore gli disse di amare solo lui. Forse non avrebbe dovuto uscire perdendo di vista un Jeonghan con le lacrime agli occhi.
La ricostruzione dei fatti dice che quando Seungcheol uscì dal Dormitorio dei Seventeen, Jeonghan fece lo stesso. Evidentemente non fu attento alla strada, probabilmente era immerso nei pensieri. Ed evidentemente non vide quella macchina arrivare da destra a tutta velocità.  Il maggiore si precipitò  all'Ospedale nel quale era stato portato Jeonghan non appena ricevette la chiamata da parte del medico. Che il minore fosse abbastanza lucido da indicargli il numero da chiamare? Che il medico avesse scelto di chiamare il numero che aveva tra i preferiti?

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« Avrei dovuto proteggerti, Jeonghannie. Avrei dovuto evitare che accadesse tutto questo. Non saresti dovuto essere qui — e se lo sei è solo colpa mia. Non riuscirò mai a perdonarmi per aver detto quelle parole senza pensare a cosa avrebbero potuto scatenare. »  esordì il maggiore, dopo aver trovato un momento di calma. Era lì da un po' e aveva già parlato, come un disperato, con tutti i medici possibili. Il senso di colpa e la preoccupazione lo stavano consumando...

« Dopo il nostro litigio sono uscito. Ho pensato tanto, lo sai? E sono arrivato alla conclusione che avrei dovuto comprarti un regalo per San Valentino. Ho guardato la vetrina di un negozio dai colori pastello come un idiota per cinque minuti buoni, questa sera e — e sono arrivato alla conclusione che non avrei comprato niente lì. Quindi, sono andato nella caffetteria in cui ti comprai dei brownie  quel giorno in cui litigammo. Ricordi? Quando ti risposi male per colpa della gelosia — tu, poi, ignoravi ogni mio messaggio e io ero praticamente disperato...ricordi? È stato triste, Jeonghannie. In ogni caso — sì, ho comprato gli stessi brownie. Pensavo di darteli domani mattina. »    fece una pausa, asciugandosi con le nocche di una mano le lacrime calde che stavano scivolando giù per le sue gite arrossate. Guardò il display: era vivo, ma non rispondeva. I medici dicevano che in quelle condizioni da quando l'avevano portato lì.

« Scusa se i brownie non sono quello che avresti voluto. Scusa se non ti chiamo con tutti quei soprannomi carini che piacciono a te e se non ti dico che sei perfetto per me. Scusa se spesso non ti dimostro che sei la mia felicità e — scusa se a volte sono il più grande cretino sulla faccia della terra. Aish, vorrei tanto essere migliore, per te. »    lasciò che un lungo sospiro lasciasse le sue labbra carnose, prima di portare lo sguardo all'orologio: era già mezza notte. San Valentino. Battè le dita un paio di volte su di esso, riprendendo a parlare:  « Ho sempre trovato San Valentino come una festa inutile. Come un modo commerciale per sottolineare l'amore per una persona. Cioè, non bisognerebbe farlo ogni giorno anche solo con uno sguardo? Far sapere alla persona che si ama che si è lì per lei ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo. ( ... ) Questo è quello che vorrei farti sapere, almeno. La cosa positiva di questo 14esimo giorno di febbraio è che da la forza, anche ai più "senza speranza", di farsi coraggio ed esternare i propri sentimenti. Forse non è una cosa che fa per me, ecco, ma sento anche io un minimo di coraggio in più questa notte e sento di volerti raccontare ogni cosa, sin dal principio, anche se non puoi sentirmi. Ne ho bisogno, Jeonghannie. »  si fermò di nuovo per asciugarsi qualche lacrima che giaceva solitaria sulla sua pelle, gli occhi che si alternavano dal display al viso rilassato del minore.

« Durante i mesi di training ti guardavo spesso. Non solo per il tuo aspetto, non solo perché trovavo i tuoi occhi i più belli della Sala. Ma per il tuo modo di fare, di muoverti, di parlare. Ti guardavo sempre, quindi, aspettando un gesto da parte tua. Ero come incantato, come se tu fossi una dipendenza dalla quale non riuscivo ad allontanarmi. E ogni volta che tu parlavi o anche solo alzavi un braccio — beh, in mio cuore iniziava a battere sempre più forte. In quei giorni ho capito che c'era qualcosa di diverso tra me e te. E ho capito anche che non avrei voluto mantenere un semplice rapporto lavorativo e neanche un comune rapporto di amicizia. ( ... ) Mi sentivo egoista ad ammetterlo, ma volevo essere l'unico. L'unico a sapere tante cose di te, l'unico al quale rivolgere i sorrisi stanchi e quelli emozionati. Sapevo che sarebbe stato difficile e pericoloso — quindi ho sempre accantonato i miei sentimenti e non te li ho mai dimostrati in modo esplicito, ma solo con piccoli gesti che speravo tu potessi comprendere. » si sistemò sul letto freddo, cercando di contenere tutte le lacrime che avrebbe voluto lasciare libere. Doveva essere forte per lui.

« Non prima della sera del nostro "esperimento scientifico", comunque. Ricordi quella sera? ( ... ) Quella sera parlammo dell'amore e di come avremmo reagito se avessimo iniziato a provare qualcosa per una persona del nostro stesso sesso. E dopo qualche frase senza sentimenti, tu mi lasciasti interdetto dicendomi che avresti voluto fare degli "esperimenti", per capire come sarebbe stato stare vicino ad un ragazzo. Io accettai di aiutarti, aiutando anche me. Da quel momento iniziai a farti dei dispetti, se così vogliamo chiamarli: mi sporsi verso te, avvicinai le labbra alle tue senza mai farle sfiorare, mi lasciai inebriare dal tuo profumo. Mi sentivo al settimo cielo e sottoterra allo stesso tempo. La mia mente diceva di fermarsi, di fare solo quello che sarebbe stato giusto. Mi diceva che non eri mio e che non sarei potuto andare avanti. Ma il mio cuore mi diceva di avvicinarmi di più, di posare le labbra sulle tue e — di farti capire quello che provavo in realtà. E quindi così feci, decisi di seguire il cuore facendolo passare per un "esperimento scientifico", lasciando che le mie labbra si posassero sulle tue e che le mie dita tremanti toccassero le tue guance calde. Era quello che avevo sempre desiderato, sin dal primo giorno. » Seungcheol si concesse un sorriso debole, tutt'altro che felice. Tirò su con il naso, chiudendo gli occhi, prima di continuare.

« Beh, adesso siamo un "noi", Jeonghannie. E nemmeno Dio sa quanto questo mi renda felice. Tu sei la mia persona, quella persona che ha l'altra estremità del filo rosso legato stretto stretto al dito. Lo so, ne sono sicuro. Come sono sicuro di amarti e di non poter immaginare la mia vita con nessuno, se non con te.  Per favore, non lasciarmi mai.
Ti amo anche io, Jeonghannie. »

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