I miei occhi si aprirono di scatto e mi ritrovai in soggiorno. La televisione blaterava ma ero troppo confusa per ascoltarla. Scrutai un po' i dintorni, poi mi rilassai un po'. Mi accorsi che qualcosa mi cingeva i fianchi, così abbassai lo sguardo e notai un braccio. Dapprima ebbi timore, poi la serata precedente mi ritornò alla mente e mi rilassai: era il braccio di Daniel. Scivolai via dalla sua dolce stretta con delicatezza, in modo da non svegliarlo, e, con passo incerto, mi avviai verso la cucina. La luce invadeva prepotente la casa, chiaro fattore che indicava che era davvero molto tardi. Riempii la Moka, scaldai il latte e attesi che il caffè fosse pronto. Delle braccia forzute mi cinsero il busto, facendomi sussultare. -Heilà. .. come sta la mia Giada?- mi sussurrò con una voce roca, da assonato.
-Tutto ok... vuoi un po' di caffè latte?
Staccandosi da me mi sorrise al suo solito modo, sempre così sbarazzino.
-Quindi vuoi fare questa cosa?
Lo ascoltai mentre mi elencava un mucchio di motivazioni valide per compiere un'impresa di quel genere.
Fantasticava sin troppo, ma mi piaceva ascoltare con quale determinazione affrontava l'argomento. Io intanto che lo ascoltavo mescolavo la miscela di latte e caffè. Il cucchiaino seguiva un senso orario e poi antiorario, e poi di nuovo orario, e, pensate un po', poi di nuovo antiorario.
Il cucchiaino sparì dalla mia visuale. Alzai lo sguardo. Vidi Dan che mi osservava con sguardo stizzito, il cucchiaino tra le mani.
-Basta.... non hai idea di quanto fastidio mi dia quel suono ripetuto... dling diling Din dlin diling... almeno dimmi se ci stai...
Il mio sguardo si posò su di lui, quasi a soppesarlo. Aveva i capelli spettinati, che gli davano un'aria selvaggia. I miei occhi si soffermarono sui suoi. Sembravano due pozzi senza fondo... un mare in tempesta, di mille sfumature di azzurri...
-Ci sto.
