LEO

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Leo non ne poteva più dei mostri.

Ok, sembrerà una frase banale, ma dopo che uno ha ucciso Gea, la regina della Terra, la Faccia di Scarico più potente al mondo, ci si aspetta che le Parche possano dargli un po' di tregua, ma noooo. Ovviamente non si può avere un comodo e rilassante viaggio, bisogna essere attaccati da mostri ogni due passi (o dovrei dire ogni due battiti d'ala, visto che stava volando in groppa a Festus? Boh). L'unica cosa confortante era la presenza di Calipso alle sue spalle, che gli cingeva la vita con le braccia e in questo momento stava dormendo della grossa, appoggiata alla sua schiena. Leo si perse a pensare a lei, ai suoi capelli, ai suoi occhi... e proprio in quel momento uno stormo di venti sbarrò la strada al suo drago di bronzo.

"Non ci sfuggirai, Valdez. Ti prenderemo e ci dirai tutto quello che sai sulla base dei Benedetti!"

"Quante volte ve lo devo ripetere che non ho la minima idea di quello che mi state chiedendo? Ve lo devo dire a martellate in testa per farvelo capire?" Immediatamente tirò fuori un blocco di bronzo celeste grosso circa un pugno dalla cintura degli attrezzi. Aveva scoperto che poteva far apparire anche quel metallo qualche giorno prima, quando aveva chiesto un qualcosa per disintegrare dei cosi  (non aveva idea di cosa fossero) che lo avevano attaccato.

Aprì uno sportello sul collo di Festus e lasciò cadere il bronzo. Aveva inventato questo piccolo trucchetto quando era atterrato in un'officina abbandonata per riparare Festus: un macchinario polverizzava il bronzo e spargeva la polvere nella bocca di festus, che sputava fuoco e fondeva la polvere. In questo modo il bronzo diventava un tutt'uno con il fuoco e Festus guadagnava l'interessante abilità di disintegrare i mostri con uno starnuto.

E accadde proprio così. Dopo che il fuoco si fu spento dei venti non era rimasto niente, se non una sgradevole puzza di bruciato.

"Accidenti che alito, bello! Vuoi una mentina?" Disse Leo al drago, il quale lo ignorò totalmente.

"Ok, come non detto..."

Qualche centinaio di attacchi di mostri dopo, Leo decise di fermarsi per trascorrere la notte. Fece atterrare Festus in una radura vicino a un fiume (non speva che fiume era, non era mica Annabeth!) e svegliò la sua ragazza. "Ehi, puoi scendere ora". Lei aprì gli occhi e gli sorrise, poi scese con grazia dalla groppa del drago e si sedette sull'erba, ancora persa nel mondo dei sogni (un po' come tutti noi il lunedì mattina). Leo spense Festus e tirò fuori dalla cintura un pezzetto di stoffa non più grande di un dito. Lo lanciò a terra ed esso si ingrandì fino a diventare una comoda tenda da campeggio argentea. Un piccolo omaggio delle Cacciatrici.

Calipso lo aiutò a far legna per il fuoco, dopodichè si sederono su degli sgabelli pieghevoli e, mano nella mano, cenarono e si stesero a guardare le stelle.

Fu Leo a prendere la parola per primo: "Al tramonto di domani dovremmo arrivare al campo. Poi... non so"

"Mi piacerebbe conoscere i tuoi amici, Leo. Mi permetti di dare un bel ceffone a Percy quando lo vedrò?"

Leo rise. "E perché dovresti chiedermi il permesso? Tanto lo faresti comunque. E poi uno schiaffo ogni tanto gli farebbe bene, probabilmente non ne riceve abbastanza."

"E sentiamo, quanto sarebbe per te 'abbastanza'?"

"Più di quanti ne riceve, ma meno di quanti ne ricevo io"

"E tu quanti ne ricevi?"

"Fin troppi"

Risero insieme, poi entrarono nella tenda e si addormentarono, senza mai lasciarsi le mani.

La Benedizione di Ecate (PJO sequel)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora