Chapter four. • Sight. •

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Come sta procedendo la lettura? Chi mi ha conosciuta con Over, un'overdose di te (disponibile anche informa cartacea) avrà notato quanto è cambiato il mio modo di scrivere. 🙈♡

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È Ethan. Un turbine di emozioni si riversa dentro di me. Sono costretta a sedermi mentre elaboro ciò che sta succedendo. Ethan mi ha inviato una richiesta d’amicizia su Facebook, in un modo o nell’altro mi ha trovata. Io non ricordavo nemmeno il suo cognome. Potrei accettarla, inviargli un messaggio e ringraziarlo. Ringraziarlo significherebbe ammettere di essere stata una ragazzina immatura, la classica diciassettenne senza cervello. Cosa faccio? Semplice: spio il suo profilo. Ethan è.. proprio come lo immaginavo. Pieno di amici, sempre col sorriso stampato sulle labbra ed ha molte foto con la sua famiglia. Quelle poche notizie che ho il permesso di spiare, lo descrivono come il contrario di ciò che sono. No, non mi aspettavo nulla di diverso da ciò che vedo. La mia non è invidia, solo consapevolezza. Lascio la richiesta in sospeso ed esco dal suo profilo, poi da Facebook. Blocco lo schermo e lascio il cellulare tra le coperte. Ethan potrebbe rendersi conto dal mio profilo spoglio, di quanto io sia poco sociale e piena di drammi. Il mio nome e le mie tette sono ovunque, riderà di me quando si accorgerà di tutto ciò. Anche se deve essersene già accorto, è impossibile non imbattersi in uno di quei video. E se vuole solo scrivermi qualche commento poco carino? Ho la casella dei messaggi piena zeppa di insulti, parole spinte e proposte del cazzo. E se Ethan avesse solo voglia di dirmi “Te l’avevo detto!”. Non potrei sopportarlo, l’immagine perfetta del ragazzo della maglia blu che mi ero fatta di lui si frantumerebbe al suolo. La mattina seguente la sveglia suona troppo presto, il pavimento e la tavoletta del water sono troppo freddi e ci hanno staccato l’acqua calda. Cazzo, cazzo, cazzo! Ho a malapena asciugato i capelli, che non sono riuscita a lavare bene per evitare un’emicrania. Camryn mi ha mandato un messaggio: Se vuoi, ci si vede nel cortile della scuola al solito posto. Non so se voglio. È passata una settimana, ho avuto modo di pensare, ma non sono ancora sicura di volerli rivedere proprio oggi. Tutti a scuola mi guarderanno, mi indicheranno e rideranno. Non è un problema, sono abbastanza indifferente alle persone, ma l’improvvisa notorietà mi manderà fuori di testa. Metto le cuffie ed il volume al massimo, avvio Take me home di Jess Glynne ed aspetto tranquilla alla fermata dell’autobus. La San Diego High School è la migliore della città, ma anche la più distante da dove vivo. Conta qualche centinaio di studenti, ha un cortile sul davanti, sul retro, e, soprattutto, ha un corso di fotografia. L’unica pecca è che se fai fotografia, sei costretto ad aiutare il giornalino scolastico con qualche scatto. La fotografia è una delle mie più grandi passioni, immortalare ogni singolo istante, per me, significa non far morire il momento. Fermare il tempo. È ciò che vorrei fare. Immortalare la follia che si nasconde nell’età adolescenziale, mostrare a tutti che noi, ragazzi, possiamo vivere per sempre. L’autobus arriva e si ferma proprio dinanzi a me, sono l’unica alla fermata e non me lo faccio ripetere due volte prima di salire. Non ci metto molto a trovare un posto libero, proprio accanto ad una ragazza che si guarda intorno completamente disorientata. Ha la maglia dei Maroon5, i capelli di un biondo scuro troppo lunghi ed abbraccia la sua borsa come se custodisse al suo interno il vaso di Pandora. Le siedo accanto, lei mi fissa. La ignoro, lei mi fissa ancora. Sbuffo. «La puoi smettere di fissarmi? Non è una cosa normale da fare.» «Perdonami, è che.. Hai un volto molto familiare, avrei giurato..» Avrà sicuramente visto il video in rete. «Ti starai sbagliando.» Alzo il volume della musica, voltandomi dall’altra parte pur di non essere riconosciuta. Sento ancora il suo sguardo su di me, senza il minimo pudore. Riesco a malapena a trattenermi mentre mi volto verso di lei, esausta, sfilando una cuffia. «Sono la ragazza del video, quella che si è spogliata sulla spiaggia e poi è svenuta. Vuoi un autografo, impicciona del…» Ferma, Hazel. È una ragazza, della tua età, non ha fatto nulla di male. Sarà solo una delle tante. Scuoto la testa, lasciando perdere la frase. «Quale video? No, non ti ho vista.. in questa sorte di video, spiaggia o quel che sia.. Credo di averti vista in una foto, ma eri vestita.» Sorride, senza sembrare minimamente offesa dal mio tono e dal mio quasi insulto. Una foto? Ora sono curiosa anch’io. «Sei proprio sicura che fosse la mia faccia quella che hai visto?» Con l’indice indico il mio viso, che di prima mattina è veramente orrendo. Lei annuisce, accentuando un sorriso sincero. «Sì, solo non ricordo dove e quando. Scusami se ti stavo fissando, ma sei il primo volto quasi familiare che incontro oggi. Probabilmente anche l’unico della giornata.» Sollevo un sopracciglio, guardandola. «Dove sei diretta non conosci nessuno?» «Oh, sì» annuisce. «Conosco due ragazzi, ma nessun’altro. Uno di loro è mio fratello e l’altro il suo migliore amico, quindi non fanno testo.» «In che scuola sei diretta?» «La San Diego, quella enorme al centro.» Le coincidenze della vita. Sorrido scuotendo la testa, come se la cosa fosse troppo ovvia per essere vera. Le porgo una mano. «Frequenteremo la stessa scuola, puoi aggiungermi alla lista delle persone dal volto familiare.» Lei sorride, mostrando i denti piccoli ma dritti. La sua stretta è forte e decisa, nonostante la sua statura piccola ed esile. «Sono Hanna, frequenterò il penultimo anno. Io e mio fratello ci siamo trasferiti qui qualche settimana fa insieme ai nostri genitori.» Annuisco, incontrando i suoi occhi castani leggermente familiari. Quanto è probabile che io conosca davvero questa ragazza? No, è impossibile. Si è trasferita qui da poco, lo ha appena detto. Eppure i suoi mi dicono qualcosa, mi risvegliano una strana sensazione. È carina, il suo biondo non è un classico biondo, tende al castano ma ha riflessi più chiari. I suoi occhi sono piccoli e marroni, ma sparano energia su qualsiasi cosa si posano. «Io sono Hazel, frequenterò il quarto ed ultimo anno. Ti direi che per qualsiasi cosa puoi chiedere a me, ma ti starei mentendo. Non ti sarei proprio d’aiuto.» Hanna ride, scrolla le spalle ed annuisce. La seguo a malapena. «Tuo fratello quanti anni ha?» «Lui ha diciott’anni, ma frequenta ancora il liceo perché ha perso un anno, lo scorso anno. Te lo presenterò non appena arriviamo, sono sicura che gli piacerai.» Continua a sorridere, come se avesse trovato finalmente una ragione per farlo. Alzo gli occhi al cielo. È molto difficile che io piaccia a pelle, non ho il carattere migliore del mondo e lei dovrebbe averlo capito. «Non ti prometto nulla» le mormoro, rifiutando la chiamata di Camryn quando vedo il suo nomale lampeggiare sullo schermo. Cinque minuti dopo, l’autobus si ferma di fronte alla nostra scuola, già popolata di studenti sparsi lungo il prato. Scendo dal mezzo di trasporto e sento Hanna camminarmi accanto, guardandosi intorno smarrita. «Perché non sei venuta qui con tuo fratello, se frequentate la stessa scuola?» «Stamattina abbiamo litigato e sono scappata, ho preso l’autobus da sola. Lui ha la macchina e sarà già arrivato da un pezzo.» Fossi in lei non avrei mai rinunciato ad un passaggio. Io ho la patente, ma zia Sandy non ha l’auto quindi è inutile. Una volta ho guidato l’auto di Johnny, fino a scuola, ed abbiamo quasi investito Elicia, la tirapiedi di Perla. Perla, Kristina ed Elicia frequentano anche loro la San Diego. Non potevano non farlo, rovinarmi la vita fa parte della loro quotidianità, non potrebbero vivere senza di me. Si potrebbe pensare che il mio odio verso Perla sia esagerato, ma non parte tutto da qualche offesa verbale, parte tutto dal secondo anno di liceo. Io e Perla ci azzuffammo di fronte a tutta il corpo studentesco, con tanto di video e schiamazzi. Fu il giorno peggiore della mia vita. Sandy si era presentata ubriaca fuori scuola, chiedendo di me ed urlando come una costernata che il tacchino era finito e lei aveva fame. Quel giorno non era nemmeno passata a casa per cambiarsi. Indossava gli abiti del turno serale. L’imbarazzo cadde su di me, tutti mi fissavano ed indicavano. Riuscii a superarlo, a sorvolare sulle loro offese. Poi Perla Evans aprì bocca, tutti risero, e lei mi fece precipitare in un baratro di disperazione. Divenni glaciale quel momento, le saltai addosso e la riempii di botte. Sfogai tutta la mia frustrazione da quindicenne incazzata su di lei, col viso in lacrime ed il cuore che mi batteva troppo forte. Purtroppo quella stronza era abbastanza forzuta da darmele di santa ragione, quindi lo scontro terminò quasi alla pari, purtroppo. «Mio fratello deve essere qui da qualche parte, mi avrebbe aspettata prima di entrare.. lo fa sempre» mormora, guardandosi intorno e continuando ad abbracciare la sua borsa. Le sto dietro, senza alzare lo sguardo dal mio cellulare, intenta a rispondere ad un sms di Camryn. «Eccolo!» Hanna indica un gruppo di ragazzi seduto sulle scale all’ingresso, iniziando subito dopo a correre nella direzione di quest’ultimi e tirarmi per un braccio. «Hanna, aspetta, non credo..» Barcollo mentre cammino, tenendo a malapena il suo passo. Si ferma di fronte a quattro ragazzi. Riprendo fiato, sistemando lo zaino lungo una spalla. «Hazel?!» Sento chiamare il mio nome, da lui. Sollevo lo sguardo, notando un quinto ragazzo, nonché Ethan, in piedi a pochi passi da me. Improvvisamente non ricordo come si respira. Lo fisso e lui fissa me. Il cuore minaccia di esplodermi. Hanna ci guarda. «Voi due vi conoscete? Hazel, lui è Ethan, mio fratello!» Non so cosa dire, non so nemmeno come dirlo. Come si respira? Sto provando troppe emozioni, non mi aspettavo davvero di trovarlo qui, di fronte a me, ancora una volta.

BLOWBACK | Dylan O'Brien |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora