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I due arrivarono nell'appartamento di Jake, un'ora dopo. Roman aveva insistito per portarlo a casa sua ma, il giovane, forse per sentirsi più al sicuro, in un territorio a lui familiare, insisté per il suo appartamento a MidTown.

Una volta dentro, Roman si guardò intorno. Non era mai entrato dentro la casa del ragazzo che aveva preso possesso del suo cuore da ormai due anni e ne notò ogni particolare. Rispecchiava perfettamente la sua personalità: disordinato, pieno di oggetti che insieme non avevano nulla a che fare. Vi era anche una tavola da surf poggiata sulla finestra, sotto al tv LCD c'erano Xbox e ps4. Un Macbook era posato, in bilico, su un tavolino basso posto davanti all'ampio divano pieno di cuscini sopra. Sorrise immaginandolo perfettamente, in quello spazio così vario.

«Sì, lo so c'è un po' di disordine, ma non ho mai tempo» si giustificò Jake, porgendo una birra al russo.

«Birra?» domandò divertito Roman, osservando la bottiglia in vetro verde scuro.

«Ho solo questa e il latte»

Roman l'afferrò e l'alzò a mo' di brindisi, dando poi un sorso, seguito dal biondo.

Si sedettero sul divano, non prima che Jake buttasse i cuscini colorati sul pavimento. Jake poggiò la schiena mettendosi comodo ma a una certa distanza da Roman che, avendo capito l'atteggiamento difensivo non disse nulla, anzi, iniziò a parlare.

«Come ben sai sono russo»

Jake fece un cenno col mento come per dire "vai avanti".

«In Russia l'omosessualità è illegale. Non dovrebbe importarmi tanto, visto che vivo in America da quattordici anni ma, mio padre, è Stanislav Laichowski»

«Perchè questo nome mi suona familiare?» domandò confuso il norvegese.

«Perchè l'avrai di certo sentito in tv. La mia famiglia possiede la maggior parte delle piattaforme petrolifere dell'est Europa e, ovviamente, della Russia»

«Oh mio Dio. Tuo padre è quello Stanislav Laichowski? Quello della piattaforma che si è riversata nell'Atlantico? Il mafioso?!» Jake si alzò dal divano con la bocca aperta e gli occhi sgranati.

Roman annuì «Non c'è alcuna prova che sia mafioso e, sinceramente, non ho niente a che fare con la mia famiglia da quando vivo a New York. Ma il punto è che, nonostante io sia stato fortunato e sia riuscito a crearmi una vita qua, ho sempre il timore che vengano a scoprire della mia omosessualità. Tutto quello che ho me lo sono guadagnato da solo. Ma immagina come potrebbe reagire mio padre, venendo a sapere che il suo primogenito e unico figlio maschio, è gay. Per questo, finora, non mi sono mai fatto avanti»

Il giovane riprese posto sul divano, questa volta più vicino al russo, con entrambe le mani tra le ginocchia.

«E adesso cos'è cambiato?»

«Io sono cambiato»

«Che vuoi dire?»

«Non ce la facevo più a vederti senza poterti toccare, Jacob. Ti desidero dalla prima volta che ti ho visto ma, la paura, il timore anche che potesse succederti qualcosa, mi ha sempre fermato. Ma adesso sono stanco, voglio iniziare la mia vita con te, se anche tu lo vuoi»

«Mi stai chiedendo di stare insieme?» gli occhi del giovane erano lucidi. Non riusciva a controllare l'emozione.

«Ti sto chiedendo di provare. Non amo le etichette. Definiscila come vuoi, relazione, passare del tempo insieme, frequentazione, ma voglio provarci. Con te, sono disposto a correre il rischio»

Jake lo osservò titubante. Quello che gli aveva appena rivelato, poteva portare solo a due strade: se gli avesse detto di sì, avrebbero iniziato una relazione. Sarebbero stati insieme, ufficialmente, sotto gli occhi di tutti. Jake sarebbe diventato il ragazzo di Roman e ciò sarebbe stato argomento pubblico, sia in azienda che, probabilmente, nella vita di tutti i giorni. Era una grande responsabilità addossare questo fardello a Roman.

The Angel and The DevilDove le storie prendono vita. Scoprilo ora