capitolo uno Prima parte

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Una mattina ti svegli e sei un'adolescente.
Così, senza un avvertimento, dall'oggi al domani, ti svegli nel corpo di una sconosciuta che si vede in sovrappeso, odia tutti,si veste solo di nero e ha pensieri suicidi l'84% el tempo.
E io non faccio eccezione.
Il giorno del loro quattordiceso compleanno le mie compagne di classe si erano fatte organizzare delle feste pazzesche.
Avevano preteso ( e ottenuto) l' affitto di locali esclusivi,vestiti da migliaia di euro, DJ internazionali, catering a base di sushi, open bar, minicar e, addirittura, un cavallo.
Mia madre mi aveva portato al ristorante indiano insieme al suo compagno e mi aveva regalato un libro di poesie di Pessoa, dicendomi che ero abbastanza grande per poterle leggere.
Mio padre invece mi aveva fatto gli auguri con due giorni di ritardo e aveva insistito perché andassi a cena da loro.
Loro erano la famiglia perfetta: papà, Libby,Adrian e Seb, la dichiarazione ufficiale del nostro fallimento.
Come se noi fossimo stati la brutta copia.
In fondo eravamo stati bene per qualche anno: avevamo festeggiato compleanni e feste comandate, affrontando partenze intelligenti per le vacanze, condiviso morbillo e varicella e scambiato i miei dentini da latte per un soldino.
Un sacco di fotografie lo provano!
Cero, è vero che in fotografia finisci sempre per sorridere anche se preferiresti che ti sparissero, ma ero davvero convinta che andasse tutto bene fra loro, perché mi sentivo serena, protetta e sicura anche se, detta così,adesso,sembra quasi la pubblicità di un assorbente.
Il mio non era un padre di quelli che ti portano a pattinare o a mangiare il gelato, neanche di quelli che al saggio di danza urlano:<quella è la mia bambina!>, e non smettono un attimo di filmarti con la telecamera.
Lui ti ascoltava sempre con un solo orecchio, come se stesse pensando all' invenzione del secolo, tipo la formula per staccare il chewing gum dai marciapiedi, e se gli chiedevi di ripeterti cosa gli avevi appena chiesto, ti giardava interrogativo e ti domandava cosa ci fosse per cena.
Sembrava un ospite.
Uno da cui ti aspetti che, da un momento all'altro, ti chiedeva di fargli il conto della camera.
E infatti un giorno aveva fatto le valigie e ci aveva convocate nel suo studio per dirci addio.
Non dimenticerò mai le sue parole.
Si inginocchiò davanti a me e mi disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo:<Anche se non abiterò più qui e sarò il papà di altri due bambini, sarò sempre anche il tuo papà>.
Era quell'anche che mi aveva ferita più di tutto.
Come quando ti dicevano di offrire le caramelle anche agli altri bambini.
<Non essere egoista, dài al tuo papà anche agli altri bambini!>
E da quel giorno era diventato il padre e martito dell'anno, ma non per noi.
Quando nacquero i gemelli ci telefonò nel cuore della notte in lacrime,e la mamma diventò la sua migliore amica.
Una specie di confidente da chiamare in qulaunque momento, per sapere come cuocere un uovo, o per farsi consogliare uno shampoo antiforfora.

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Ciao a tutti volevo dirvi che avevo iniziato questo libro ed era davvero bello cosi lo inizierò a scrivere anche qui. Dite cosa ne pensate e spero vi piaccia.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 25, 2016 ⏰

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